Il caso Open
“La Corte darà ragione a Renzi”, il ‘corvo’ fa infuriare il senatore di Iv
Ieri su Repubblica le indiscrezioni sulla decisione sul conflitto di attribuzione tra Senato e procura di Firenze
Giustizia - di Angela Stella
Chi è il corvo che ha spifferato a Repubblica la probabile decisione in merito al “conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Senato della Repubblica nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, per avere quest’ultima acquisito agli atti di un procedimento penale, pendente nei confronti di un senatore e di altri soggetti, corrispondenza scritta riguardante il medesimo parlamentare senza preventiva autorizzazione del Senato” su cui la Corte Costituzionale è chiamata a decidere oggi dopo una udienza pubblica (relatore Modugno)?
La risposta non l’avremo mai, ma intanto il pezzo firmato da Liana Milella ieri, che anticipava indiscrezioni sulla decisione Consulta pronta a dar ragione a Matteo Renzi, ha creato parecchio frastuono, dentro e fuori la Corte. Sintetizziamo la questione: il 22 febbraio 2022 l’Aula di palazzo Madama approvava, con 167 voti favorevoli, 76 contrari e nessun astenuto la relazione della Giunta delle immunità sul caso Open che vede coinvolto il leader di Italia Viva Matteo Renzi, indagato per finanziamento illecito. In sostanza veniva sollevato un conflitto di attribuzione alla Corte Costituzionale contro la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze che avrebbe inserito nel fascicolo dell’inchiesta chat e mail di quando Renzi era già senatore.
Infatti secondo l’articolo 68 della Costituzione è richiesta una autorizzazione per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza. Nel caso di Renzi sono state inserite agli atti conversazioni via email e whatsapp avute con gli imprenditori Marco Carrai e Vincenzo Manes, nonché un estratto del conto corrente bancario personale dello stesso leader di Italia Viva, senza chiedere alcun permesso.
L’articolo parla anche del caso di Cosimo Maria Ferri: la “Camera, sempre l’anno scorso, aveva negato al Csm l’utilizzo delle intercettazioni tra l’ex pm Luca Palamara e il deputato di Iv Ferri, sotto inchiesta disciplinare proprio per via di quelle conversazioni del 2019 sulle trattative per chi dovesse diventare procuratore di Roma. E palazzo dei Marescialli aveva sollevato a sua volta un altro conflitto di attribuzione”, ricorda la Milella.
Ma questa questione non è prevista nel calendario dei lavori di oggi. Sta di fatto che l’articolo ha spinto la Corte a inviare una nota alla stampa: “In relazione ad alcune illazioni apparse oggi (ieri, ndr) su organi di stampa, l’Ufficio Comunicazione della Corte costituzionale precisa che esse sono totalmente destituite di fondamento. La Corte darà comunicazione delle proprie decisioni, rispettivamente sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura e sul conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato promosso dal Senato della Repubblica, non appena esse saranno state assunte. Si precisa inoltre che il secondo conflitto non è stato nemmeno discusso in pubblica udienza, che è fissata solo per domani (oggi, ndr)”.
Non ci si aspettavano parole diverse. Ma sta di fatto che qualche uccellino ha cantato. In passato è avvenuto che qualche giudice, qualche assistente, o qualcun altro alla Consulta passasse indiscrezioni ai cronisti. Il fatto è che non si arriva vergini in una Camera di Consiglio: se ne discute prima e pertanto qualcuno poteva e ha potuto far trapelare un possibile orientamento. Siamo sempre nel campo delle ipotesi ovviamente. E non è detto che quanto avvenuto in passato si sia ripetuto, a maggior ragione che domani si terrà una udienza pubblica.
Alla fine lo sa solo Liana Milella, il cui articolo ha suscitato anche la forte reazione di Renzi che ha scritto in una nota: “L’articolo di Repubblica di questa mattina (ieri, ndr) a proposito del conflitto di attribuzione fra il Senato e la Procura di Firenze è un maldestro tentativo di condizionare il dibattito della Corte Costituzionale. Esprimo sconcerto per questo stile che non condivido e auguro un buon lavoro ai giudici della Consulta, la cui decisione è destinata a regolare i rapporti tra il Senato e l’Autorità giudiziaria per i prossimi anni”. Persone che conoscono bene i meccanismi della Corte ci dicono che i giudici non si lasceranno influenzare da quanto accaduto, del tipo “diamo torto a Renzi per smentire la talpa”.