«Ora decida il popolo». Tradotto: e vediamo se volete davvero l’estrema destra di Vox e l’anima nera dei popolari al governo della Spagna. Tenta il contropiede immediato Pedro Sánchez dopo la sconfitta del Psoe e dei suoi alleati a sinistra alle amministrative. Sberla a Madrid, batosta a Barcellona, gli è andata malissimo in Andalusia. Quindi il premier socialista rilancia. Domani fa sciogliere al re le Cortes Generales, il parlamento, e va al voto il 23 luglio. Nel 2019 fece una giocata simile e gli andò bene. Ora riprova quel che gli riesce meglio: lo scatto veloce.
Ha perso quasi 400mila voti il partito socialista in quattro anni, rispetto alle ultime municipali. Unidas podemos, il suo alleato ex movimentista (sempre stato un partito in realtà) è stato polverizzato. Erano in sei governi autonomi e ora gliene rimane uno solo: la Navarra. A Barcellona l’ex simbolo di sinistra Ada Colau è arrivata terza. Il Partito popolare ha guadagnato quasi due milioni di voti. Tutti li attribuiscono agli esodati di Ciudadanos, il tentativo di copiare da destra il (…l’ex) fenomeno Podemos. Ma non vengono solo da lì i nuovi elettori del più tradizionale partito conservatore di Spagna che con 7 milioni di elettori arriva al 31,5% contro il 28,1 dei socialisti.
I popolari hanno vinto toccando la corda che sempre paga in Spagna a chi cerca voti a destra: fuggite dal Psoe che è il cavallo di Troia degli estremisti tanto che candida terroristi baschi. Un messaggio da campagna elettorale che ha funzionato. È montato come panna il caso dei “terroristi baschi”: 44 persone condannate per essere stati formalmente o informalmente nelle file dell’Eta, il braccio anche armato degli indipendentisti baschi e presentate nelle liste del partito indipendentista basco Eh Bildu. Sette candidati, quelli con una condanna per fatti di sangue, sono stati depennati dalle liste. Ma il Ppe ha nel frattempo capitalizzato il successo della propaganda azzeccata.
Detto ciò, a dimostrazione dell’eterna frammentazione del mosaico politico spagnolo, gli indipendentisti nel Paese basco hanno preso talmente tanti voti (+4,5%) da insidiare il primato del Partito nazionalista basco. Non solo: 13 ex militanti dell’Eta sono stati eletti.
Santiago Abascal, il capo di Vox, sogna un futuro da Giorgia Meloni. Esorcizza il timore che il Ppe non lo voglia con sé va dicendo da ore: «Noi siamo assolutamente indispensabili» per un futuro governo di destra.
Il Ppe ieri già ha lanciato la campagna per le elezioni anticipate: «Vi chiedo da subito una maggioranza chiara. Lasciamoci alle spalle questi cinque anni da dimenticare. Abbiamo fatto un primo passo, ma il “sanchismo” non è ancora stato sconfitto». Quel che chiede è che i suoi gli garantiscano molti voti in più in percentuale di quelli ottenuti ieri. Così da non doversi portar dietro il peso di Vox, considerato impresentabile da molti elettori conservatori.
Il grande rischio che si prende Sánchez nel giocare la carta delle elezioni anticipate è quello di andare al voto in un momento di grande entusiasmo a destra per la vittoria fresca fresca. Rischia che i suoi avversari vadano a votare con slancio, con l’umore alle stelle, e che in piena estate le urne finiscano per seppellire la sinistra e regalino a partito popolare e a Vox un pieno di voti, un risultato addirittura migliore di quello delle amministrative. Per ora i popolari non hanno i voti per governare, nemmeno con Vox, se i risultati rimanessero questi. E su questo Sánchez scommette.
Il suo sogno è che succeda lo stesso miracolo socialista di quindici anni fa. Allora, dopo aver perso le municipali l’anno prima per 150mila voti e con una destra mobilitatissima in piazza, il partito socialista lanciò la campagna: “Se tu non vai (a votare), loro tornano”. Così fu messa su in pochi mesi una mobilitazione elettorale enorme da sinistra attorno al Psoe. José Luis Rodriguez Zapatero si prese una gran parte dei voti dell’allora ancora viva Izquierda unida e per un milione di voti vinse contro il partito popolare di Mariano Rajoy. Con Ada Colau sconfitta a Barcellona e Madrid in mano a Isabel Diaz Ayuso – terribilmente pop, elemento che a destra in Spagna ha un grande peso – il gioco si fa duro.