Non è lei il pericolo...
Colosimo e le polemiche sull’Antimafia, il vero problema è cosa ha fatto la commissione negli ultimi anni…
Giustizia - di Tiziana Maiolo
Ma chi sarà mai questa Chiara Colosimo, che ha la pretesa di andare a presiedere la Commissione Antimafia senza aver mai indossato una toga? Meglio un bel pm “antimafia”, anche se ex. Non ha peli sulla lingua il dottor Giancarlo Caselli, e ha già il suo bel candidato da proporre per quella Bicamerale così speciale da avere persino poteri requirenti. Cioè gli stessi dell’autorità giudiziaria, con esclusione del potere di manette. Ecco la proposta, in uno dei tanti organi di famiglia: “E francamente avendo a disposizione una personalità professionalmente e moralmente ineccepibile di altissimo livello e di collaudata indipendenza come Cafiero de Raho, non riesco proprio a capire cosa di meglio si potrebbe trovare”. Il che non pare significare tanto che la candidata proposta dalla maggioranza parlamentare non abbia professionalità e moralità ineccepibili, quanto piuttosto il fatto che, anche quando, come nel caso di Cafiero, il magistrato sbarca in Parlamento, quel che conta è il suo habitus di pm, la sua natura di “antimafia”. Uno dei nostri, insomma, di noi unici titolati a presiedere una commissione con quella denominazione. Il contrario, sarebbe un po’ come se un “civile” avesse la pretesa di guidare un battaglione dell’esercito. Se poi, come nel caso di Chiara Colosimo, su di lei “si profilino ombre capaci di minare la credibilità e fiducia assolute di cui deve godere”, è chiaro che non vi è dubbio su chi dovrebbe cadere la scelta. E sarebbe interessante, lo diciamo senza retorica, poter assistere ai lavori di una commissione parlamentare come continuazione di quelli della Direzione Nazionale Antimafia condotta dal dottor, oggi onorevole, Federico Cafiero de Raho.
Naturalmente non sappiamo neppure, essendo Chiara Colosimo una giovane deputata alla sua prima esperienza parlamentare, come intenda condurne lei la presidenza. Perché nel frattempo è stata finalmente, con il ritardo fisiologico di ogni inizio legislatura, fissata la data del 22 maggio come quella in cui la commissione si formerà e i suoi componenti eleggeranno gli organi dirigenti. Sarà una data significativa, la vigilia dell’anniversario della strage di Capaci, quella in cui furono assassinati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Ci sono tanti modi di ricordare un grande magistrato e il suo sacrificio. In passato ci furono in Parlamento tanti deputati e senatori di Alleanza Nazionale, il partito antenato di Fratelli d’Italia, quello cui appartiene Chiara Colosimo, i quali avevano le idee ben chiare sui principi che distinguono lo Stato di diritto dallo Stato etico. Non è vero che questi principi sono estranei al mondo della destra, come non lo sono a una parte della sinistra. Ci sono i nomi e i cognomi, oltre ai resoconti stenografici delle Camere a dimostrarlo. Un punto fondamentale è ovviamente quello della divisione dei poteri, in cui rientra il fatto che la lotta alla mafia è compito dei governi, mentre alla magistratura spetta individuare i responsabili dei reati. Ecco perché sarebbe alquanto inopportuno che l’esperienza e la cultura “antimafia” di un pubblico ministero venissero traslate automaticamente in una commissione parlamentare.
