Parola allo scrittore
“La sinistra ha dimenticato la fraternità”, intervista a Erri De Luca
«La pace in tempo di guerra è un’idea di futuro. E noi invece abbiamo acconsentito a invio di contingenti militari superando con disinvoltura l’articolo della Costituzione che non ce lo permette»
Editoriali - di Graziella Balestrieri
«Non mi piace l’indifferenza. La considero un disturbo della percezione, un’incapacità sensoriale, prima che intellettiva. Perciò mi impegno a fare il contrario». È l’indifferenza che Erri De Luca, uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, giornalista e poeta, autore di romanzi come Il peso della farfalla, In nome della madre, Il giorno prima della felicità, I pesci non chiudono gli occhi, considera come uno dei mali principali del nostro tempo. Osservatore dell’animo umano e della natura tutta, del tempo che passa inesorabile e di quello che sarà, dei governi che sembrano cambiare ma poi forse nemmeno tanto, De Luca parla del vento delle destre che soffia forte e della sinistra che si riduce in polvere.
Di quella Costituzione bistrattata e aggredita che invece andrebbe rispettata, perché è nella Costituzione e nel riconoscimento dei valori del 25 Aprile che si è italiani: tutto il resto è un passato che è materia di narrativa per i libri di Storia. E ancora. Parla di quel mare nostrum che ci consegna solo corpi di donne e uomini e neonati, che non hanno avuto nemmeno il tempo di imparare a vivere, nemmeno di sperare. Di deboli, di poveri, di chi punta il dito e chi viene schiacciato da quel dito, di chi viene preso a manganellate perché considerato inferiore. Della libertà di espressione che è un diritto garantito. Di chi sa che potrebbe cambiare tutto e quel tutto è nelle mani solo dei giovani. E di quelle generazioni passate che dovrebbero in un certo senso seguire l’esempio dei protagonisti del suo nuovo romanzo, Le regole dello Shangai (uscito da poco per la Feltrinelli), ovvero allearsi seppur con età diverse e in condizioni diverse.
Il suo ultimo il libro si intitola Le regole dello Shangai: che cos’è questa regola e come si fa ad applicarla alla vita?
Il gioco è semplice e ho scoperto che lo hanno giocato tutti. In questa storia c’è un personaggio solitario, abile e preciso che lo gioca da solo. Applica a sé stesso la regola di sfilarsi dall’insieme degli altri senza spostare nulla, come un bastoncino del gioco. Ha la vocazione a passare inosservato, anonimo.
I protagonisti sono un anziano campeggiatore solitario e una ragazza, una gitana che scappa dalla sua famiglia: come mai ha scelto queste due figure apparentemente così lontane?
Non posso dire di operare scelte nelle mie scritture. Si impongono delle figure che lentamente si precisano. Qui c’è un incontro, di quelli rari che partono periferici e diventano centrali, nel senso che orientano il tempo e lo spazio successivo di due persone. Tra questo anziano solitario e una ragazza in rivolta si stabilisce un’intesa che non ha a niente a che vedere con l’amore, l’amicizia, l’affetto. C’entra invece l’improvvisa, imprevedibile alleanza tra due persone di età e condizioni opposte.
Quanto c’è di lei nella ragazza e/o nell’uomo?
Stavolta di mio c’è poco. L’età dell’anziano, la sua origine napoletana sì, ma nient’altro. La ragazza gitana è una creatura libera, cresciuta in accampamenti nomadi, intima di animali come un orso, un corvo. Si ribella a un matrimonio forzato, scappa di notte e in inverno. L’ho più seguita che condotta.
“I Russi non si fanno fregare”: è un’affermazione da lasciare in questo racconto o ha qualche attinenza con la realtà di oggi?
I Russi non si facevano fregare facilmente nel 1900. Oggi mi sembra il contrario.
La ragazza chiama persone gli animali, i corvi, l’orso: come mai questa scelta così forte in un certo senso…anche vista l’attualità delle cronache?
Seguo poco l’attualità. I miei programmi preferiti alla televisione sono i documentari che riguardano la vita selvatica. Li considero la mia attualità. Mi importa conoscere i lupi, i cinghiali, gli orsi che una volta erano ammaestrati da girovaghi per esibizione. Quando saltavo la scuola passavo le giornate allo zoo. Ho un sentimento di ammirazione per gli animali. Ho scritto un paio di storie con loro come protagonisti.
La ragazza guarda negli occhi per capire le persone: è ancora così?
Quella ragazza lo sa fare, come sa leggere nel palmo delle mani, come s’intende di ogni specie di funghi. Non è andata a scuola, imparerà dopo a leggere e scrivere. Ha capacità che in altre epoche sarebbero state accostate a chiare prove di stregoneria.
