Altri 700 soldati saranno mandati dalla NATO in Kosovo, lo ha annunciato il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg in conferenza stampa. 700 riservisti pronti a essere operativi nel giro di una settimana mentre “un ulteriore battaglione di forze di riserva è stato ordinato di ridurre i propri tempi di preparazione al dispiegamento da quattordici a sette giorni, per essere pronto a rafforzare le forze Nato in Kosovo, se necessario”. La tensione è altissima: lunedì a Zvecan 30 militari erano stati feriti durante una manifestazione di protesta. Le manifestazioni, che vanno avanti da giorni, contestano l’insediamento di alcuni sindaci di etnia albanese in città kosovare a maggioranza serba. “Non possiamo permetterci un’altra guerra”, ha dichiarato l’alto rappresentante per la tensione politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell.
KFOR sta per Kosovo Force. È la forza militare internazionale guidata dall’Alleanza Atlantica. Suo obiettivo è mantenere pace e ordine nel Paese. Alla Kfor appartenevano i 14 italiani, tutti alpini, feriti negli scontri con i serbi lunedì 29 maggio in Kosovo del Nord. All’operazione al momento partecipano in tutto 28 Paesi, di cui 20 appartenenti alla NATO e 8 partner, con un impegno complessivo di forze che oggi ammonta a circa 3.800 unità. È la missione dell’Alleanza più numerosa al mondo. “Il dispiegamento di forze aggiuntive in Kosovo è una misura prudente per assicurare che KFOR sia in grado di assicurare la sicurezza in accordo con mandato ricevuto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU”, ha commentato Stuart B. Munsch, ammiraglio statunitense a capo del contingente NATO per l’Europa del sud.
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La Kfor ha cominciato a operare in Kosovo il 12 giugno 1999 su mandato dell’Onu. Le ragioni delle tensioni restano sempre le stesse: la contrapposizione tra la popolazione di etnia serba e quella di etnia albanese. Il Kosovo aveva dichiarato la propria indipendenza da Belgrado il 17 febbraio 2008. Il Presidente della Serbia Slobodan Milosevic a partire dalla fine degli anni Ottanta aveva revocato l’autonomia della provincia, eliminato la parità linguistica tra albanese e serbo, fatto chiudere le istituzioni autonome albanesi. Contro la Repubblica Federale di Jugoslavia i kosovari passarono da manifestazioni pacifiche a un’organizzazione militare.
L’esercito di liberazione del Kosovo, l’UÇK, venne formato nel 1996. La comunità internazionale impose a Milosevic di mettere fine alle azioni contro i kosovari albanesi. I media e le organizzazioni avevano raccontato e provato episodi di tortura, stupro, migliaia le vittime. Il Kosovo nel 1999 passò sotto il protettorato internazionale delle Nazioni Unite. Il 24 marzo 1999 partì la cosiddetta “guerra umanitaria” per difendere gli albanesi. Il territorio serbo fu obiettivo di continui bombardamenti, anche la capitale Belgrado venne colpita. Il 10 giugno la Serbia raggiunse un accordo con la comunità internazionale: il Kosovo venne posto sotto il controllo dell’ONU.
Il governo di Pristina nel 2008 ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza, smise di essere provincia serba. Belgrado non ha mai riconosciuto il nuovo Stato. La presenza della Kfor venne incrementata. Come spiega il sito del ministero della Difesa, dal primo marzo 2011 all’agosto 2019 Kfor ha schierato in Kosovo “due Multinational Battle Group (di cui uno a comando italiano), un Reggimento Carabinieri MSU (composto esclusivamente da militari dell’Arma dei Carabinieri), un Reggimento con funzioni di Riserva Tattica (multinazionale), tre unità multinazionali Joint Regional Detachment (JRDs) di cui uno a leadership italiana”.
Il ministero della Difesa riporta che “la consistenza massima annuale autorizzata dall’Italia per il contingente nazionale impiegato nella missione è di 852 militari, 137 mezzi terrestri e 1 mezzo aereo”. Dal 10 ottobre 2022, il Generale di Divisione Angelo Michele Ristuccia è diventato il 13° Comandante Italiano alla guida della missione. Presso il Comando Nato a Pristina, il Quartier Generale di Kfor, operano circa 90 militari appartenenti alle tre Forze Armate e all’Arma dei Carabinieri. Un’unità a livello di Reggimento (Regional Command West/RC-WEST), dislocato nei pressi della città di Pec.
Il nucleo principale è formato dal Nono Reggimento Alpini della Brigata Alpina “Taurinense” insieme a militari di Albania, Austria, Croazia, Macedonia del Nord, Moldavia, Polonia, Svizzera e Turchia. L’RC-WEST è comandato dal Colonnello dell’Esercito Mario Bozzi. Oltre a queste forze ci sono anche un battaglione di ricerca informativa – l’Intelligence, Surveillance and Reconnaissance Multinational Battalion – costituito dal 1°giugno 2016 e alle dipendenze di KFOR; un LMT a leadership italiana, inquadrato nel Regional Command East a guida Stati Uniti d’America, che opera nella municipalità della capitale Pristina; un reggimento Carabinieri denominato Multinational Specialized Unit (MSU-Unità Multinazionale Specializzata) situato nella città di Pristina e comandato dal Colonnello dell’Arma dei Carabinieri Ruggiero Capodivento.
I militari della missione KFOR martedì hanno circondato il municipio di Zvecan con una recinzione di filo spinato. A Leposavic e Zubin Potok i soldati hanno parcheggiato mezzi militari della polizia kosovara davanti ai municipi. I sindaci eletti lo scorso 23 aprile sono considerati illegittimi perché eletti da appena il 3% della popolazione in comuni a maggioranza serba. I manifestanti chiedevano il ritiro delle unità di polizia dal nord del Kosovo a maggioranza serba e la rinuncia dei nuovi sindaci di etnia albanese. L’Alto Rappresentante europeo Borrell ha accolto con favore la decisione della NATO.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken si è detto preoccupato e ha lanciato un appello. “Il premier Albin Kurti e il suo governo devono fare in modo che i nuovi sindaci espletino temporaneamente la loro attività di servizio da sedi alternative fuori dagli edifici comunali, e che vengano ritirate le forze di polizia presenti nella zona”. Un altro appello lo ha rivolto al Presidente serbo Aleksandar Vucic. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha espresso tutto l’appoggio della Russia – che non ha mai riconosciuto il Kosovo – ai serbi. Borrell ha intanto parlato sia con il primo ministro kosovaro Kurti che con il Presidente serbo Vucic.