Sultanato o democrazia. La Turchia va al ballottaggio. E già questo è un evento storico. Il Paese della “Mezzaluna” è in bilico dopo 20 anni di Erdogan al potere. I risultati definitivi danno il presidente in carica al 49,24%, il suo sfidante Kemal Kilicdaroglu, il “Gandhi turco”, è al 45,6%. Il terzo incomodo, Sinan Ogan, è al 5,2%. Si va dunque al ballottaggio, fissato per il 28 maggio.
La coalizione dei partiti che ha sostenuto Erdogan alle elezioni ha ottenuto la maggioranza dei deputati in parlamento. Secondo i dati della tv di Stato Trt, non ancora definitivi ma con quasi la totalità delle schede scrutinate, l’Alleanza popolare formata dall’Akp di Erdogan e altri partiti di estrema destra e islamisti ottiene la maggioranza con 322 parlamentari su 600, numero tuttavia insufficiente per potere cambiare la Costituzione, per cui sono necessari 360 deputati. I partiti della principale coalizione di opposizione ottengono invece 212 parlamentari, mentre l’Alleanza del lavoro della Libertà, formata dal Partito della Sinistra Verde (Ysp) di orientamento filocurdo e dal Partito dei lavoratori di sinistra, ottiene 66 deputati di cui 62 dello Ysp, che diventa il terzo partito più rappresentato nell’assemblea.
Sospesa e spaccata in due, la Turchia si avvia verso altri 14 giorni di campagna elettorale che si annunciano tesissimi, per il ballottaggio del 28 maggio. È la prima volta da quando è stato introdotto il presidenzialismo, nel 2018, che si va al secondo turno. L’affluenza massiccia, superiore all’87% non è bastata a dare una risposta definitiva a una sfida considerata cruciale da entrambi i contendenti: Erdogan, che cerca la riconferma dopo 20 anni al potere, e Kemal Kilicdaroglu, l’uomo che ha saputo riunire tutti i partiti di opposizione, dai nazionalisti alla sinistra, con l’obiettivo di «riportare la democrazia in Turchia». L’opposizione vincerà il ballottaggio del prossimo 28 maggio in Turchia. Ne è convinto il leader del Chp e della coalizione di sei partiti che si oppongono al sultano, Kamal Kilicdaroglu, affermando di «accogliere con favore un secondo turno delle elezioni» presidenziali che si sono svolte domenica. «La nostra gente dovrebbe essere certa che vinceremo sicuramente e porteremo la democrazia in questo Paese», ha detto Kilicdaroglu ai suoi sostenitori. Parlando del presidente turco, Kilicdaroglu ha dichiarato che «nonostante tutte le sue calunnie e insulti, Erdogan non ha ottenuto il risultato che si aspettava. Nessuno dovrebbe cercare il fatto compiuto. Le elezioni non si vincono sui balconi».
L’altra notte Erdogan non ha rinunciato ad arringare la folla dal terrazzo della sede dell’Akp ad Ankara, come ha sempre fatto dopo ogni vittoria elettorale. Solo che questa volta deve ammettere di non poter cantare vittoria: «Se la nostra nazione ha scelto di andare al secondo turno rispetteremo la sua volontà — ha detto — Abbiamo 2,6 milioni di voti di vantaggio sul nostro rivale più vicino», riferendosi al leader dell’opposizione che non ha, volutamente, chiamato per nome.
Gli occhi sono puntati sugli elettori di Sinan Ogan, candidato indipendente dell’area della destra nazionalista che ha ottenuto poco più del 5% dei voti. Sulla carta, le sue posizioni sono più vicine a quelle di Erdogan, in particolare quando si tratta di affrontare la questione curda. Del resto, Ogan proviene dall’Mhp, il movimento nazionalista che sostiene l’attuale presidente. Ma proprio i dissapori con il vecchio partito potrebbero spingere Ogan a “turarsi” il naso e a dare indicazioni ai suoi a favore di Kilicdaroglu. Non è chiaro per ora se Ogan darà il proprio appoggio a uno dei due candidati. Non è nemmeno chiaro, in realtà, se Ogan controlli davvero i 2,7 milioni di elettori che l’hanno votato, o se, come ritengono alcuni analisti, il voto a suo favore sia stato soprattutto un voto di protesta, quindi piuttosto volatile.
L’attesa per l’esito della sfida è grande, e non solo nel paese della “Mezzaluna” ma anche a livello internazionale vista la sua posizione di cerniera tra Asia ed Europa. Paese di passaggio per i flussi migratori (secondo i dati ufficiali, la Turchia ospita 3.447.837 rifugiati siriani a marzo 2023) che sono diventati uno strumento di contrattazione tra Ankara e l’Unione europea. A Bruxelles si guarda con attenzione a ciò che succede in Turchia. La sconfitta di Erdogan potrebbe avere due effetti: la riapertura di un dialogo con Ankara per l’adesione della Turchia nell’Ue e lo sblocco dell’impasse sull’ingresso della Svezia nella Nato. A fare il tifo per l’avversario del sultano è Washington. Una vittoria di Kilicdaroglu potrebbe aprire nuove strade alle relazioni fra Stati Uniti e Turchia.