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Che cos’è la culla per la vita e come funziona: “il parto in anonimato” e i neonati da adottare

Che cos’è la culla per la vita e come funziona: “il parto in anonimato” e i neonati da adottare

Forse in pochi sapevano dell’ esistenza delle “culle per la vita” e ancora meno persone probabilmente erano a conoscenza della legge che garantisce “il parto in anonimato”. Ma la vicenda del piccolo Enea, il neonato lasciato nella Culla per la vita dell’Ospedale Mangiagalli di Milano il giorno di Pasqua, ha acceso i riflettori su questo aspetto che riguarda per fortuna pochissimi bambini ogni anno. Di cosa si tratta e come funziona? È una pratica che nasce nel passato ma che ancora oggi garantisce la salvezza ai piccoli neonati che vengono affidati in sicurezza a questo particolare servizio.

Già nel 1188 esistevano le “ruote degli esposti”. La prima fu istituita in Francia, a Marsiglia, seguita poco dopo da quella di Aix en Provence e di Tolone. Si trattava di un semplice cilindro di legno, posto verticalmente nel vano di una finestra posta sul fronte strada di un edificio, che ruotava su un perno. La persona addetta all’accettazione, avvisata dal suono di un campanello, faceva girare l’apertura e accoglieva il neonato. Il sistema si diffuse presti in tutta Italia e nel’800 se ne contavano circa 1200. A Napoli ad esempio il cognome “Esposito” deriva proprio da quell’antica pratica: i bambini recuperati nella ruota prendevano questo cognome perchè erano letteralmente stati ‘esposti’. Nel 1923 tutte le ruote rimaste furono ufficialmente soppresse e non fu più possibile l’immissione anonima dei bambini ma solo la consegna diretta. Più tardi, negli anni ’90 le culle per la vita iniziarono a rifiorire.

A Milano è solo la terza volta che la “Culla per la vita” viene utilizzata da quando fu istituita nel 2007. In tutta Italia oggi le culle per la vita sono 57. Cinque Regioni ne sono sprovviste e sono la Calabria, il Friuli Venezia Giulia, il Molise, la Sardegna e il Trentino Alto Adige (fonte: culleperlavita.it). Le culle termiche che consentono l’affido in anonimato rappresentano una soluzione estrema per quelle donne che hanno partorito senza sapere di poterlo fare in sicurezza e in anonimato all’ospedale, sfruttando cioè il DPR 396/2000 (art. 30, comma 2) , lo stesso che garantisce alla madre di cambiare idea entro dieci giorni e quindi di riconoscere infine il figlio o la figlia.

La legge sul parto in anonimato esiste dal 1997: secondo quanto ricostruito dal Post la legge consente a una donna di partorire in ospedale in condizioni di riservatezza e di non riconoscere il bambino, di cui viene riconosciuto subito lo stato di abbandono e la conseguente adottabilità. Nell’atto di nascita del bambino viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”. Per fortuna sono pochissimi i casi all’anno e i numeri sono in calo. Basti pensare che nel 2007 sono stati 642 i casi e nel 2021 173.

Come funziona la culla per la vita? “È una struttura concepita appositamente per permettere di lasciare, totalmente protetti, i neonati da parte delle mamme in difficoltà nel pieno rispetto della sicurezza del bambino e della privacy di chi lo deposita – si legge sul sito culle per la vita – In luogo facilmente raggiungibile, garantisce l’anonimato della mamma che vuole lasciare il bambino ed è dotata di una serie di dispositivi (riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h 24 e rete con il servizio di soccorso medico) che permettono un facile utilizzo e un pronto intervento per la salvaguardia del bambino”. Le culle si trovano solitamente in angoli più appartati dell’ospedale che dispone di questo servizio. Si preme il pulsante posto a lato della finestra per avviare l’apertura della culla. Appena la finestra si apre compare una culletta, un’incubatrice riscaldata dove è possibile lasciare il neonato. La finestra si chiuderà immediatamente mettendo al sicuro il neonato. Dopo alcune decine di secondi la serranda si abbassa e un allarme segnala in ospedale la presenza del neonato. Il personale che sorveglia la culla affiderà il piccolo ai sanitari. Verrà seguito secondo la procedura adottata per il neonato non riconosciuto e verrà avviato il procedimento di adozione.

Saranno necessari almeno 10 giorni prima che il neonato venga dichiarato adottabile dal Tribunale per i minorenni della Regione. Ogni anno le coppie italiane che richiedono di adottare un bambino in ambito nazionale sono circa 500. Devono seguire un percorso di valutazione, accompagnamento e sostegno della coppia che dura circa un anno, seguito da professionisti in ambito psicologico e sociale. Generalmente il Tribunale per i minorenni ha a disposizione una lista di molte coppie già considerate idonee per ciascuna procedura di adozione di bambini nati da “parto in anonimato”, e sceglie tra quelle.