Covid, i timori degli scienziati Usa: “Rischio di una nuova pandemia entro il 2025, ma non sarà Omicron”
Salute - di Redazione
Da una parte l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che annuncia la fine dell’emergenza Covid-19 rimuovendo ufficialmente la “allerta massima” legata alla pandemia di Coronavirus, dall’altra gli scienziati statunitensi che rilanciano e mettono in guardia dal rischio di un virus che tornerà a bussare alla porta con una nuova variante che potrebbe provocare una nuova ondata di contagi “in grande stile”.
Sono i messaggi opposti che emergono dal dibattito sul Sars-Cov-2. Da una parte quello del direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus che, pur ribandendo che il Covid-19 c’è ancora e resta “una minaccia alla salute globale”, ha declassato la pericolosità del virus, dichiarato emergenza di salute pubblica di interesse internazionale il 30 gennaio 2020, dall’altro lo scenari a tinte fosche delineato dal biologo Trevor Bedford.
Lo scienziato del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle, ha rivelato il Washington Post, ha consegnato alla Casa Bianca un dettagliato studio-previsione sulla possibilità di una nuova ondata di casi di coronavirus. “Le probabilità che ciò accada, ossia che ci si trovi a fronteggiare un’ondata di infezioni come quelle causate dalla variante Omicron da oggi al 2025 – ha detto lo scienziato – sono circa del 40%“. “Non vedo perché un evento simile abbia meno probabilità di verificarsi oggi che nei primi due anni della pandemia – ha aggiunto Bedford -. E anche se oggi quest’ultima appare finita, un Covid endemico resta una forte preoccupazione per la salute”.
In realtà a pensarla come Bedford ci sono anche altri scienziati di livello: è il caso di Eric Topol, direttore dello Scripps Research Translational Institute. Il pericolo, hanno sottolineato nel loro report alla Casa Bianca, non è legato però alla variante Omicron: gli scienziati hanno reso noto infatti il rilevamento delle possibili varianti di ‘lignaggio criptico’, ossia ancora non identificate, all’interno delle acque reflue.
Per ora comunque da Washington non ha confermato la ricezione del rapporto: “L’amministrazione ha conversazioni con un vasto gruppo di di esperti, su vari temi, sia all’interno che all’esterno del governo“, ha dichiarato un portavoce al quotidiano edito da Jeff Bezos.
Experts reached a consensus that there’s a roughly 20 percent chance during the next two years of an outbreak rivaling the onslaught of illness from omicron. https://t.co/022diEJR7H
— The Washington Post (@washingtonpost) May 6, 2023
Non è un caso se gli esperti concordano sull’importanza dei vaccini. “Con una variante aggressiva Delta, senza il vaccino sarebbero stati problemi. Ma già con Alfa è stato molto importante”, ha detto l’infettivologo Giovanni Rezza che ha spiegato le varie fasi del covid in relazione alla diffusione dei vaccini. “All’inizio il vaccino sembrava proteggere anche dall’infezione, oltre che dalla malattia sintomatica. Dopodiché, cambiando il virus, è venuto meno un po’ di effetto di protezione dall’infezione anche se continuavano ad essere coperti i problemi gravi. Poi, con Omicron è cambiato il paradigma. Con la mutazione maggiore del virus è calata ancora la protezione dall’infezione ma a quel punto il coronavirus ha diminuito anche la virulenza intrinseca e ha incontrato l’immunità ibrida nella popolazione”.