Che cos’ è questo caos da sciogliere di cui lei racconta ne Le regole dello Shangai?
È il caos di un orologio smontato con i pezzi sparpagliati. Ci vuole un orologiaio per rimettere insieme il meccanismo.
Questo è il tempo della destra, anche in Europa: lei come si spiega questa ondata? E da scrittore come la vive?
La destra aizza e sfrutta le paure. Un paese a maggioranza di anziani è predisposto ai timori. Manca una sinistra che aizzi e sfrutti il coraggio, la sola formula capace di intendere e volere il futuro necessario. Non mi angosciano le destre, sono residuati della storia con i loro nazionalismi e sovranismi stracotti.
In un’intervista ha dichiarato che la Meloni dovrebbe farsi da parte: perché? Perché se i cittadini hanno scelto? E cosa non le piace di questa destra?
L’elettorato italiano è volubile, ha slanci di simpatia superficiale per qualche personaggio del momento, poi si stufa e lo scarica. La politica senza spessore offre ribalte, non soluzioni. Questo governo è solo più incompetente dei precedenti. I soldi europei non li prenderemo, anche se nascondono alla Corte dei conti il disbrigo della spesa fallita.
C’è un caso Rai?
La televisione italiana è governativa, segue direttive di consigli di amministrazione allineati per interesse. Succede regolarmente che il potere di turno piazzi i suoi simpatizzanti ai posti di comando dell’informazione.
Fascismo e antifascismo che cosa sono per Erri De Luca e come lo spiegherebbe alle generazioni di oggi e a quelle future?
L’antifascismo è lo spirito che ha fatto scrivere la carta costituzionale. Chi non si riconosce nel 25 aprile del 1945 si chiama fuori dalla comunità italiana. I fascisti dichiarati sono degli intrusi fuorilegge. Assurti a incarichi istituzionali fingono un’appartenenza interessata. Gli incarichi pubblici li infarinano di repubblica, ma la loro appartenenza sentimentale è repubblichina, quella di Salò, non repubblicana. Ai ragazzi, digiuni di storia, direi di frugarla, è una interessante materia narrativa.
Lei è stato in Lotta continua: se dovesse raccontare la sua appartenenza a questa formazione extraparlamentare di sinistra ad un ventenne di oggi, come la motiverebbe? Come spiegherebbe quegli anni?
Per questa domanda mi riservo un’intervista a parte.
Su l’Unità scrive Valerio Fioravanti. Piero Sansonetti è stato travolto da ogni forma di insulto e polemica per aver dato spazio ad un ex terrorista e fondatore dei NAR proprio sul giornale fondato da Antonio Gramsci: cosa ne pensa?
Faccio lo scrittore, mio ambito è la parola, il suo diritto garantito dalla Costituzione. Difendo questo diritto che appartiene a ogni cittadino.
Il Salone del libro di Torino e le contestazioni alla Ministra Roccella? Che idea si è fatto della vicenda?
I ministri, le autorità sono abituate all’ossequio. La critica specie se ravvicinata li/le destabilizza, sentono che vacilla il piedistallo. Sono fragili, friabili come meringhe.
Il carcere in Italia che funzione ha?
Il carcere in Italia produce suicidi. È sovraffollato e ci sono le persone che non possono permettersi una difesa adeguata. La legge è uguale solo per tutti quelli forniti di censo e di domiciliari.
La trans picchiata dai vigili a Milano: perché secondo lei quella violenza nei confronti di un essere umano?
Si tratta di sopraffazione di molti contro uno, una manifesta vigliaccheria aggravata dalla divisa e dalla presunzione di impunità. Sarebbe andata liscia senza la ripresa fortuita.
Perché la cultura di sinistra teme questa avanzata della destra? Non danno così ragione al presidente del Consiglio Meloni quando parla di “mettere fine all’egemonia della sinistra?
Non percepisco una cultura di sinistra. Ci sono delle persone di sinistra, non aggregate tra loro, dislocate in varie istanze, dalla ecologista alla pacifista, al volontariato. Mi considero una di queste persone, disperse nell’ambiente, inadatte ad accorpamenti. Non so a quale cultura di sinistra si riferisce il presidente del Consiglio in carica.
Al popolo italiano sembra andare bene tutto, protestiamo sui social in malo modo ma forse più per ego e frustrazione che per il senso della protesta e poi finisce tutto lì. Perché secondo lei ci va bene tutto?
