Il governo nel mirino
L’Anac bacchetta il governo Meloni su ponte sullo Stretto, codice appalti e Pnrr
"Si tratta solo dell’inizio del percorso: l’Italia dovrà presto dimostrare all’Europa, e soprattutto a sé stessa, di saper gestire adeguatamente la fase dell’esecuzione contrattuale”.
L’Anac bacchetta il governo su Pnrr, Codice degli appalti e Ponte sullo Stretto. Nella relazione annuale, il presidente dell’Anticorruzione, Giuseppe Busia, rileva troppe eccezioni, deroghe pericolose per gli appalti invitando poi a rivedere alcune misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sul Ponte sullo Stretto, infine, evidenzia un eccessivo rischio per la parte pubblica. Il ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, dal canto suo, difende il progetto definendo “infondate” le preoccupazioni dell’Authority e ricordando che nel Codice degli appalti ci sono “garanzie a tutela della legalità e del corretto utilizzo dei fondi pubblici”.
Il ministero ricorda anche che “sarà sottoscritto il Protocollo Legalità che garantisce procedure di controllo ancora più efficaci”. M5S e Pd si schierano con l’Anticorruzione condividendone le preoccupazioni. Il presidente dell’Anac, presentando il rapporto nella sede della Camera, affronta tanti dei temi in cima all’agenda politica e chiede che non ci siano “passi indietro” nella lotta alla corruzione. Messaggi che suonano, almeno in parte, come critiche al governo, che si appresta tra l’altro ad abrogare l’abuso d’ufficio e a modificare il traffico di influenze illecite. La polemica sulla cancellazione dei controlli concomitanti della Corte dei conti sul Pnrr è ancora aperta, Busia ha già detto di non ritenere che eliminando quella norma il governo abbia violato regole europee, ma torna a ribadire l’importanza dei controlli.
Il Pnrr “deve essere terreno condiviso, sottratto alla dialettica politica di corto respiro”, ammonisce. E “precondizione” perché questo accada è “la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti”, utile anche ad evitare che la montagna di risorse, “oggetto di appetiti della criminalità e del malaffare”, finisca in “mani sbagliate”. Centrale anche la rinegoziazione di alcune misure del Piano. Perché se le riforme previste sono “indispensabili ed esigono un rapido completamento, non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei, per i quali pure il nostro Paese registra da sempre ritardi e sprechi inaccettabili”. I richiami più diretti all’esecutivo sono sul Ponte e sul Codice degli appalti.
Nel dl sull’opera pubblica che collegherà Sicilia e Calabria, c’è “uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi”, avverte Busìa, lamentando che proposte emendative presentate dall’Anac per correggere questa stortura non siano state accolte dal governo. Le maggiori critiche si appuntano però alle nuove norme sugli appalti che entreranno in vigore il primo luglio.
“La deroga non può essere la regola” avverte il presidente dell’Anticorruzione, che poi punta l’indice su quelle che definisce le “scorciatoie foriere di rischi”: come l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a cinque milioni di euro. Busìa denuncia anche i pericoli del subappalto a cascata, lo svuotamento di fatto dell’ingresso di donne e giovani negli appalti Pnrr, e la mancata introduzione nel nuovo codice dell’obbligo di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa, come richiesto dall’Anac.
Chiede la “drastica riduzione” delle 25.600 stazioni appaltanti e segnala i rischi che derivano dalla scarsa concorrenza nel settore degli appalti delle grandi opere, “con gli affidamenti più rilevanti dominati da un unico, grande gruppo imprenditoriale”. La relazione è ricca di dati. Il più rilevante è il boom nel 2022 degli investimenti nel settore dei contratti pubblici, con volumi doppi rispetto al 2018 e un + 39% rispetto al 2021. Un aumento che “risente, senza dubbio, degli investimenti legati al Pnrr”, spiega l’Anac, invitando a restare con i piedi per terra, perchè si “tratta solo dell’inizio del percorso: l’Italia dovrà presto dimostrare all’Europa, e soprattutto a sé stessa, di saper gestire adeguatamente la fase dell’esecuzione contrattuale”.