La piazza di Berlinguer
Peppe Barra e la Festa dell’Unità a Napoli nel 1976: “L’emozione di cantare la cultura popolare in una piazza gremita”
Interviste - di Rossella Grasso
Domenica 19 settembre 1976 la folla si accalcò nel parco della Mostra d’Oltremare. Dal 4 settembre si svolgeva lì la Festa Nazionale de L’Unità. Le foto dell’epoca, pubblicate anche sull’Unità riportano l’emozionante ricordo di quella colossale reunion, che fu probabilmente la più grande manifestazione politico e culturale a Napoli dal dopoguerra. Sul palco, della città dove appena un anno prima il PCI di Maurizio Valenzi aveva conquistato Palazzo San Giacomo, salì Enrico Berlinguer che tenne un comizio tra gli applausi scroscianti. E su quello stesso palco c’era anche la Nuova Compagnia di Canto Popolare. “Ai concerti venivano persone con l’Unità in tasca”, ricoda Peppe Barra.
Il maestro ricorda la grande emozione di quel giorno e del significato profondissimo che feste come quella avevano a livello culturale: Era un polo di aggregazione, condivisione e riflessione su grandi temi che toccavano tutti da vicino. “Non dimentichiamo che da poco c’era stata la Rivoluzione Culturale del ’68 – racconta Peppe Barra – il pubblico da questo punto di vista era già gasato. C’era la lotta, la lotta operaia. Noi portavamo avanti un discorso popolare al massimo, eravamo andati a fare ricerche nelle campagne con Roberto De Simone, Alan Lomax, Diego Carpitella, Annabella Rossi per cui tutto un fermento culturale c’era soprattutto a Napoli. Noi, con la nostra musica, eravamo un po’ la bandiera napoletana di cultura”.
L’Unità faceva da collettore di pensieri, parole e protagonisti di questa rivoluzione culturale come quella che portò avanti la NCCP. “Prima dell’avvento della NCCP – racconta Barra che di quegli anni è preziosa testimonianza – a Napoli c’era stata soltanto la canzonetta, il Festival di Napoli, Sanremo. La NCCP rivoluzionò un po’ il mondo di allora, soprattutto il mondo culturale. Quando per la prima volta sentirono ‘Le Villanelle’ che non erano mai state cantate in quel modo con l’intelligenza di Roberto De Simone che le scoprì nei vari musei in Germania e Inghilterra, fu un grande momento di cultura. Il popolo in un primo momento storse il naso perché era abituato a sentire le solite melodie. Ma noi affascinammo il popolo non solo napoletano ma anche italiano. Così avemmo successo, lo stesso che portò la gente ai deliri degli stadi”.
E quello stesso delirio avvenne in quella Mostra d’Oltremare gremita del 1976. Sul palco c’erano i membri storici della NCCP: Peppe Barra, Fausta Vetere, Nunzio Areni, Eugenio Bennato, Patrizio Trampetti e Giovanni Mauriello. Erano tutti ragazzi che avevano preso nelle loro mani la cultura di un popolo e l’avevano iniziata a raccontare con tammorre, putipù e castagnette, esattamente come si faceva un tempo. “Quella sera c’erano centomila persone che erano arrivate per sentirci – continua Barra – Una sensazione irripetibile. Un delirio”. Sul palco salì anche Enrico Berlinguer per il suo attesissimo comizio. Mentre parlava non volò una mosca. Solo gli applausi scroscianti della folla interruppero quel silenzio surreale. “Berlinguer ci venne a salutare –racconta il maestro – ci fece molti complimenti. Vide in noi un gruppo di grande cultura, che faceva bella musica con ritmi popolari e strumenti antichi come mandole e mandolini. Fu molto cordiale e simpatico. Immediato. Era una persona che ti guardava negli occhi. Fu molto bello vedere questa persona che ti guardava negli occhi e ti parlava”.
Nei pochi video che si trovano in rete si vedono migliaia di persone ballare e cantare a squarciagola la tradizione napoletana. La cultura che dal basso raggiunge vette altissime trasmettendo ideali. “Quello che ha raccolto l’eredità della NCCP è stato Pino Daniele – racconta Barra – Dopo di lui non vedo molta cultura, o meglio arte, in quello che si sente”. Quella della NCCP non era solo musica da ballare ma era il viatico di un grande messaggio come ‘Iesce sole’, uno dei loro brani più amati. “A me non piace la politica di oggi – conclude Barra – però c’amma sta, dobbiamo ‘soccombere’ a questi momenti un po’ bui che stiamo attraversando. Io ho sempre speranza nei giovani che possano aprire uno spiraglio e facciano uscire un po’ di sole. Con la NCCP cantavamo Iesce sole, un invito al sole non come astro ma come buon governo, come meno tasse, meno gabelle, è un pezzo del 1600. Quando lo canto adesso mi dico: ma questo sole esce o non esce?”.