La sentenza
Colloqui in carcere, al 41bis il vetro integrale non è un obbligo negli incontri con i minori
Giustizia - di Angela Stella
«Il regime del 41-bis non impone sempre l’impiego del vetro divisorio “a tutta altezza” durante i colloqui con i familiari minori d’età»: lo ha stabilito la sentenza della Corte Costituzionale n. 105 del 2023 (redattore Nicolò Zanon), dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da un magistrato di sorveglianza di Spoleto dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), «nella parte in cui dispone che il colloquio visivo mensile del detenuto in regime differenziato avvenga in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, anche quando si svolga con i figli e i nipoti in linea retta minori di anni quattordici».
Se nella norma primaria non si fa riferimento agli anni, il reclamante ha ricordato che l’amministrazione penitenziaria, con una circolare del 2017, consente che il detenuto al 41-bis svolga i predetti colloqui, in locali privi del vetro divisorio, soltanto con i figli ed i nipoti minori di dodici anni. Sulla scorta di tali premesse, il reclamante ha chiesto la rimozione di questo limite d’età. La sentenza, si legge in un comunicato della Consulta, «chiarisce che è possibile, invece, fornire una interpretazione costituzionalmente orientata del testo di legge, che garantisca un trattamento penitenziario non contrastante con il senso di umanità, anche a tutela del preminente interesse dei minori. Infatti, una disciplina che escluda totalmente la possibilità di mantenere, durante i colloqui visivi, un contatto fisico con i familiari, finanche nei confronti di quelli in età più giovane, si porrebbe in contrasto con quanto disposto dall’articolo 27 della Costituzione».
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Secondo i giudici costituzionali, se da un lato è vero che «“attrezzare” i locali destinati ai colloqui visivi “in modo da impedire il passaggio di oggetti” può significare inserire una separazione materiale che impedisca qualsivoglia contatto fisico tra gli interlocutori» e che è «indubbio che, nell’esperienza concreta, lo strumento del vetro divisorio a tutta altezza – impedendo ogni contatto fisico tra gli interlocutori – si rivela quello più efficace per impedire il passaggio di oggetti», tuttavia il legislatore non ha specificato quali soluzioni tecniche adottare nel dettaglio. «Risulta chiaro, insomma, che l’impiego del vetro divisorio, pur potendo costituire un mezzo altamente idoneo allo scopo, in considerazione della sua innegabile efficacia ostativa al passaggio di oggetti, non è tuttavia imposto dal testo della disposizione primaria, che non ne fa alcuna menzione». La Corte aggiunge infine che «sarà ben possibile all’amministrazione penitenziaria – o alla magistratura di sorveglianza in sede di reclamo – disporre un colloquio senza vetro divisorio anche con minori di età superiore a dodici anni, quando sussistano ragioni tali da giustificare una simile scelta, oggetto di adeguata motivazione, volta ad escludere, in particolare, che i minori in questione siano strumentalizzabili per trasmettere o ricevere informazioni, ordini o direttive». Ora bisogna attendere di leggere come una nuova circolare del Dap si adeguerà alla decisione della Consulta.