Il discorso del presidente Cei
La lezione del cardinale Zuppi al governo: “Non chiudere le porte ai migranti, parlare di pace non è evitare di schierarsi”
Politica - di Redazione
Arriva dal cardinale Matteo Zuppi, numero uno della Cei, l’attacco più duro alle politiche messe in campo dal governo di Giorgia Meloni. Dal presidente dei vescovi italiani ovviamente non ci sono espliciti riferimenti alla presidente del Consiglio, ma le parole sono importanti, come direbbe Nanni Moretti, e nel suo intervento all’assemblea dei vescovi Zuppi non le manda a dire.
Le critiche arrivano infatti sui ‘punti forti’ dell’esecutivo: dalla politica dei porti chiusi all’immigrazione alla contrapposizione tra natalità e accoglienza, dal lavoro povero al sostegno alla lotta degli studenti che protestano per il caro degli alloggi, dal mantenimento degli accordi con la Libia e i suoi lager criminali all’atlantismo dell’esecutivo, piegato sulla “logica spietata del conflitto” in Ucraina.
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Natalità e accoglienza dei migranti
L’arcivescovo di Bologna e presidente Cei, aprendo la 77esima Assemblea Generale in corso in Vaticano, cita Papa Francesco in apertura del suo discorso ricordando che “accoglienza e natalità non solo non si oppongono ma si completano e nascono dal desiderio di guardare al futuro”, “l’accoglienza della vita nascente si accompagna alle porte chiuse a rifugiati e migranti”.
Una crisi demografica che Zuppi lega alla “precarietà del lavoro o la mancanza di politiche di sostegno, a cominciare dalla casa”, due fattori che impediscono alle giovani coppie di costituire una famiglia. “Ma è tutto il Paese a soffrire una crisi e questa ha a che vedere anche con l’accoglienza di migranti e la loro inevitabile integrazione nella nostra società”, ha precisato il presidente della Cei. “La questione demografica e tutte le questioni sociali meritano attenzione e politiche lungimiranti. È sbagliato contrapporre o separare valori etici e valori sociali: sono la stessa cultura della vita che sgorga dal Vangelo!”, ha continuato Zuppi.
Natalità e accoglienza dei migranti che sono dunque “due facce della stessa medaglia”, al contrario “chiudere le porte a chi bussa è, alla fine, nella stessa logica di chi non fa spazio alla vita nella propria casa”. Del resto, aggiunge il numero uno dei vescovi italiani, “abbiamo bisogno di migranti per vivere: li chiedono l’impresa, la famiglia, la società. Non seminiamo di ostacoli, con un’ombra punitiva, il loro percorso nel nostro Paese!”.
Zuppi nel suo discorso ha denunciato anche come da tempo si rimandi la decisione sullo ius culturae “C’è un livello di difficoltà burocratica che rende difficile il percorso d’inserimento, i ricongiungimenti familiari, il tempo lungo per ottenere i permessi di soggiorno, mentre si trascurano i riconoscimenti dei titoli di studio degli immigrati (che pure sono un valore per la nazione) o ancora si rimanda una decisione sullo ius culturae”, ha sottolineato l’arcivescovo con un chiaro messaggio indirizzato alla classe politica italiana.
I giovani, il lavoro e la casa
Parole importanti e di supporto sono arrivate anche ai giovani impegnati nella battaglia per gli alloggi, questione esplosa in queste settimane. Zuppi l’ha definita “una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso” evidenziano che “c’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri”.
“Anche il tema del lavoro resta ancora purtroppo al centro delle preoccupazioni di tante persone e senza che all’orizzonte si profilino ancora soluzioni strutturali”, ha aggiunto ancora il presidente della Cei. “La questione coinvolge non solo l’accesso al mondo del lavoro, ma anche la dignità stessa del lavoratore, la sua giusta retribuzione, la parità di retribuzione tra uomini e donne, le garanzie sociali in caso di malattia propria o di un familiare”. La Dottrina sociale della Chiesa “su questi punti ha parole chiare. E fortunatamente non di rado anche i media fanno conoscere esperienze positive, come la ripartizione degli utili, la valorizzazione dei dipendenti attraverso bonus, etc.: tutte dinamiche che creano un ambiente in cui alla serenità del lavoratore seguono effetti benefici sulla produzione stessa”, le parole del presidente della Cei in Vaticano.
La pace in Ucraina
Quindi un tema che ha attirato forti critiche sul Vaticano e sul pontefice Francesco: il conflitto in Ucraina e la ricerca della pace. La guerra, ha spiegato l’arcivescovo di Bologna che si è visto affidare dal Papa la missione di di mediazione per l’Ucraina “è una pandemia. Ci coinvolge tutti. Nel recente viaggio in Ungheria, si è interrogato: ‘Dove sono gli sforzi creativi di pace?'”. “Lasciamoci inquietare da questa domanda, perche’ non rimanga solo la logica spietata del conflitto”, ha sottolineato Zuppi aprendo la 77esima Assemblea Generale della Cei.
Siamo grati a Papa Francesco, ha detto Zuppi, “per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità. La sua voce si fa carico dell’ansia profonda, talvolta inespressa, spesso inascoltata, dei popoli che hanno bisogno della pace”.
Zuppi ha quindi ricordato che il nostro è “il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest”. Una cultura della pace che però è “da generare e fortificare”, mentre “tante volte l’informazione così complessa spinge all’indifferenza, a essere spettatori della guerra ridotta a gioco. La solidarietà con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace. I conflitti si moltiplicano. Penso al Sudan e al suo dramma umanitario. In un mondo come il nostro non possiamo prescindere da una visione globale. Seguire le vicende dolorose dei Paesi lontani, con la preghiera e l’informazione, è una forma di carità. Del resto la cultura della pace è un capitolo decisivo della cultura della vita, che trae ispirazione dalla fede”.