Parla il capodelegazione Pd
Intervista a Brando Benifei: “L’ultradestra cresce a scapito di quella liberale”
"Ribadisco che non siamo d’accordo sull’uso dei fondi Pnrr e di coesione per gli armamenti"
Editoriali - di Umberto De Giovannangeli
La posta in gioco nelle euroelezioni del 2024. La sinistra e la guerra. Ne parla con Brando Benifei, riconfermato, con voto unanime, capo delegazione del Pd al Parlamento europeo.
Il voto in Grecia, quello in Spagna, e in precedenza in Finlandia. Lo stesso esito dei ballottaggi nelle amministrative in Italia. La destra sembra avere il vento in poppa in Europa. E l’anno prossimo si vota per il rinnovo del Parlamento europeo.
Io credo che la destra abbia avuto un oggettivo vantaggio dalla complicata situazione internazionale di questi mesi, le incertezze sul nostro futuro legate a uno scenario di conflitti in crescita, globalizzazione ancora non pienamente governata a livello sovranazionale, crisi climatica e disuguaglianze che hanno trovato una possibile risposta di rassicurazione dentro ripiegamenti identitari e improbabili nuovi paradigmi nazionalisti. Si tratta di una tendenza che però non ritengo sarà in grado di ribaltare gli equilibri politici sul fronte europeo. La crescita della destra più apertamente ultraconservatrice il cui partito europeo è guidato da Giorgia Meloni vede al contempo un parziale arretramento della destra più tradizionale e plurale dei popolari europei, dunque certamente un parziale spostamento a destra degli equilibri del Parlamento Europeo potrebbe esserci ma si tratterà di qualcosa di limitato. Ne sono convinto perché il gruppo liberale di Renew Europe che pure in Svezia, il vero laboratorio di questa nuova destra, governa con le forze più reazionarie, nel suo insieme non è disponibile ad appiattirsi in questa direzione. Anzi la questione che si porrà sarà proprio questa: il mondo liberal-democratico o almeno una parte importante di esso, sufficiente a determinare una direzione di marcia, sceglierà la strada tedesca dell’alleanza con Socialisti e Verdi oppure quella svedese? È chiaro che questa domanda in prospettiva riguarda anche l’Italia e avrà ripercussioni sulla nostra politica.
Come costruire un argine alla destra sovranista?
In chiave europea, nel nuovo Europarlamento eletto nel 2024 sarà necessario lavorare perché prevalga l’opzione “tedesca” anche per dare forza alla possibilità di aprire un cantiere costituente per riformare i Trattati. Appare infatti sempre più evidente come l’allargamento ai Balcani Occidentali non più rinviabile e la possibile adesione di altri Paesi come la stessa Ucraina possa essere realizzabile solo in un quadro di riforma complessiva dei meccanismi di funzionamento e decisionali dell’Unione, altrimenti a rischio paralisi per via dei veti e della crescente complessità se si superassero i 30 Paesi membri. Da federalista europeo “Spinelliano” convinto credo che si debba fare un passo avanti nella costruzione di un assetto federale a partire dai Paesi che ci stanno, e spero che tra questi ci sarà l’Italia che ha un’opinione pubblica assolutamente pronta a questo passo, perché non è possibile che chi può e vuole fare di più sia bloccato da chi non vuole maggiore integrazione. Già oggi lo spazio europeo è organizzato in più livelli di integrazione, dal Consiglio d’Europa all’Unione Europea, non si deve avere paura di uno sforzo creativo nella costruzione di istituzioni politiche davvero all’altezza delle grandi sfide globali.
Se la tendenza non s’inverte, il nuovo Parlamento europeo sarebbe segnato da un’alleanza tra popolari e conservatori. C’è questa percezione a Bruxelles, nella famiglia socialista e democratica?
Come ho spiegato questo tentativo ci sarà certamente e lo dovremo contrastare, lavorando a dividere le forze moderate dall’estrema destra e rafforzando il dialogo con tutte le forze progressiste. Noi abbiamo un’ambizione a cui non possiamo e non dobbiamo rinunciare: portare un socialista e democratico alla guida della Commissione Europea, riteniamo che l’Unione abbia bisogno di andare avanti con maggiore determinazione verso le scelte di politica sociale, del lavoro, della democratizzazione delle nuove tecnologie, della transizione ecologica su cui si è incamminata in questa legislatura e per farlo non dobbiamo accontentarci di rassegnarci a una conferma di Von der Leyen come “male minore” e argine a uno spostamento a destra. Credo serva generosità e lungimiranza nel costruire un’alleanza che veda l’impegno dei nostri leader europei per presentare una nostra candidatura comune, sono convinto che per quanto riguarda il PD l’importante esperienza europea di Elly Schlein sia una garanzia di autorevolezza e impegno per lavorare in quella sede e ampliare le interlocuzioni necessarie per costruire un’alternativa più avanzata, che sia nel segno del federalismo europeo progressista.
