A Cannes con 'The old oak'
Ken Loach da Cannes scuote la sinistra: “Senza c’è solo l’odio della destra”
Cinema - di Chiara Nicoletti
Ottantasei anni, un entusiasmo e un attivismo che non l’ha mai abbandonato e che ha reso ogni suo film un atto politico: Ken Loach torna in concorso al Festival che lo ha premiato con la Palma d’Oro per Il vento che accarezza l’erba nel 2006, e Io, Daniel Blake nel 2016 e chiude, forse, la sua onorata e commovente carriera con The Old Oak. Il titolo viene dal nome di un pub, l’ultimo rimasto in quella che un tempo era una fiorente località mineraria e ora territorio conteso dalle persone del posto e dai nuovi arrivati, un gruppo di rifugiati siriani. L’amicizia tra il proprietario del pub, TJ Ballantyne (Dave Turner) e una giovane siriana Yara (Ebla Mari), fotografa autodidatta, potrebbe abbattere ogni diffidenza e promuovere l’accoglienza.
The Old Oak dialoga con i film precedenti di Ken Loach scritti insieme al suo partner di scrittura da 30 anni, Paul Laverty, rispondendo alle domande che quelle opere si erano portate dietro, irrisolte. Citando Laverty: “Com’era possibile che la classe operaia, una volta bene organizzata in un sindacato militante, si fosse trasformata nella generazione di Ricky, il protagonista del nostro film Sorry We Missed You, che crede alla narrazione del libero mercato, considerando sé stesso come artefice del proprio destino nonostante viva incatenato ad una app che controlla ogni momento della sua vita lavorativa? Come ha fatto Daniel Blake, protagonista di un’altra nostra storia, a finire solo, vittima di prevaricazioni e distrutto dalla sistematica brutalità della burocrazia statale che prende di mira i più vulnerabili? La vita di Ricky, e quella di Daniel Blake non sono frutto del caso ma di una serie di precise scelte politiche. Come potevamo far emergere il passato nel presente in questa storia?”.
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Grazie al cuore del film, si potrebbe rispondere a Laverty, l’amicizia tra TJ, un tempo attivista e Yara, il futuro. «I siriani che vedete nel film sono quasi tutti gente del posto, che vive lì – rivela Loach. Abbiamo ritenuto però che per portare sulle spalle il film c’era bisogno di un persona con esperienza. Abbiamo incontrato, via Zoom purtroppo, una quarantina di attrici provenienti da tutte le parti della Siria. Ne abbiamo selezionate tre, lavorato con loro su scene improvvisate con la gente del luogo, e tutte e tre sono state straordinarie. Abbiamo scelto Eblan, lei viene dalle Alture del Golan, una zona che è letteralmente il simbolo della Siria occupata da 55 anni».
Grazie a questo film, Loach e Laverty aprono la discussione sulla questione dei migranti e Loach non manca di rivolgere il suo j’accuse a molti paesi europei tra cui l’Italia, proponendo, però soluzioni: «Si sentono migliaia di storie di abusi e violenze contro migranti e rifugiati. Vogliamo che ci siano i razzisti in Italia a parlare o vogliamo trovare una soluzione a questo fenomeno? Si tratta di fare una scelta. Se non vogliamo che ciò avvenga, dobbiamo trovare un piano e parlare in termini chiari». Aggiunge poi una considerazione: «Trovo che sia stato ingiusto che la Grecia e l’Italia abbiano dovuto farsi carico del peso grosso dell’arrivo dei migranti. C’è stata una grave mancanza di solidarietà in Europa e questo alimenta le posizioni fasciste». Pur conoscendo abbastanza bene la situazione politica italiana ed europea, Loach prova a dare dei consigli generali su come si possa contrastare l’ascesa della destra, il razzismo, la xenofobia, l’abuso. La parola chiave è “organizzazione”. Se solidarietà, forza, resistenza, sono le parole del nostro tempo, Ken Loach ne propone altre tre per acquisire maggiore consapevolezza: «Mi permetto di suggerire, dalla vecchia tradizione sindacalista americana: agitate, educate organizzate, e credo che tra queste la più importante è organizzare». Amplia poi il concetto: «Il programma sulla base del quale vogliamo organizzarci è cruciale. È quello che cambia il potere all’interno della società e lo devolve alla classe lavoratrice, sottraendolo ai grandi potentati economici. Non possiamo più accettare la politica dei socialdemocratici perché ci ha portato alla sconfitta. Si tratta di fare un cambiamento radicale perché altrimenti non potremo affrontare ad esempio, il problema della crisi climatica».
Ogni volta che si incontra Ken Loach, specialmente in coppia con Paul Laverty, non si può non approfittare della sua saggezza di navigato attivista e della sua lucidità nell’analizzare lo stato in cui versiamo sotto tutti i punti di vista. Chiede scusa perché non ricorda nel dettaglio ogni nodo di svolta della storia italiana ma riflette e consiglia: «È importante guardare indietro a quel che è successo nella storia. In Spagna e Germania, le grandi imprese e la vecchia aristocrazia hanno sostenuto il fascismo perché avevano più paura del comunismo. L’Inghilterra non è certo innocente, gli stati britannici hanno sostenuto i fascisti in Spagna prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Alla classe operaia e la sinistra dico: “Cercate di capire chi è il vostro nemico e chi è vostro amico”». E la destra in Italia? insistiamo su questa domanda: «Da quello che so, la destra in Italia segue gli stessi percorsi, forse in modo più estremo, della destra in Europa. Le persone che supportano questi partiti, sono le stesse che ti sfruttano sul posto di lavoro. Chi insiste a farti lavorare con salari da fame e senza contributi, sono quelle stesse forze che alimentano questi partiti e li promuovono perché dividano la gente».
Cita The Old Oak poi Ken Loach per spiegare come la destra faccia leva sulle bugie: «Bisogna fare una campagna per portare la destra a dire la verità. Per esempio, come racconta il film, le scuole non ce la fanno quando arrivano bambini che non parlano inglese, le insegnanti non hanno strumenti, bisogna sostenerli. La lotta per delle migliori condizioni sociali fa sì che la campagna razzista abbia più difficilmente successo». The Old Oak è un’opera che come i precedenti lavori di Loach, commuove, spiazza e fa arrabbiare perché parla di perdite, di lutto, di tentativi di rinascita. Però, questo ultimo film di Loach conserva dell’ottimismo e la speranza, ce l’ha. E se Ken Loach spera, bisogna fidarsi: «La speranza è una questione politica – dichiara. Se le persone hanno speranza vuol dire che credono di poter cambiare le cose e questo le porta a sinistra. Se non hanno speranza significa che non credono nella loro forza, sono ciniche,vulnerabili e vivono nella disperazione ed è lì che passano a destra». Conclude con ancora più positività: «Amna, la mamma siriana nel film, è diventata la leader del gruppo ed ha una forza incredibile. Claire, che interpreta Laura, lavora per un’organizzazione che combatte contro l’influenza della destra sui giovani. Se c’è questa gente al mondo, come faremo a perdere? Dovremmo avere fiducia, abbiamo così tanto talento e forza dalla nostra parte che sono sicuro che vinceremo, un giorno. Per trasformare la speranza in realtà, però – precisa – serve un movimento politico che sia ugualmente spietato, forte e deciso quanto quello avversario».