Mentre non cessa il rimpallo di accuse tra Kiev e Mosca sulle responsabilità in merito al ‘cedimento’ della diga di Nova Kakhovka, l’imponente struttura nella regione di Kherson, controllata dall’esercito russo, che ha causato la fuoriuscita di una enorme massa d’acqua che ha allagato numerose città della regione, in Ucraina si fanno i conti dei danni.
Le autorità di Kiev stimano in almeno 42mila le persone a rischio inondazione, che potrebbero essere costrette ad abbandonare le proprie abitazioni lungo il fiume Dnipro nell’Ucraina meridionale.
Ma non è l’unico problema. Sul sito web della presidenza ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky ha reso noto che a causa dell’esplosione della diga di Kakhovka, “si è formata una chiazza di petrolio di almeno 150 tonnellate che viene trasportata dalla corrente verso il Mar Nero. Non possiamo ancora prevedere quanta parte delle sostanze chimiche, dei fertilizzanti e dei prodotti petroliferi stoccati nelle aree alluvionate finirà nei fiumi e nel mare. L’evacuazione delle persone dall’area allagata è in corso: quasi ottanta insediamenti sono a rischio“.
Per capire la portata del disastro, economico ed ambientale, saranno comunque necessari alcuni giorni: nella giornata odierna la piena provocato dalla falla nella diga dovrebbe raggiungere il proprio picco, poi la situazione si dovrebbe stabilizzare e infine tornare relativamente sotto controllo, non appena si sarà ridotto il livello dell’acqua nel bacino di Kakhovka.
La piena sta già portando con sé detriti e sostanze inquinanti come oli esausti e carburanti che potranno avere un importante effetto ambientale lungo tutto il Dnipro: inoltre in buona parte dell’Ucraina meridionale ci si aspetta nelle prossime settimane una notevole mancanza di acqua potabile, considerato che il bacino di Kakhovka era una fonte importante d’acqua.
Per il momento appare scongiurato anche l’altro grande rischio provocato dal cedimento della diga: l’acqua del bacino era infatti utilizzata anche per i sistemi di raffreddamento della vicina centrale nucleare di Zaporizhzhia. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite l’impianto non ha subito danni al momento ed ha quantità d’acqua sufficienti per il suo funzionamento.
E sempre sul tema dell’energia, collegata alla diga c’era anche una centrale idroelettrica: ovviamente l’impianto dopo il disastro è inutilizzabile, né è chiaro quando potranno partire lavori di messa in sicurezza delle parti non danneggiate.
Sul piano politico intanto prosegue lo scambio di accuse tra Ucraina e Russia. Il regime di Vladimir Putin ha accusato Kiev di aver distrutto la diga come diversivo, per ‘nascondere’ così il “fallimento” della controffensiva dell’esercito ucraino e penalizzare la Crimea, regione occupata illegalmente dai russi e annessa nel 2014, che attingeva buona parte della propria acqua proprio dal bacino idrico di Kakhovka.
Il presidente ucraino Zelenski ha invece definito la distruzione della diga alle porte di Kherson “un ecocidio” e “una bomba di massiccia distruzione ambientale“; e ha confermato che Kiev ha già denunciato la Russia per questo davanti alla giustizia internazionale.