La sinistra europea e la guerra. Si va in ordine sparso?
Il tema è molto delicato e tocca le coscienze di ciascuno di noi. Personalmente credo che fornire armamenti difensivi per le esigenze di lotta per la libertà di un popolo invaso sia una scelta giusta, allo stesso tempo è sempre necessario verificare puntualmente che le condizioni per mantenere questa scelta permangano e ciò non è mai scontato. Credo che il popolo ucraino vada aiutato a costruire le condizioni per arrivare a una pace giusta senza accettare che la minaccia nucleare possa essere utilizzata per compiere senza reazioni i peggiori crimini come quelli che Putin ha purtroppo realizzato in territorio ucraino. Se accettassimo questo condanneremo il mondo intero a una guerra permanente poiché purtroppo gli arsenali nucleari sono ancora tanti, lo dico essendo impegnato da tanto tempo al Parlamento Europeo proprio sul tema del disarmo nucleare e della non proliferazione. Dobbiamo mantenere vivo lo sforzo diplomatico spingendo l’Europa ad agire con ancora più determinazione rispetto alla posizione degli altri attori globali, perché solo con una vera azione coordinata e più ampia si può trovare una soluzione al conflitto, credo che l’Europa abbia tutte le possibilità di giocare questo ruolo se vuole ma non lo ha ancora fatto abbastanza.
Va richiamata l’intera comunità internazionale a uno sforzo per fermare un’aggressione che rischia seriamente di trasformarsi nel tempo in un conflitto permanente che segnerebbe una nuova divisione a livello mondiale, uno scenario che tutti i progressisti devono essere impegnati a scongiurare, perché non abbiamo bisogno di un nuovo mondo diviso in blocchi, per questo la capacità di iniziativa europea è assolutamente essenziale.
Sul Piano munizioni Ue dieci eurodeputati Pd, tra cui lei, hanno votato a favore e 4 si sono astenuti. Normale dialettica o c’è qualcosa di più grave?
Sui media sono uscite ricostruzioni anche bizzarre, come se fosse davvero possibile che un gruppo parlamentare si esprimesse a larga maggioranza su una determinata posizione contro il volere della leadership del proprio partito, che ha invece lasciato libera la delegazione di discutere e non ha chiesto di tenere nessuna posizione specifica o di modificare quella assunta. Andiamo con ordine: preso atto che il gruppo dei Socialisti e Democratici di cui facciamo parte avrebbe sostenuto e votato per i nostri emendamenti per escludere Pnrr e fondi di coesione dalle fonti possibili di finanziamento di questo piano, ma avrebbe proposto il voto positivo sul regolamento nel suo insieme, che riguarda l’approvvigionamento difensivo dell’Ucraina, abbiamo stabilito di procedere come abbiamo fatto, in linea con quanto detto dalla nostra Segretaria nella sua esternazione sul tema, dove ha messo al primo punto il sostegno con tutti i mezzi necessari all’Ucraina e coerentemente con quanto fatto finora dal Pd anche nelle precedenti votazioni nel Parlamento Europeo. Come sempre su questo argomento ci sono alcuni voti differenziati di alcuni colleghi, come del resto avviene anche nelle votazioni dei gruppi del PD alla Camera e al Senato, ma non si tratta certamente di una divisione che riguarda una maggiore o minore volontà di prolungare un conflitto o di sostenere una impostazione “bellicista”. A me sembra sbagliato discutere troppo su questo quando invece ciò che emerge in modo preoccupante è l’ambiguità del governo che sul punto dell’uso dei fondi Pnrr e di coesione per gli armamenti si esprime pubblicamente contro questa possibilità ma poi al Parlamento Europeo fa votare contro agli emendamenti che andavano proprio a eliminare del tutto questa eventualità. Una contraddizione che deve essere affrontata: ribadisco nuovamente che non siamo d’accordo sull’uso dei fondi Pnrr e di coesione per gli armamenti, definito giustamente “inaccettabile” anche dalla nostra Segretaria, per cui se il governo non prenderà impegni incontrovertibili su questo punto personalmente non ritengo che si possa sostenere il provvedimento nel via libera finale che dovremo dare a luglio.