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Giulia Tramontano racconta la sua morte: l’ultimo sciacallaggio del dolore virale su TikTok

Giulia Tramontano racconta la sua morte: l’ultimo sciacallaggio del dolore virale su TikTok

Se potessimo entrare nella casa in cui è morta Giulia Tramontano, 29 anni e una gravidanza al settimo mese; se potessimo assistere all’omicidio, alle almeno 27 coltellate che hanno ucciso una giovane donna, scagliate dal compagno reo confesso Alessandro Impagnatiello che ha poi trasportato il cadavere e lo ha occultato e ha provato a dargli fuoco e ha denunciato la scomparsa della ragazza; se potessimo, davvero vorremmo esserci, ci entreremmo in quella casa, si placherebbe la sete di macabro e di dolore? A giudicare da quello che si vede su TikTok tanti, presumibilmente, ci entrerebbero. A giudicare almeno da quello che si vede su una pagina creata neanche un mese fa che sta macinando follower e visualizzazioni.

Su Lastoriavive – 45mila follower, 570mila mi piace – si può vedere Giulia Tramontano che racconta in prima persona la sua tragedia, la violenza, l’omicidio, i dettagli più o meno precisi. E non solo Giulia Tramontano, anche Elisa Claps, Pietro Maso, Melania Rea, Willy Monteiro Duarte, Denise Pipitone, Yara Gambirasio, Sara Scazzi, Maddie McCann. Grazie alla tecnica dell’intelligenza artificiale e del deepfake i volti dei protagonisti – delle vittime soprattutto – ripercorrono in primo piano il loro caso. “E se la storia prendesse vita? Per non dimenticarli”. Emoji e almeno due storie al giorno, si legge nella bio.

La pagina aveva cominciato con personaggi noti. Dalla Regina Elisabetta a Rosa Parks, da Peppino Impastato a Bruce Lee, da Khaby Lame a Lady Diana. La pagina ha via via intrapreso una deriva sempre più grottesca. I protagonisti dei video sono diventati le vittime di casi di cronaca nera, truculenti o irrisolti, che hanno sconvolto gli italiani, che sono entrati nelle case con frequenza e risonanza morbosa. Nessuna profondità, zero tecniche narrative da no fiction, testi presumibilmente tratti dall’IA, a sangue freddo e senza alcuna grazia.

Casi lunghi anni, alcuni ancora senza soluzione, al centro di indagini e processi lunghissimi, spesso interessati da stravolgimenti clamorosi e giudiziariamente complessi, ricostruiti in pochi minuti. Il caso di Denise Pipitone è presentato come “l’omicidio di Denise Pipitone” ma la bambina di quasi quattro anni è scomparsa da Mazara del Vallo nel settembre 2004 e non se n’è saputo più niente. La madre ancora oggi si spende notte e giorno nella speranza che la sua bambina sia ancora viva.

Una galleria degli orrori, un senso del grottesco assoluto che viene da chiedersi il perché: perché – ci piacerebbe chiedere agli ideatori – interrogare la tecnologia, l’intelligenza artificiale per far parlare delle persone trucidate? Come se non bastasse l’informazione, l’infotainment che riempie di pornograf*a del dolore media e palinsesti per ore accanendosi sui particolari, edulcorando il mostro di turno. Il critico letterario Matteo Marchesini ha scritto che dopo il crollo delle grandi ideologie la cronaca nera è diventata la vera Weltanschauung, una maniera di intuire e concepire il mondo. Deve essere così ma forse non solo così. A scorrere i commenti si leggono parole emozionate, commozione ed empatia. Non siamo mai sazi.