Meglio quindi Chiara Colosimo, pur se inesperta. E pure se ignoriamo se la sua cultura politica sia più vicina a quella dei suoi “padri” politici di An che siedevano vent’anni fa sugli stessi scranni occupati oggi dai colleghi di Giorgia Meloni, o invece a quel settore del suo partito più contiguo alla visione da Stato etico di Rousseau e i suoi seguaci dei Cinque stelle. Un fatto però ci dà speranza, i lividi che la giovane deputata porta sul corpo dopo le legnate che le sono pervenute da Ranucci e il suo Report con annessi il gruppo di Libera e il piccolo circolo di qualche parente di vittime di mafia. Quei colpi (piace sempre ricordare i “lividi dell’anima” di cui parlava Rosa Luxemburg) potrebbero essere i suoi salvavita. Se è vero che molti di quelli che oggi si professano “garantisti” lo sono diventati solo quando gli artigli della malagiustizia hanno graffiato i loro volti, o quelli dei loro cari, ben vengano anche i lividi sul corpo di Chiara Colosimo.
Una foto con una “brutta persona”, Luigi Ciavardini, uomo della destra estrema, condannato per strage e due delitti, pena scontata e ampia revisione del proprio passato. Nel presente l’adesione a una associazione di quelle che si occupano dei detenuti. Un po’ come, sul versante di sinistra, Salvatore Buzzi, che anni fa fu fotografato a incontri di fundraising del Pd laziale e a tavola anche con qualcuno che poi diventerà ministro, senza destare particolare scandalo. Ci vogliono proprio gli spiriti maligni di destra e di sinistra per rinfacciare a qualcuno il reato di fotografia. Chiara Colosimo era consigliere regionale, ai tempi di quella foto, e faceva il suo lavoro bene, evidentemente, se si occupava anche di detenuti. O avrebbe dovuto chiedere l’esame del sangue e il tasso di antifascismo ogni volta che qualcuno le si affiancava per una foto? Dobbiamo quindi ritenere che, se per esempio stringiamo una mano, condividiamo non solo il presente ma anche il passato della persona che ci si è avvicinata?
Il problema vero della Commissione bicamerale antimafia è se mai un altro, chiunque la presiederà. Nelle due ultime legislature, quelle in cui fu presieduta prima da Rosi Bindi e poi da Nicola Morra, ha dato l’impressione di svolgere un’attività moralistica, con lo stile tipico della subcultura grillina, più che di indagine sulla congruità della normativa antimafia e sull’applicazione concreta della stessa da parte della magistratura. Questi due ex presidenti, che non sono più in Parlamento, vengono ricordati soprattutto per le famose “liste degli impresentabili”, attese con bramosia da quei giornalisti e quelle testate che brillano per l’adesione alla medesima sub-cultura. Se fosse fondata l’impressione che quelle due commissioni, una successiva all’altra, abbiano rivolto la loro attività investigativa più a fare le pulci a ogni candidato alle elezioni per verificare se nel loro passato ci fosse per esempio una foto come quella che viene imputata oggi a Chiara Colosimo, che non a verificare l’applicazione rigorosa delle leggi antimafia, questo significherebbe una cosa sola.
Che questa commissione è inutile, forse addirittura dannosa. Ha più importanza l’informazione di garanzia ricevuta nel passato da un candidato alle elezioni comunali, o l’attività costante di procuratori che spendono energie e denaro pubblico in clamorosi blitz “antimafia” che vengono poi puntualmente smentiti dai giudici di vari gradi? Proprio ieri, giusto per fare un piccolo esempio, è stato scarcerato dal tribunale del riesame in Calabria il “capo degli zingari”, arrestato il 15 aprile con un’altra sessantina di persone per narcotraffico. Sarebbe ordinaria amministrazione, se tutta l’operazione non fosse stata presentata in conferenza stampa come una colossale operazione “antimafia”. Perché c’è proprio un problema di cultura politico-giudiziaria, in questo momento in Italia e trent’anni dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino. C’è un settore, ristretto ma rumoroso, di società che pare aver bisogno che la mafia continui a esistere e che non accetta il fatto che non tutto ciò che si muove nell’illegalità e nella trasgressione debba essere catalogato come “mafia”. C’è anche altro, e non è detto che sia meno grave. Ecco, onorevole Colosimo, hic Rhodus, hic salta. Non sarà una foto a farci capire che Presidente sarà. Auguri.