Povera Meloni...
I tre schiaffi a Meloni da Francia, Bankitalia e Canada: gli insuccessi del governo arrivano fino in Giappone
Editoriali - di Piero Sansonetti
Non la lasciano in pace, povera Meloni. Botte, botte, botte. Lei gira il mondo, poi torna in Italia, poi di nuovo all’estero. E cosa ottiene? Schiaffoni. La Francia, che sul piano politico è sempre stato il paese europeo più importante, e quello più radicato nelle idee della democrazia moderna, non perde occasione per rifilarle sberle. Soprattutto dopo la tragedia di Cutro, e soprattutto sul problema dell’accoglienza ai migranti. Ministri, viceministri, segretari di partito dell’area di governo di Parigi si stracciano le vesti e sono sempre lì lì per pronunciare la parolina che è nei loro pensieri e non hanno il coraggio di pronunciare per ragioni diplomatiche: “fascista”. La paragonano alla Le Pen, non si stancano di giudicarla inadatta a governare.
L’idea che il centrodestra italiano sia passato dalle mani del vecchio Berlusconi a quelle della giovane allieva di Almirante è qualcosa che a noi sembra quasi normale, ma oltre le alpi è vissuta come una sciagura. Anche perché l’Italia non è Malta, e non è neanche l’Ungheria, è un paese che da De Gasperi in poi ha sempre avuto un peso fortissimo in Europa, e che questo peso sbilanci tutti gli equilibri a favore della destra reazionaria crea inquietudine.
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Ieri è arrivato un altro schiaffo. Molto secco. Stavolta l’ha tirato, col sorriso sulle labbra, un leader liberale canadese. Quindi del tutto estraneo alle dinamiche della lotta politica politica in Europa. Il quale si è rivolto alla Meloni e le ha detto stupìto: “possibile che siate così arretrati nel riconoscere i diritti degli omosessuali?”. Non è il primo né l’ultimo ad accusare la destra estrema italiana, in particolare Fratelli d’Italia, di omofobia. Ma che l’accusa venga da uno statista americano e in una sede solenne come il G7 è piuttosto clamoroso. E infatti, anche nella foto che pubblichiamo qui sopra si vede lo sbigottimento che ha colpito la presidente del Consiglio.
Ma la sberla più forte e dolorosa che si è beccata il governo è venuta l’altra sera da Bankitalia. Cioè da una istituzione nazionale, e molto, molto autorevole. Bankitalia ha bocciato senza appello la riforma fiscale della Meloni. Sia per quel che riguarda la riduzione del cuneo fiscale, sia per quel che riguarda la Flat tax. Ha liquidato queste misure come irrealistiche e ingiuste. Che poi sarebbe come dire: il peggio del peggio. Uno può essere giusto ma irrealistico, oppure realistico ma ingiusto. Di solito è così. Per essere sia irrealistico che ingiusto ce ne vuole: “l’utopia dell’iniquità” è un concetto del tutto nuovo.
Ora il governo Meloni può anche tirar dritto per la sua strada. Fregandosene un po’ di tutti. Ristabilendo il vecchio principio del “tanti nemici tanto onore” che andava di moda una novantina d’anni fa. Ma una cosa è certa: non esiste campo sul quale il centrodestra abbia una sua politica. Dov’è il punto debole? Beh, siamo sinceri: il punto debole sta nella sua guida.