Cos’è il gruppo Wagner, i mercenari al soldo di Prigozhin (e Putin) che combattono in Ucraina
Esteri - di Carmine Di Niro
Mercenari, per lo più ex soldati o poliziotti, ma anche detenuti reclutati nelle carceri russe per essere spediti sul fronte di guerra ucraino. Sono i componenti, secondo gli analisti dovrebbero essere tra le 25mila e le 50mila persone, del gruppo Wagner, i mercenari al soldo di Evgenij Prigozhin, il magnate russo che finanzia il gruppo e soprannominato “lo chef di Putin” in quanto proprietario della società di catering che si occupa di organizzare tutti gli eventi di stato a cui partecipa il presidente russo.
Gruppo Wagner che è diventato noto al grande pubblico occidentale con lo scoppiare della guerra in Ucraina il 24 febbraio 2022, al culmine di mesi di crescenti ostilità e minacce del Cremlino contro il Paese guidato dal presidente Volodymyr Zelensky.
I mercenari del gruppo Wagner sono attivi e impegnati nelle regioni più orientali dell’Ucraina, in particolare nel Donbass, già dal 2014, anno in cui è deflagrata la guerra civile interna tra separatisti filorussi e il governo di Kiev, già colpito dalla perdita della Crimea, annessa dalla Russia dopo un referendum considerato illegale dalla comunità internazionale.
Proprio grazie all’intervento della milizia privata di Prigozhin il Cremlino e Vladimir Putin per anni hanno potuto sostenere che nel Donbass nel 2014 non operò alcun militare russo: furono in realtà i mercenari della Wagner a prendere parte alle battaglie dei ribelli filorussi contro l’esercito regolare ucraino e a fornire sostegno militare alla popolazione locale.
Wagner che dal 2022, con lo scoppiare del conflitto che ha interessato soprattutto nei primi mesi gran parte del territorio ucraino, ha esponenzialmente aumentato il suo potere al Cremlino e il numero di soldati al suo interno: dai 10mila uomini dei primi anni si è passati ai circa 50mila stimati in particolare dall’intelligence del ministero della Difesa britannico, anche grazie ad una campagna di reclutamento portata avanti nelle carceri russe da Prigozhin con l’avallo del presidente russo Putin. In sostanza a coloro che si arruolano nella milizia privata (Private Military Company in inglese) viene promessa l’amnistia e importanti somme di denaro in cambio di sei mesi di “servizio militare”.
Dopo aver quasi conquistato la capitale Kiev nelle prime settimane di conflitto in Ucraina, l’esercito regolare russo e i mercenari del gruppo Wagner sono stati costretti a ripiegare su posizioni più difensive nella parte orientale del Paese: da settimane ormai le operazioni dei miliziani di Prigozhin si concentrano in una piccola parte di territorio ucraino, come nella complicata conquista della città di Bakhmut.
Ma la compagnia privata fondata da Prigozhin non si è limitata ad operare in Ucraina: i suoi uomini hanno operato anche in altri contesti, in particolare nel Medioriente e in Africa. Tra le zone note in cui hanno combattuto i membri del gruppo vi sono la Libia, dove hanno affiancato le milizie del maresciallo Khalifa Haftar dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi, e la Siria. Qui circa 5mila uomini furono impiegati per sostenere l’esercito del presidente Bashar al Assad, a sua volta grande alleato di Vladimir Putin.
La presenza della Wagner è stata confermata anche nel Sudan, da settimane sconvolto da una guerra civile interna, sin dal 2017: in particolare i mercenari hanno fornito addestramento militare sia alle truppe regolari che alle RSF (Forze di supporto rapido) del generale Mohamed Hamdan Dagalo, ottenendo in cambio lo sfruttamento di alcune miniere d’oro.
Il potere di Prigozhin in particolare nella seconda metà del 2022 era diventato notevole, anche il suo volto e le sue dichiarazioni erano costantemente rilanciate dai media di Stato russi. Il capo della Wagner era di fatto diventato uno degli uomini più potenti del Paese dopo Putin, spingendosi anche a criticare apertamente i vertici militare russi, compreso il ministro Shoigu: proprio questa crescente popolarità, col timore anche di una sua possibile volontà di aprirsi la strada per prendere la poltrona di Putin, hanno poi spinto il Cremlino a ridimensionare notevolmente il potere dello stesso “ex chef” dello Zar.