I siti offerti dalla rete internet non sono sedi di dibattito, che per antica pratica necessitano di presenza e di nome proprio dei partecipanti. Dove c’è anonimato c’è sfogo, non critica. Ma non tutti sono succubi o indifferenti. Ci sono lotte civili dalla Val di Susa a Taranto. Ma è avvenuto nella nostra società un declassamento da cittadino a cliente. Cittadino è chi appartiene a una comunità di uguali, cliente è chi si trova isolato ed è valutato solo dal suo potere di acquisto. Ecco che istituti come la sanità e l’istruzione si sono degradati a servizi erogati da un’azienda. Ecco il cittadino degradato a cliente che può accedere solo se ha censo. Il cliente fa la fila alla cassa, il cittadino scende sottobraccio in piazza.
Cutro è stata una tragedia, secondo lei il governo ha avuto qualche parte in questo dramma e come ci si dovrebbe comportare con l’immigrazione?
La parte avuta dal governo la deciderà la magistratura che ha avviato l’inchiesta specifica. Il trattamento dei flussi migratori di questo governo è in linea coi governi precedenti, istigazione all’omissione di soccorso, finanziamento della pirateria libica, respingimenti illegali: metodi che degradano il personale incaricato e sono inefficienti sul piano pratico. Gli sbarchi di quest’anno sono già più del doppio dell’anno scorso.
Fausto Bertinotti in tv parlando della sconfitta della Schlein ha affrontato nodi centrali per lui sulla sinistra di oggi: in primis che non c’è più un rapporto sentimentale con il suo popolo, e che per quanto riguarda la tematica della guerra la sinistra oggi non si esprime sulla pace. Secondo lei è così?
Il sentimento che spetta a una sinistra è la fraternità. Non la vedo nemmeno nominata. La pace in tempo di guerra è un’idea di futuro. In questa guerra di Ucraina non si può essere neutrali, perché riguarda l’Europa prossima ventura.
Che cosa manca alla sinistra di oggi? E siamo sicuri che ci sia una sinistra oggi?
Da quanto risposto finora nego l’esistenza di una sinistra organizzata politicamente.
Non pensa che più che essere di destra il popolo italiano si sia stancato di una sinistra sempre divisa e che questo abbia influito sul non andare a votare?
C’è un astensionismo di sinistra. Non lo vedo inerte, indifferente, ma in attesa di un soggetto politico nuovo del tutto. Avrei preferito che Schlein avesse perso le primarie e fondato un suo partito con un personale del tutto nuovo. A capo invece di quell’organismo del quale non fa parte, ne è ostaggio.
Lei ha vissuto la guerra dell’ex Jugoslavia. Ultimamente ci sono stati di nuovo scontri in quei luoghi: c’è il pericolo che possa riesplodere di nuovo in un conflitto?
Non credo a una ripresa di ostilità su scala di conflitto in quell’area ristretta del Kossovo. La Serbia ha interesse vitale a entrare nell’Unione europea. Ha un rapporto storico sentimentale con il Kossovo come quello della Russia con l’Ucraina, pezzi di antico fondamento delle rispettive nazioni. Ma non può replicare cremlinerie.
Occupazione in Afghanistan: chi ci ha rimesso?
In Afghanistan ci hanno rimesso le penne tutti quanti, dagli Inglesi in poi. Oggi le condizioni di simili insensati interventi sono impraticabili. È iniziata l’epoca dei mercenari, subappalto di sopraffazioni.
Una signora ucraina durante un’intervista in tv disse che avevano paura di essere dimenticati e che “la gente si stanca della guerra”… noi come italiani secondo lei ci siamo già dimenticati di questa guerra?
La guerra stanca chi la vede da lontano. Chi ci sta dentro non si può permettere questo lusso. Da noi la guerra in Ucraina non sposta voti, gli italiani si occupano di affari interni. Abbiamo facilmente acconsentito a invio di contingenti militari in diverse aree remote di conflitti, superando con disinvoltura istituzionale l’articolo della Costituzione che non ce lo permette. Ma basta chiamarle missioni di pace ed ecco gabbato l’articolo: “ma in Ucraina in fondo spediamo solo materiali, non siamo coinvolti con corpi di spedizione…”
La fascia dei deboli e dei poveri in Italia è sempre più in aumento, alla fine il reddito di cittadinanza ha creato un polverone ma è stato solo modificato. È così difficile per il nostro Stato controllare chi ne ha diritto e chi no?
Il sostegno economico ai poveri e agli impoveriti è un’evidenza sociale. Lo chiamassero come preferiscono, lo Stato deve sostenere il reddito dei ceti deboli. Da noi ci sarà sempre chi lo percepirà abusivamente, ma questo non è un argomento per sopprimerlo. Sì, è difficile il controllo in un paese abituato a escogitare maniere di aggirare i controlli.
Perché secondo lei imputiamo allo straniero, a chi muore su un barcone il fatto che molti italiani non abbiano lavoro e che ci sia un aumento di delinquenza?
