Il voto
Elezioni in Turchia, Erdogan rischia il potere dopo 21 anni: Kilicdaroglu può mettere fine alla sua era
Esteri - di Carmine Di Niro
Per molti analisti, ma soprattutto per i partiti di opposizione, si tratta della mossa della disperazione del “Sultano” di fronte al concreto rischio di perdere il potere dopo 21 anni, da quando nel 2002 Recep Tayyip Erdogan era salito al potere in Turchia prima come primo ministro e poi come presidente.
La carta che si è giocato in queste ore il presidente turco, a cinque giorni dalle elezioni di domenica 14 maggio che decideranno se resterà ancora alla guida del Paese, è l’aumento del salario minimo per i lavoratori impiegati nel settore pubblico. Erdogan ha annunciato che verrà incrementato del 45% arrivando a 15mila lire turche, poco meno di 700 euro: secondo la stampa locale il provvedimento riguarda 700mila lavoratori, ma non è chiaro come potrà essere finanziato.
La Turchia vive da tempo una grave crisi economica, la sua inflazione è alle stelle e il Paese deve fare ancora i conti col terremoto che lo scorso 6 febbraio ha ucciso circa 50mila persone nelle sue province meridionali al confine con la Siria, provocando inoltre quasi 6 milioni di sfollati.
Non è chiaro ovviamente se tale promessa basterà al popolo turco, che dopo 21 anni potrebbe finalmente decidere di voltare pagina: dall’altra parte troverà infatti una opposizione finalmente unita a sostegno del candidato unico Kemal Kilicdaroglu, 74enne leader del Partito popolare repubblicano (CHP), il principale partito d’opposizione, che ha ottenuto il sostegno di sei partiti, in particolare il partito nazional-conservatore Iyi.
D’altra parte Kilicdaroglu è noto per essere un candidato poco carismatico, mentre al contrario Erdogan dà il meglio di sé proprio durante le campagne elettorali, tra comizi elettorali continui e promesse da imbonitore di piazza.
Il 69enne presidente uscente è da anni nel mirino delle critiche, in Turchia come all’estero, per l’esercizio del suo potere in modo sempre più autoritario: nel corso degli anni alla guida del Paese ha via via colpito l’indipendenza dei media e del sistema giudiziario, oltre che di altre istituzioni indipendenti turche.
Sullo scontro tra Erdogan e Kilicdaroglu pesa anche la scelta del Partito Democratico dei Popoli, sinistra e filo-curdo, stimato intorno al 10% e sopra dunque la soglia di sbarramento fissata al sette, di non presentare un candidato alla presidenza invitando gli elettori a votare per il leader del CHP: una mossa che potrebbe aiutare fortemente il professore 74enne anche in vista di un possibile ballottaggio previsto il 28 maggio. In Turchia viene eletto presidente il candidato che ha ottenuto più del 50 per cento dei voti al primo turno, altrimenti si va al secondo turno tra i due candidati che hanno ottenuto più preferenze. In contemporanea con le elezioni presidenziali si svolgeranno anche quelle parlamentari: nel Paese è in vigore un sistema proporzionale in cui il numero di seggi che un partito ottiene nella legislatura di 600 seggi è direttamente proporzionale ai voti che ottiene.