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Armi coi fondi del Pnrr, il Pd fa muro ma è in tilt

Armi coi fondi del Pnrr, il Pd fa muro ma è in tilt

Asap è un acronimo che sta per Act in Support of Ammunition Production, legge a sostegno della produzione di munizioni per l’Ucraina e del riarmo degli Stati europei. Lo ha presentato il commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton, prevede lo stanziamento di 1 miliardo di euro, 500 milioni a carico dell’Europa e l’altra metà a carico dei singoli stati, per la produzione di munizioni ma anche per il rafforzamento delle macchine belliche dei singoli Stati europei. Gli Stati membri, che dovranno partecipare al finanziamento, potranno attingere al Pnrr e al Fondo di Coesione. Quest’ultimo passaggio è quello che costituisce per il Pd di Elly Schlein è un ginepraio. Uscirne a testa alta sarà difficile.

Missione da portare a termine oggi stesso: la procedura è infatti di massima urgenza. L’acronimo, del resto, non è stato scelto a caso. Asap, infatti, nel linguaggio comune sta infatti per As Soon As Possible, il prima possibile. Nel Parlamento europeo gli eurodeputati del Pd hanno votato a favore della procedura accelerata, con due astensioni, Pietro Bartolo e Achille Variati, e il solo voto contrario di Massimiliano Smeriglio. Allo stesso tempo, e in palese contraddizione, si sono però schierati contro il dirottamento dei Fondi Pnrr sul riarmo e sulla produzione bellica per l’Ucraina.

Ieri pomeriggio la segretaria Schlein ha diffuso su Instagram un videomessaggio a tutto campo ma nel quale proprio questo spinoso capitolo torreggiava su tutto il resto: «Abbiamo due punti fermi: il sostegno convinto all’Ucraina e il fermo no all’uso del Pnrr e del Fondo di coesione per le armi. Oggi stesso proporremo una mozione che impegna il governo a non devolvere fondi del Piano per la produzione di armi». Proprio oggi infatti anche il Parlamento italiano discuterà Asap.

Elly si affida a un espediente dialettico: punta l’indice a più riprese contro il governo, come se l’idea di spendere per le armi parte del Pnrr fosse di Giorgia Meloni, che per il momento ha invece escluso questa possibilità anche se bisognerà poi vedere nei fatti. L’affare per la lobby italiana dei produttori d’armi è ghiotto, dificile pensare che eviterà di esercitare ogni possibile pressione. La segretaria del Pd se la prende col governo per evitare di farlo con i veri ideatori di Asap, la Commissione europea, e con chi oggi approverà la proposta, il Parlamento europeo. Il guaio per il Pd è a Bruxelles, non a Montecitorio.

Dopo la mazzata elettorale Schlein ha deciso di soprassedere sull’escursione in Belgio per mettere a punto una strategia con i suoi eurodeputati. Il confronto c’è stato comunque, e prolungato, ma online. Per tirarsi fuori dai guai il Pd propone una serie di emendamenti che di fatto eliminerebbero la possibilità di adoperare i fondi del Recovery per le armi destinate all’Ucraina e cancellerebbero il passaggio, particolarmente odioso, che consente di derogare da molte norme sulla sicurezza pur di accelerare la produzione di armi.

L’eurogruppo, “Socialisti e Democratici”, ha accolto le proposte di emendamento ma già si sa che in aula non passeranno e la maggioranza dell’eurogruppo è favorevole a sostenere comunque, nel voto finale, Asap. A quel punto gli eurodeputati del Pd dovranno scegliere se uniformarsi oppure votare in dissenso dal resto dei socialisti europei, ipotesi praticamente impossibile dal momento che, fatti salvi i dissensi già emersi al momento del voto sulla procedura d’urgenza, la stragrande maggioranza anche del gruppo vuole votare comunque a favore della legge, pur se non emendata. Il risultato potrebbe essere paradossale, con un Pd che nel Parlamento italiano tuona contro una legge che lo stesso Pd, pur spaccandosi, approva nel Parlamento europeo. Nella medesima giornata.

Nel suo videomessaggio la Schlein non ha parlato solo di Pnrr e armi né si è limitata a bersagliare il governo, come da copione. Tra le righe ha accolto due delle principali critiche mossegli dopo la disfatta dei ballottaggi: quella di non aver sostenuto Bonaccini nella contesa sul commissario per la ricostruzione e quella di decidere tutto all’interno di un gruppo ristretto di fedelissimi. Dunque ha insistito molto per la nomina immediata del commissario, disegnandone un identikit modellato sul governatore dell’Emilia-Romagna e ha sottolineato più volte l’esigenza e l’importanza della “collegialità”. Ha anche risposto a quanti la danno per già traballante: “Mettetevi comodi. Siamo qui per restare. Non è finita ma appena cominciata”.