X

Schlein ammette la sconfitta, il richiamo agli astensionisti non ha funzionato

Schlein ammette la sconfitta, il richiamo agli astensionisti non ha funzionato

Elly Schlein, al termine di una segreteria convocata in tutta fretta, ammette la “sconfitta netta”. “Il vento a favore delle destre è ancora forte. Ci vuole tempo per costruire un centrosinistra vincente e il fatto che il Pd sia il primo partito nel voto di lista non è una consolazione. E’ evidente che da soli non si vince”, afferma.

Si può dire che il test delle amministrative ha sempre valore relativo, specialmente quando in ballo ci sono città piccole nelle quali le questioni e gli interessi locali fanno premio sugli schieramenti nazionali. Si può dire che comunque non era in discussione la linea del nuovo Pd di Elly Schlein, non avendo il medesimo acquisito ancora una vera fisionomia, o che le divisioni che impediscono di parlare di un vero polo di centrosinistra hanno pesato e penalizzato. Ma la realtà dei fatti e il verdetto delle urne sono impietosi: per il Pd è stata una disfatta.

Per la segretaria la sconfitta è anche più cocente: tra i ballottaggi importanti il punto della bandiera è la vittoria a Vicenza, contro ogni previsione e per soli 500 voti, di Giacomo Possamai sul sindaco uscente di destra Francesco Rucco. Trattasi del candidato, giovanissimo, appena 33 anni, moderato “lettiano”, che aveva chiesto alla segretaria e ai pezzi grossi del partito di non farsi proprio vedere in città per giocarsela tutta e solo sul fronte locale. Il centrodestra è stato sconfitto anche a Terni ma qui la sinistra ha poco da festeggiare: sarà sindaco l’imprenditore ex parà presidente della Ternana e patron dell’università Unicusano Stefano Bandecchi. Decisamente sbilanciato a destra pur se indipendente.

Per il resto il panorama dopo la battaglia è desolato. La coalizione di Giorgia Meloni conquista, con il 51,7% di Daniele Silvetti, Ancona, la roccaforte rossa assediata nelle Marche già quasi tutte espugnate e il solo capoluogo di regione in gioco. La destra difende le posizioni sulle quali si era attestata nelle elezioni precedenti in tutte e tre le città toscane, Pisa e Massa, dove non c’era partita, ma anche Siena che invece era stata considerata sino all’ultimo una riconquista quasi sicura per il Pd. Invece Nicoletta Fabio, con il 52,2%, ha prevalso su Anna Ferretti, proprio come Michele Conti a Pisa, che aveva mancato la vittoria al primo turno per un pugno di voti, e come Francesco Persiani a Massa, al quale è arrivato in dote quel quasi 20% che al primo turno era andato al candidato di FdI, essendo questo il solo caso che vedeva il centrodestra diviso al primo turno.

Il quadro è omogeneo, con l’eccezione di Vicenza e di Brescia, al nord, al centro e anche al sud. Il Pd perde infatti Brindisi, conquistata con ampio scarto da Pino Marchionna, già sindaco nei primissimi anni ‘90, quando si trovò a fronteggiare il grande sbarco dei migranti albanesi nella sua città: ne arrivarono 25mila in un solo giorno. Ci sono risultati significativi non per le dimensioni della piazza in palio ma per il suo peso simbolico. E’ il caso di Sestri Levante in Liguria, una città rossa per eccellenza dove invece dilaga, con oltre il 58%, il candidato civico di destra Francesco Solinas. Era appoggiato, al primo turno, dal capogruppo di Fi, in contrasto con le direttive di partito, e da una parte della Lega, che è stata di conseguenza commissariata. Ma pur avendo rifiutato apparentamenti con il candidato ufficiale del centrodestra, dopo averlo superato al primo turno, Solinas ha in tutta evidenza fatto il pieno dell’elettorato di destra.

Con i ballottaggi si è celebrato ieri il primo turno delle comunali in Sicilia, con in ballo città importanti come Catania, Trapani, Siracusa, Ragusa, e in Sardegna, dove però si è votato solo in centri minori. Sul trionfo della destra a Catania, con Enzo Trantino oltre il 66% nelle proiezioni, non ci sono dubbi e neppure su quella dell’indipendente Peppe Cassì a Ragusa. Testa a testa invece nelle altre due città siciliane. E’ probabile che a decidere le sorti di Trapani e Siracusa sia il ballottaggio, tra 15 giorni, ma comunque vada il quadro complessivo resta inequivocabile.

La partita di ieri, a sinistra, si giocava essenzialmente sulla capacità di richiamare alle urne l’elettorato astensionista che penalizza sì tutti ma più il Pd che non i tre partiti della destra. Quel richiamo non ha funzionato: l’affluenza, con quasi 9 punti percentuali in meno rispetto al primo turno, è scesa sotto la soglia del 50%. L’ “effetto Schlein” non ha sortito effetti rilevanti. E’ vero che, nella sfida tra le due leader, la presidente del Consiglio, nei voti di lista del primo turno, è apparsa meno smagliante del previsto, con quasi 10 punti in meno rispetto ai sondaggi più o meno ovunque tranne che a Latina. Ma Giorgia Meloni può riconsolarsi con il dato concreto dei comuni conquistati, Elly Schlein, fatto salvo l’exploit di Brescia e la sorpresa di Vicenza, no.

Salvini, dopo un colloquio ad Arcore con Berlusconi, ironizza in un tweet: “Straordinari risultati per la Lega e il centrodestra. Non c’è che dire: un ottimo effetto Schlein”. Per la verità i risultati della Lega sono stati tutt’altro che straordinari ma tant’è e del resto Salvini non è l’unico a bersagliare la segretaria del Pd. Si diverte anche l’ineffabile Donzelli, Fdi, “L’effetto Schlein c’è stato. A nostro favore”, mentre Tajani, meno sguaiato, dedica la vittoria a Berlusconi.

Intemperanze salviniane a parte il problema c’è davvero: la nuova segretaria, dopo essere arrivata al vertice con modalità che hanno suscitato attese quasi messianiche, deve ancora mettere a punto una fisionomia del partito e una strategia che vadano oltre l’enunciazione di alcuni principi di fondo. Contrariamente a quel che sembra ritenere il nuovo gruppo dirigente del Nazareno deve farlo presta o quelle attese si trasformeranno presto in delusione.