Il nono giorno del 76esimo Festival di Cannes vede protagonista Nanni Moretti, il nostro regista più amato e stimato in Francia, pronto a portare in concorso Il Sol dell’Avvenire che in Italia continua a portare spettatori in sala. Di questo suo quattordicesimo film che segna il suo ritorno a Cannes anche come attore protagonista oltre che regista, se ne parla e disserta nel nostro paese fin dalla sua uscita nelle sale, lo scorso 20 aprile. Soddisfatto il pubblico morettiano e stupito positivamente quello più scettico, Il Sol dell’Avvenire è ancora nella top 10 dei più visti al botteghino e con la sua quinta posizione in classifica si è già portato a casa un incasso di circa 543.385 spettatori.
Inizia dunque con un bilancio e un commento a questo successo in patria, l’incontro a Cannes con il regista di Palombella Rossa. «Prima dell’uscita abbiamo fatto alcune piccole proiezioni per la troupe e mi sono reso conto di come veniva accolto. Sapevo che era un film in cui mi mettevo a nudo e pieno di cose e tra le reazioni che mi hanno fatto molto piacere c’è stata quella di giovani registi che mi hanno detto quanto questo film gli abbia dato energia e fiducia in quello che si può fare con il cinema. Mi ha colpito molto perché succede anche a me lo stesso come spettatore: quando un film mi colpisce mi viene voglia di lavorare, di tornare a casa e scrivere un personaggio, una scena, inventare una storia nuova».
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Quasi 31 anni da quel 1994 in cui Nanni Moretti vinceva il premio per la miglior regia a Cannes con Caro Diario, uno dei film fondamentali della sua filmografia e che lo vedeva protagonista come in questo caso per Il Sol dell’Avvenire. In prima persona Nanni dunque, con le sue fissazioni, contraddizioni, curiosità, ideali, a nudo allora proprio come adesso. Conferma: «Sono due film in cui c’è molto della mia persona, sia in Caro Diario che in questo». Ormai sul viale dei ricordi, il regista torna poi con la memoria a quell’anno qui sulla Croisette: «Clint Eastwood era il presidente di giuria e mi ha fatto molto impressione che lui si ricordasse del film perché in un’intervista, qualche anno fa, parlò della mia vespetta. Non credo che il mio film fosse vicino a quello che lui faceva e mi ha colpito che a distanza di decenni se lo ricordasse. È stata la prima volta che sono stato premiato a Cannes e Caro diario è senz’altro il primo film in cui io non sono me stesso ma interpreto me stesso perché mi sembrava così assurdo nascondermi dietro un personaggio di finzione, soprattutto nell’episodio della malattia e della vespa». Poi Nanni Moretti si abbandona alle immagini di quel periodo: «Erano i primi tempi in cui avevo un cinema, ora ormai sono 32 anni che ho una sala e il punto più luminoso resta sempre la primavera del 1993 con 6 settimane di proiezioni di Heimat, con un episodio a settimana».
Il legame di Cannes con Nanni Moretti è molto forte e trova le sue origini 45 anni fa con Ecce Bombo, suo secondo film e primo presentato a un Festival. Con una buona dose di nostalgia per un periodo di pura cinefilia senza fronzoli, Nanni compie un altro viaggio nel tempo: «Avevo una giacca gialla a quadretti presa in un negozio dell’usato, non c’era assolutamente il tappeto rosso e mi sembra che la proiezione fosse sul lungomare, dalla parte degli alberghi. Non vi era obbligo di vestito da sera, penso fosse ora di pranzo, era l’anno in cui la Palma d’Oro fu vinta da L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi. Diversissimo da quello che è venuto dopo, non avevo proprio consapevolezza di dove stessi, di quanto fosse importante partecipare al Festival di Cannes e invece da Caro Diario in poi le cose cambiarono molto e arrivai qui che il film era già stato venduto, aveva distribuzione francese e quindi è stato tutto un altro discorso».
Per chi ancora non l’avesse visto, il Sol dell’Avvenire ritrova Moretti nel ruolo di un regista nel bel mezzo delle riprese del suo nuovo film sul 1956 del Partito Comunista italiano, visto dalle fila della sezione del Quarticciolo di Roma, con L’Unità come voce e guida di ideali e pensieri. A capo della sezione, il giornalista interpretato da Silvio Orlando che insieme alla compagna di partito, incarnata dal volto di Barbora Bobulova, ospita una compagnia di circensi ungheresi, spunto narrativo per guardare alla Rivoluzione d’Ungheria in piena ribellione contro la Russia socialista. Grazie al film nel film Nanni Moretti immagina una scissione all’interno del Pci da Mosca, per solidarietà con i compagni ungheresi. Cosa sarebbe successo se nella storia politica d’Italia, questo fosse veramente successo?
«Un giorno un po’ di anni fa, era il 2010, in un’intervista filmata che feci a Pietro Ingrao, glielo chiesi. Lui mi guardò facendomi sentire il più ingenuo degli ingenui, sostenendo che in quel periodo era impossibile. Io da sempre però, sin da quando ho cominciato a interessarmi con intermittenza di politica, ci penso a quello snodo lì. Ci sono registi che con compiacimento buttano in faccia allo spettatore, anzi forse più in pancia, una realtà orrenda che loro sono compiaciuti di raccontarci, io invece questa volta ho preferito immaginare, sognare e raccontare una realtà diversa e migliore». Impossibile, dopo questa incursione nella storia d’Italia, non chiedere a Nanni Moretti cosa pensa della situazione politica attuale: «La destra fa la destra, piano piano sono sicuro che la sinistra ricomincerà a fare la sinistra. Per quanto riguarda l’Italia – aggiunge – mi ha molto colpito in Romagna ed Emilia, la reazione delle persone, la loro intelligenza, energia, mancanza di vittimismo e buonumore con cui hanno reagito a queste terribili alluvioni».