Il gesto del tennista serbo
Scontri in Kosovo, Djokovic dal Roland Garros si schiera con i suoi connazionali: “Kosovo è il cuore della Serbia”
Esteri - di Carmine Di Niro
Novak Djokovic butta benzina sul fuoco sulla già delicatissima questione del Kosovo. Il tennista serbo, il numero uno al mondo impegnato ieri nel primo turno del Roland Garros, il torneo dello Slam su terra rossa di Parigi, ha utilizzato infatti il suo incontro vinto lunedì contro l’americano Alexander Kovacevic per sostenere la minoranza serba del piccolo paese balcanico, che Belgrado ancora oggi non riconosce.
“Il Kosovo è il cuore della Serbia. Stop alla violenza!”, ha scritto Nome su una telecamera al termine del suo match, con la scritta poi mostrata dal maxischermo del campo centrale del Roland Garros.
“#Kosovo is the heart of #Serbia! Stop the violence”, wrote Novak #Djokovic, after winning the opening match at Roland Garros. pic.twitter.com/A0xJaKiaY5
— NEXTA (@nexta_tv) May 29, 2023
Parole che arrivano nel giorno in cui la tensione tra la minoranza serba e la popolazione kosovara di ‘etnia’ albanese ha raggiunto i massimi livelli: lunedì ci sono stati violenti scontri tra dimostranti serbi, polizia e le truppe Nato della missione Kfor a Zvecan, dove si sono concentrate le proteste contro il neoeletto sindaco Ilir Peci, di etnia albanese, che secondo gli abitanti serbi è stato eletto in maniera illegittima. Negli scontri 41 militari Nato sono rimasti feriti, di cui 14 italiani, tutti alpini: tre, scrive l’Ansa, sono feriti in maniera grave ma non in pericolo di vita.
Da giorni il nord del Kosovo è interessato da manifestazioni di protesta per l’insediamento di quattro sindaci di etnia albanese in altrettante città a maggioranza serba, tra cui la stessa Zvecan oltre a Zubin Potok, Leposavic e a Mitrovica Nord. Elezioni tenute ad aprile ma boicottate dalla maggioranza serba, che chiede allo stato centrale maggiore autonomia su quei territori: per questo a votare erano andati solo i cittadini albanesi, meno del 4 per cento degli aventi diritto.
Il governo nazionalista di Belgrado, che non riconosce l’indipendenza del Kosovo, ha criticato molto duramente la posizione del governo kosovaro di riconoscere come regolari le elezioni nei quattro Comuni ed ha inviato come “risposta” alcune truppe dell’esercito vicino al confine col Kosovo.
È in questo contesto che l’uscita di Djokovic rischia di infiammare ancor di più gli animi. Al termine del match Nole ha provato a spiegare il suo gesto: “Non sono un politico, né intendo entrare in dibattiti. Come serbo, mi fa male quello che sta accadendo in Kosovo. La nostra gente è stata espulsa dai comuni. Questo è il minimo che potessi fare. Come personaggio pubblico, sento l’obbligo di mostrare sostegno alla nostra gente e a tutta la Serbia. Ho sentito che ci sono state molte critiche sui social. Non so se qualcuno mi punirà o qualcosa del genere, ma lo rifarei. Sono contrario a guerre e conflitti di qualsiasi tipo. Il Kosovo è il nostro cuore, la roccaforte, il centro degli eventi più importanti, la più grande battaglia si è svolta lì, il maggior numero di monasteri. Ci sono molte ragioni per cui ho scritto questo, mio padre è nato lì”.
Il campione serbo comunque non è nuovo ad uscite politiche controverse: nel 2020, dopo la vittoria della Atp Cup, era circolato un video di Nole che cantava, insieme ai compagni di squadra serbi, una marcia militare nazionalista.
Sempre tre anni fa Djokovic e la sua famiglia, al termine di un viaggio in Bosnia, vennero insigniti dell’onorificenza all’Ordine della Repubblica Srpska, la parte serba della Bosnia. Anche in quel caso si era discusso molto dell’opportunità di accettare quel premio consegnatogli da Milorad Dodik (politico negazionista del Massacro di Srebrenica) che che in passato era stato attribuito a personaggi come Slobodan Milosevic, Ratko Mladic e Radovan Karadzic, tre criminali di guerra.