La premier torna in Italia
Il bilancio del G7 di Meloni: il mezzo sorriso di Macron sui migranti e gli ordini di Washington sulla “via della Seta”
Esteri - di David Romoli
Lasciando in anticipo Hiroshima, richiamata in “patria” dal disastro romagnolo, Giorgia Meloni tira le le somme di un G7 dove si è parlato molto di Africa e moltissimo di Cina. Di sfuggita informa che il G7 a presidenza italiana si terrà tra un anno in Puglia: scelta simbolica, ponte con l’Africa. La premier italiana coglie l’occasione per provare a liquidare le critiche, che in realtà avevano fatto imbufalire Palazzo Chigi, del canadese Trudeau sui diritti Lgbt: “È stato poco avveduto e vittima di fake news. Gli ho chiarito la situazione reale e mi pare che se ne sia reso conto”.
Centrale ieri è stato il colloquio con il presidente francese Macron. Fa notizia perché l’incidente della Ocean Viking, nello scorso novembre, non è mai stato del tutto superato e continuerà a non esserlo almeno fino alle elezioni europee perché gli esponenti del partito di Macron non possono rinunciare a tirare sulla leader della destra italiana per colpire Le Pen. Dunque si proseguirà su un doppio binario, alternando i toni ruvidi da campagna elettorale con i sorrisi diplomatici tra Meloni e Macron, complice anche la sciagura in Emilia-Romagna che ha offerto all’inquilino dell’Eliseo la possibilità di accorciare la distanza con Roma grazie a manifestazioni di vicinanza particolarmente calorose.
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In 45 minuti di colloquio di tensioni non se ne sono registrate proprio e il tema incandescente dell’immigrazione è stato affrontato soprattutto sul versante della Tunisia. Il problema numero uno a Hiroshima per l’italiana è quello: strappare all’Fmi e alla Commissione europea concessioni alla Tunisia senza andare troppo per il sottile in materia di diritti e riforme promesse ma non realizzate. E soprattutto, come sottolinea più volte Meloni, “farlo presto perché i tempi sono importantissimi”. Ne ha parlato con il direttore del Fondo Kristalina Georgieva e con la presidente della Commissione von der Leyen, con Macron. Ha ripetuto lo stesso ritornello: “La rigidità del Fondo è davvero la strada più saggia? Con la Tunisia sull’orlo del default, se Saied cade quali sono le alternative?”.
La parola d’ordine è pragmatismo ed è una musica alla quale Macron è particolarmente sensibile perché i due Paesi che rischiano grosso, se la Tunisia frana, sono proprio Italia e Francia. I migranti si riverserebbero sulle coste italiane ma con tutte le intenzioni di proseguire poi verso la Francia e Macron sa che gli strepiti sui “movimenti secondari” serviranno a pochissimo. Nulla cementa quanto gli interessi comuni e dunque stavolta, almeno a livello di massimi vertici, la crisi dovrebbe essere davvero in buona parte superata.
Il vero problema che Giorgia Meloni riporta a casa da Hiroshima è la richiesta imperiosa di Washington di non rinnovare gli accordi commerciali della via della Seta. È una richiesta esosa e Meloni ha preso tempo. Ma all’ombrello americano sa di non poter rinunciare, costi quel che costi. Se ne riparlerà nella visita a Washington. Presumibilmente, come anche quella a Parigi, prima dell’estate.