L'esordio del governatore
Chi è Ron Desantis, il governatore della Florida che sfida Trump
Esteri - di Vittorio Ferla
L’esordio di Ron Desantis, governatore della Florida, alle presidenziali Usa non poteva essere peggiore. La settimana scorsa, il 25 maggio, approfittando dell’ospitalità di Elon Musk, magnate americano diventato di recente padrone di Twitter, il governatore della Florida ha annunciato la sua candidatura per la Casa Bianca in un evento online che si è rivelato un flop clamoroso. Diversi problemi tecnici hanno rallentato e disturbato la diretta su Twitter, iniziata con mezz’ora di ritardo.
Più di 600mila persone in attesa hanno assistito all’impasse e hanno abbandonato il collegamento. “Abbiamo un numero enorme di persone online, quindi i server faticano un po”, ha cercato di giustificarsi Musk. Finalmente, grazie a un altro account e con trenta minuti di ritardo, DeSantis ha dato l’annuncio di fronte a 150mila utenti superstiti: “Mi candido alla presidenza degli Stati Uniti per guidare il nostro grande ritorno americano”. Insomma, una figuraccia colossale, proprio al momento della partenza, che ha inevitabilmente scatenato la derisione degli avversari, sia nel fronte democratico che all’interno del suo stesso partito.
Dopo questa falsa partenza, la campagna del governatore dovrà essere perfetta, anche perché oggi i sondaggi non lo premiano. Secondo una rilevazione della Cnn della settimana scorsa Donald Trump lo ha già doppiato con un 53 contro 26 per cento che non lascia spazio a interpretazioni. È vero che Trump ha un armadio pieno di scheletri: l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, due impeachment, l’accusa di evasione fiscale, la condanna al pagamento di 5 milioni di dollari per abusi sessuali, diverse altre indagini in corso relative alla sua condotta dopo le elezioni del 2020 e la gestione di documenti riservati, un lungo catalogo di comportamenti indecorosi e oltraggiosi stigmatizzati dai suoi stessi sostenitori repubblicani. Ciò nonostante, la montagna da scalare, per Desantis, è ancora troppo alta.
Negli ultimi anni il partito repubblicano è rimasto saldamente nelle mani di Donald Trump e il seguito popolare del tycoon, foraggiato dalle tesi complottiste del ‘voto rubato’ (da Joe Biden nel 2020), è ancora molto ampio. Trump è inoltre il primo ex presidente dell’era moderna a cercare la rielezione dopo una sconfitta, il che gli conferisce comunque una statura diversa rispetto al governatore della Florida. Tuttavia, rispetto agli altri candidati in corsa per la nomination repubblicana – l’ex governatrice del South Carolina e ambasciatore presso le Nazioni Unite Nikki Halley, il senatore del South Carolina Tim Scott, l’ex governatore dell’Arkansas Asa Hutchinson e l’imprenditore biotecnologico Vivek Ramaswamy – Ron De Santis sembra quello con maggiori chance per competere con Trump.
Bisogna però subito rinunciare alla speranza che il governatore della Florida sceglierà una posizione meno truce rispetto al suo antagonista. Desantis è considerato persino più a destra di Donald Trump: integralista cattolico, antiabortista, favorevole alla totale liberalizzazione della vendita e del possesso di armi, è un avversario della Critical Race Theory (che stigmatizza il razzismo intrinseco delle leggi varate negli Stati Uniti) e della libertà di genere. Tre volte deputato e antico militante del Tea Party, formazione di estrema destra, durante la pandemia ha assunto una posizione ancora più negazionista rispetto a quella assunta Trump. È promotore di una legge che vieta l’aborto dopo sei settimane di gestazione e prevede fino a cinque anni di carcere per eventuali trasgressori.
Nel 2022 ha sostenuto la legge ‘don’t say gay’ (non dire gay), che vieta di affrontare il tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere nelle scuole, dalle materne all’ultimo anno di liceo. Questa misura ha aperto un conflitto con la Disney, colosso dell’entertainment con interessi in Florida. L’azienda ha denunciato il carattere discriminatorio delle norme volute da Desantis e il governatore ha risposto ritirando le licenze dei parchi a tema di Orlando.
Per Desantis è, questa, una buona occasione per esibire la sua crociata contro le posizioni più liberali della sinistra americana, ma adesso dovrà difendersi dall’azione legale avviata dalla Disney. A vantaggio di Desantis gioca soprattutto la raccolta fondi, cruciale nelle presidenziali americane. Il governatore può contare su più di 80 milioni di dollari su un conto statale da trasferire in un super Pac che lo sostiene e che avrebbe già raccolto almeno 33 milioni di dollari fino ad oggi.
I PAC – political action committees – sono organizzazioni di raccolta fondi private e indipendenti: hanno la capacità di influenzare l’opinione pubblica con azioni a sostegno del candidato senza dover rispettare vincoli e divieti applicati alle donazioni dirette. Se riuscisse nell’impresa di coalizzare la fronda repubblicana contro Trump, Desantis diventerebbe un osso duro anche per Joe Biden. Che, a quel punto, potrebbe essere percepito davvero come la vecchia guardia della politica a stelle e strisce. Ecco perché i democratici osservano con apprensione.