Questi sono argomenti di propaganda destituiti di fondamento, i lavori svolti dagli immigrati sono lasciati inevasi dagli italiani disoccupati. Ogni settore economico del nostro paese lamenta carenza di personale. Anche perché le paghe offerte sono inadeguate. Ma pure quando sono decenti manca manodopera. Fare ostruzionismo ai flussi migratori è puro autolesionismo economico. Per questo motivo gran parte delle persone che arriva attraversa soltanto l’Italia verso migliori opportunità.
Avrà letto della signora M: viveva alla stazione Termini in una “casa” di cartone, a 78 anni. Siamo diventati talmente egoisti da non avere la percezione del dolore e della disperazione altrui? Basta pensare a quante persone anziane sono costrette a vivere in mezzo alla strada.
Quello che non fa lo Stato, la rete di protezione, lo faceva la famiglia. Ma oggi la famiglia si disfa dell’anziano, lo chiude in ospizio, chiamato con delicatezza residenza per anziani. La donna di cui lei riferisce dev’essere stata ribelle a questa destinazione preferendo l’addiaccio al regime di caserma terminale.
Secondo lei la Schlein e il Pd dovrebbero allearsi con i Cinque stelle di Conte o sono incompatibili?
Sono incompatibili. Ma pure la Lega e Fratelli d’ Italia sono incompatibili, eppure hanno fatto la finta coalizione per approfittare del premio elettorale.
Che cosa non le piace di questo tempo che stiamo vivendo?
Non mi piace l’indifferenza. La considero un disturbo della percezione, un’incapacità sensoriale, prima che intellettiva. Perciò mi impegno a fare il contrario.
Perché le generazioni dei 50/sessantenni ce l’hanno tanto con quella dei ventenni?
Non ho questa sua impressione, ma è un mio deficit, non sono padre, nonno, niente so in via diretta della gioventù di adesso. Mi piace però che si occupi di futuro, che cerchi di salvarlo dall’asfissia delle fonti fossili, che sia attenta a nuovi stili di vita. È ancora minoranza, non ha raggiunto una sua massa critica. È per ora solo profetica.
Gli anziani in Italia vengono in molti casi abbandonati, in molte strutture poi vengono picchiati e torturati. In alcuni casi anche derisi, al supermercato, alle poste…non c’è più rispetto per loro. Eppure tutti arriveremo a quel tempo…
Siamo il paese con l’età media più alta del mondo, dopo il Giappone. Inoltre, abbiamo raddoppiato in un secolo la durata della vita. I vecchi ai quali appartengo di diritto sono troppo numerosi, una sciagura per l’ente erogatore di pensioni. C’è solo da chiedere un po’ di pazienza, presto toccherà ai giovani l’impresa. Ricordo la barzelletta del giovane che in un autobus dice in tono arrogante al vecchietto: “È brutta la vecchiaia, eh, nonnetto?”. E la risposta: “Brutta, sì, non te la auguro”.
Lei come vive i suoi anni?
È un’età sperimentale, nessuno è stato vecchio prima. La vecchiaia degli altri che mi hanno preceduto non mi è di nessun aiuto. Dunque, faccio esperimenti. Più attività fisica di prima, non meno, più varietà di alimenti, più giochi, più solidarietà civile. Per ora funziona, ma il saldo avviene giorno per giorno.
La letteratura in Italia ha un peso o ormai tutti scrivono libri su tutto e si fa confusione nel definire qualcuno scrittore?
Non faccio il difficile sul nome di scrittore, non comporta iscrizione a un albo né abilitazione in seguito a concorso. Quanto alla letteratura ha un peso strettamente personale, nessun peso politico. Per me, più lettore che scrittore, ha un’importanza festiva.
“Anche io ho avuto queste idee…quand’ero giovane come Lei. Eppoi mi sono convinto che il mondo è una bestia” (James Joyce, Ulysses). La trova una riflessione in cui può rispecchiarsi?
Non mi sono dimesso dalla lealtà che devo al giovane uomo che sono stato negli anni 70, al suo impegno nella sinistra rivoluzionaria di allora. Sono rimasto il suo seguito, anche se non ho più intorno quella enorme comunità politica. La frase di Joyce non mi riguarda.
Erri De Luca uomo cosa direbbe alle future generazioni e cosa invece direbbe Erri De Luca scrittore?
Non parlo alle generazioni, ai posteri. Posso qualche volta parlare con chi ho davanti. Qualunque età è mia coetanea, vivo nello stesso momento di un centenario e di un neonato. Non ho frasi da applicare alle diverse età. Posso parlare solo a una persona per volta, attraverso le pagine o in un incontro pubblico. Anche se ci sono diverse persone io sento di rivolgermi a una sola.