Processo verso riapertura?
Caso Yara Gambirasio, Bossetti vince il ricorso in Cassazione: la sua difesa potrà accedere ai reperti
Cronaca - di Redazione
Per la prima volta dall’inizio del caso Yara Gambirasio, l’adolescente scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra (Bergamo) e ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011, la difesa di Massimo Bossetti, l’uomo condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio della 13enne, potrà visionare gli abiti della vittima dove è stata trovata la traccia mista di Dna che è costato l’ergastolo al muratore di Mapello.
È stato infatti accolto dalla Cassazione, con rinvio per un nuovo esame davanti alla Corte di Assise di Bergamo, il ricorso della difesa di Bossetti. I giudici della Prima Sezione penale della Suprema Corte hanno annullato con rinvio l’ordinanza del 21 novembre dello scorso anno della Corte di Assise di Bergamo, che, aveva negato alla difesa di Bossetti il diritto di accedere ai reperti confiscati ai fini dello svolgimento di indagini difensive in vista di una revisione del processo, tra cui 54 campioni di Dna rinvenuti sugli indumenti della ragazzina uccisa nel novembre del 2010.
Bossetti è in carcere dal 14 giugno 2014: decisive per la sua condanna all’ergastolo le prove del Dna raccolte dopo aver passato al setaccio migliaia di profili genetici degli abitanti dell’area dove è avvenuto il delitto della tredicenne che il giorno della sua scomparsa stava andando in palestra per fare allenamento di ginnastica.
Tuttavia la prova regina che ha ‘incastrato’ Bossetti, il campione genetico 31 G20 che raccoglieva la traccia del suo Dna trovato sui leggins di Yara Gambirasio a furia di essere analizzata è andata esaurita.
Su quella traccia di Dna ulteriori esami non possono esser più eseguiti: tra un mese circa si verrà a conoscenza delle motivazioni della decisione emessa dai giudici della Suprema Corte e si capirà per quali reperti è stato consentito l’accesso alla difesa di Bossetti.
“In attesa di leggere il provvedimento della Cassazione, e in base a quanto apprendiamo dalla stampa, siamo molto contenti: ora iniziamo il percorso per dimostrare che quel Dna non è di Massimo Bossetti”, ha commentato all’Adnkronos l’avvocato Claudio Salvagni, difensore dell’uomo.