“Non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, … non hanno nemmeno il coraggio di affrontarmi”. Queste alcune delle motivazioni che hanno spinto Lucia Annunziata a dimettersi dalla Rai. Verrebbe intanto spontanea la domanda: fino ad ora invece aveva condiviso le scelte politiche fatte da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni? Era quindi d’accordo con l’abolizione dell’articolo 18, con il pareggio di bilancio in Costituzione, con la Bossi-Fini, con gli accordi con la Libia, con i decreti Salvini, con la “Buona scuola”, con la legge che riportava la Rai sotto il controllo del Governo, eccetera, eccetera eccetera?
Ma non è questo il punto. Il punto è che non si lavora in una istituzione pubblica solo e se si condividono le scelte politiche del Governo in carica. Al contrario, in caso. Se si crede nel servizio pubblico radiotelevisivo, nella propria professione di giornalista, si continua a fare il proprio lavoro esattamente per garantire il ruolo di servizio pubblico alla Rai. Per garantire quel pluralismo culturale e informativo che tutta la programmazione della Rai deve perseguire e che costituisce un diritto costituzionale di tutti i cittadini.
E se poi questo lavoro viene ostacolato si combatte e lo si denuncia pubblicamente, ma non si spiana certo la strada a chi quel servizio pubblico vuole calpestare, lasciando alla destra non una strada ma una autostrada priva di ostacoli. Ma per fare questo bisogna avere il senso delle istituzioni e la coscienza del proprio ruolo “pubblico”, cosa che per esempio hanno tutte e tutti gli insegnanti che nonostante questo governo e questo ministro “dell’istruzione e del merito” continuano ogni giorno a fare il loro lavoro per garantire anche loro un diritto costituzionale.
Infine: a qualcuno servivano le dimissioni della Annunziata per scoprire che questo è un governo di destra? Non se ne era accorto finora? Chi è migrante, chi è antifascista, le donne, i ragazzi e le ragazze di ultima generazione, le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie private del reddito di cittadinanza lo stanno già vivendo sulla loro pelle.