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“Ciao sono Abdul, Riccardo o Marco e ieri sono morto sul lavoro”, le storie dei 1090 che non sono più tornati a casa

“Ciao sono Abdul, Riccardo o Marco e ieri sono morto sul lavoro”, le storie dei 1090 che non sono più tornati a casa

Ciao sono Ruman Abdul, sono pakistano, ho 25 anni e ieri, giovedì 25 maggio era il mio primo giorno di lavoro in un’azienda di Trezzano sul Naviglio, la Crocolux. Non è stata una giornata molto fortunata, però, perché nonostante ieri fosse il mio primo giorno di lavoro non avevo un contratto di lavoro. Ma soprattutto perché sono stato maciullato da un macchinario: cranio, braccia, gambe, ci sono finito dentro con tutte le scarpe, crac crac crac, e dopo un’inutile corsa in ospedale sono morto qualche ora dopo al Niguarda. No so ancora se e quando faranno le più sentite condoglianze ai miei familiari, ma aspetto fiducioso perché ho tutto il tempo del mondo. La Procura ha aperto un’inchiesta.

Ciao, sono Riccardo Campoli, sono italiano di Veroli, ho 69 anni e l’altro ieri, martedì 23 maggio era l’ennesimo giorno di lavoro in una tenuta agricola di via della Marcigliana, nel quadrante Nordest di Roma, zona La Cinquina-Bufalotta. Ma non è stata una giornata di lavoro molto fortunata, la mia, perché sono stato sfortunatamente schiacciato dalle ruote posteriori di un trattore guidato da un collega che era anche responsabile dell’azienda per cui lavoravo in una manovra in retromarcia. Crac crac crac. Nel mio caso è stata inutile anche la corsa in ospedale, perché quando mi hanno soccorso ero già morto. Sono morto sul colpo. Il trattore è stato sequestrato, hanno rivolto sentite condoglianze ai miei familiari. La Procura ha aperto un’inchiesta.

Ciao, sono Nicholas Nanut, sono italiano originario di Monfalcone, ho 30 anni e lavoro in un’azienda specializzata nella produzione di alluminio nella zona industriale di Mariano del Friuli, in Provincia di Gorizia. Il mio però non è stato un turno di notte molto fortunato, perché un macchinario mi ha triturato per bene, crac crac crac, e insomma, come potete immaginare sono morto pure io. Mi hanno ritrovato soltanto il giorno dopo, quando partiva il turno dei colleghi del mattino che avrebbero dovuto darmi il cambio. L’azienda è stata sequestrata, probabilmente è stata aperta un’inchiesta, probabilmente arriveranno sentite condoglianze ai miei familiari.

Ciao, sono Marco Santacatterina e sono uno studente universitario della provincia di Vicenza, dove vivo con i miei genitori e il fine settimana consegno pizze a domicilio per guadagnare qualche soldo. Ho un contratto a chiamata con una pizzeria di Thiene. Ma io no (vi ho fregato, eh?), non sono affatto morto. Però ci tenevo a dirvi che nonostante tutto il mio ultimo weekend non è stato molto fortunato. Sono rimasto molto colpito dall’alluvione in Emilia Romagna, e così ho pensato di scrivere al mio datore di lavoro che “sabato e domenica non posso venire, vado a fare il volontario tra gli sfollati”. Lui però non l’ha presa bene e mi ha licenziato. «Mi fai ridere. Vai pure ad aiutare, io mi troverò qualcun altro. Bye bye, buffone», mi ha risposto.

Ciao, siamo i 1090 morti sul lavoro del 2022, tre al giorno. Ai quali si sono aggiunti altri 196 colleghi vittime di sfortunati eventi da gennaio a marzo di quest’anno (vi avvisiamo però che i dati sono in aggiornamento). Siamo uomini, siamo donne, siamo italiani, siamo stranieri. Lavoriamo in posti di lavoro al limite e fuori dalle norme di sicurezza, per paghe da fama e con forme contrattuali anomale, irregolari o inesistenti. Ma siamo tutti morti per una serie di sfortunati eventi, o come preferiscono chiamarle, “tragedie”. Siamo però fiduciosi che con la sacrosanta estensione dei contratti precari, il sacrosanto ritorno dei voucher vita natural durante e la sacrosanta abolizione del reddito di cittadinanza, voluti da questo governo sacrosanto, i nostri colleghi potranno finalmente tornare a figliare e contrastare così la sostituzione etnica, senza timore di finire spesso ammazzati, crac crac crac, da datori di lavoro senza scrupoli. Solo un favore, se potete. Evitate, nel caso sfortunato qualcuno morisse, di fare al malcapitato sentite condoglianze.