X

I 5 Stelle di Conte scomparsi al voto, ma per Schlein l’alleanza è un obbligo: il verdetto delle Comunali

I 5 Stelle di Conte scomparsi al voto, ma per Schlein l’alleanza è un obbligo: il verdetto delle Comunali

Non ci sono exit poll né proiezioni, la suspense è legata tutta e solo ai voti reali, a uno spoglio delle sezioni che procede col contagocce. Un dato certo però arriva subito, ed è un sospiro di sollievo per tutti. Il crollo dell’affluenza non c’è stato, almeno non nella misura drammatica che si era profilata domenica sera. Quei dati raggelanti, -13%, se confermati avrebbero denunciato uno stato della partecipazione democratica vicino all’agonia, sotto la soglia del 50%. Invece gli elettori hanno sfruttato in pieno la seconda mattinata di urne aperte. L’affluenza si attesta al 59%, due punti in meno rispetto a cinque anni fa e con la giostra impazzita delle maggioranza e dei governi non si è trattato di un lustro come tanti. Ci si è messa anche una campagna elettorale sotto tono, quasi dimenticata dai media distratti dall’assenza di sfide nelle città capoluogo di regione, con la sola eccezione di Ancona nelle Marche.

In queste condizioni, che definire non ottimali è un eufemismo, se non si può parlare ancora di inversione di tendenza i dati autorizzano almeno a sperarci, sulla base di un rallentamento secco della curva astensionista. E’ probabile che la disaffezione non abbia dilagato anche grazie all’occupazione della scena politica della doppia novità al femminile, Meloni l’underdog balzata dai margini della coalizione di destra sino a palazzo Chigi, Schlein l’outsider che ha conquistato d’impeto la guida del primo partito d’opposizione.

L’astensione la temono tutti ma la sinistra più della controparte. Il colpo di freno alla partecipazione in picchiata è per Schlein una buona notizia e un’altra, anche migliore, arriva da Brescia. Tra le città in bilico è l’unica nella quale il risultato sia chiaro sin dalle prime ore. La vicesindaca Laura Castelletti, Pd, sarà prima cittadina ed è un risultato prezioso: non solo riconquistare “la leonessa d’Italia” era uno dei principali obiettivi della destra ma Castelletti doveva anche vedersela con la lista M5S-Sinistra. Ma Brescia è un’isola. Il quadro complessivo offre un responso inequivocabile: l’alleanza tra il partito di Elly Schlein e quello di Giuseppe Conte, nella situazione data, è un obbligo.

Le due forze principali della sinistra si sono presentate unite già dal primo turno solo in quattro città tra cui Latina, dove il vantaggio della destra era comunque schiacciante, e Pisa e qui l’asse non è bastato a garantire il vantaggio in una piazza simbolicamente fondamentale. Anche se il Pd si riprenderà senza dubbio Siena l’affermazione nella città della Torre è indispensabile per poter affermare a ragion veduta di aver recuperato il controllo su una delle due “regioni rosse” per eccellenza.

Sono sempre e comunque incerte le indicazioni di tornate elettorali come questa, frammentate, con alleanze diverse e a macchia di leopardo, oltretutto dopo risultati che nella maggior parte dei casi resteranno in bilico sino al ballottaggio, quando dovrebbero affluire sui candidati del Pd i voti dei 5S e in alcuni casi dei centristi. Di certo però la destra, che espugna per la prima volta Ancona e dovrebbe confermare quasi tutte le proprie piazzeforti, è spinta dagli elettori a confermare l’unità a tutti i costi. E stata la carta vincente nelle elezioni politiche e lo è anche in questo voto che per molti versi è opposto, perché nei centri minori l’attrazione dei leader nazionali è molto meno magnetica e il peso degli equilibri locali prevale di molte lunghezze.

L’opposizione paga i limiti di una situazione opposta: un’alleanza che anche dove quasi c’è, con l’impegno dei 5S a convergere nei ballottaggi, stenta ad affermarsi come proposta coesa e unitaria, dunque progettuale. In queste condizioni penalizzanti i risultati che si profilavano ieri sera sono nel complesso per il Pd positivi. Dimostrano che la caduta dello scorso autunno è stata frenata e in molte piazze si è arrestata, ma allo stesso tempo impongono l’accelerazione nella costruzione di un polo di centrosinistra. La stessa segretaria, con tutto lo sprint che la novità le garantisce, sconta lo stesso limite. Giorgia Meloni si può presentare come leader di un Polo, cementato dall’interesse comune ma anche da una visione omogenea, più reazionaria che conservatrice, della società italiana. Schlein è ancora solo il leader di un partito in competizione irrisolta con i futuri alleati. La differenza rischia di pesare in futuro, persino in quelle elezioni europee che tutti aspettano come prima vera prova dopo il voto di settembre. È vero che saranno elezioni con il proporzionale ma il ruolo di leader ormai senza rivali della destra potrebbe far convergere sulla premier molti consensi ballerini.

Più che delineare una conclusione, il responso di una platea pari al 12% dell’elettorato complessivo, dunque molto rilevante, ha indicato ieri quali sono le nuove posizioni di partenza. Muovendo dalle quali la partita contro la destra è ora tutta da giocare.