I ritrovamenti in pochi giorni
Strage di lupi nel Parco d’Abruzzo, avvelenati con polpette di grasso: è caccia alle esche
Ambiente - di Redazione Web
Un branco sterminato: nove lupi. E poi cinque grifoni e due corvi imperiali. Ritrovati senza vita nel giro di pochi giorni sul limitare del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, secondo le prime ipotesi a causa di alcuni pezzi di grasso animale infiltrati con sostanze mortali. Sconosciuto il movente. I carabinieri della forestale hanno istituito una task force a presidio dell’area e la procura di Avezzano ha aperto un fascicolo. È in questo territorio che rientra il corridoio faunistico percorso dagli animali verso il parco regionale Sirente-Velino.
Una cinquantina gli esemplari che popolano il territorio. Erano stati reintrodotti nel 1993 e allevati in circa 300 esemplari dal reparto di biodiversità dei carabinieri di Castel di Sangro con le associazioni ambientaliste. Il branco stanziava nella zona di Olmo di Bobbi, nota località nel comune di Cocullo, in provincia dell’Aquila. L’allarme è scattato quando i gps che monitoravano gli spostamenti degli animali sono rimasti bloccati per tutta una notte. I corpi dei canidi si trovavano nel raggio di 300 metri. I bocconi sono stati sottoposti all’esame dell’istituto zooprofilattico di Teramo, sede di Avezzano. I grifoni si sono presumibilmente avvelenato dopo aver mangiato le carcasse.
Se le analisi dovessero confermare la presenza di sostanze nocive o venefiche nelle carcasse si configurerebbero i reati di uccisione o maltrattamento di animali, puniti con la reclusione. I militari della Regione carabinieri Forestale Abruzzo e Molise stanno rastrellando il territorio con l’aiuto dell’Unità cinofila antiveleno del Reparto carabinieri Parco di Pescasseroli e dell’Unità cinofila antiveleno del Reparto carabinieri Parco di Assergi, con i cani Kenia, India e Noche, di razza Pastore Belga Malinois. Le operazioni di bonifica per ripulire il territorio da sostanze nocive sono partite nel pomeriggio. Possibili esche sono state rinvenute durante le operazioni.
“Gli avvelenamenti ci sono ogni anno, qui le chiamano ‘pulizie di primavera’ prima di portare le mandrie in montagna per l’estate. Centinaia di capi vengono fatti arrivare anche da allevatori non autoctoni, meno interessati al territorio”, ha detto Stefano Orlandini di “Salviamo l’orso” a Il Corriere della Sera Roma. Altra ipotesi conduce agli avvelenamenti di cani dei cacciatori tartufi. E intanto nel Parco cresce anche la paura per gli esemplari di orso marsicano.
“La caccia è chiusa e non ci sono attività legate alla cinofilia, mentre la stagione del tartufo nero, lo scorzone è appena iniziata. Una volta – ha scritto in un comunicato l’Ente autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise pubblicato su Greenreport – , nel gergo degli allevatori, si parlava di ‘pulizie di primavera’, con riferimento all’eliminazione di quelli che un tempo erano addirittura considerati ‘animali nocivi’. Pensavamo, sinceramente, che questo modo di agire fosse ormai scomparso lontano dal modus operandi della gran parte degli allevatori onesti e perbene che vivono la montagna con grande sacrificio ma anche grande rispetto e consapevolezza. Tanto tempo fa ormai la predazione da parte dei ‘nocivi’ era tale, e determinava una perdita concreta, senza indennizzi, al contrario di quanto invece accade oggi”.