La segreteria del Nazareno
Elly Schlein prova a tenere unito il partito che scalpita
“Mobilitazione sui grandi temi sociali, dalla scuola al lavoro”. Elly prova a tenere unito il partito che scalpita, e non le risparmia velate critiche
Politica - di David Romoli
“Riannodare i fili”. “Uscire dall’angolo”. “Passare a una vera agenda alternativa”. In segreteria, ambiente fondamentalmente amico, Elly Schlein si prepara a giocare d’anticipo nella Direzione di lunedì, sede molto meno confortevole. È una segreteria fiume, prosegue per oltre 4 ore, chiedono di parlare un po’ tutti ma in un clima che tutti definiscono tra il buono e l’ottimo. Anche perché la segretaria anticipa le possibili critiche. “Il Pd non è una bad company e non sarà un movimento. È e resterà un partito”, assicura.
La segretaria sfiora anche il tema nevralgico della collegialità, il senso di quel “riannodare i fili” che è il suo mantra da qualche giorno è questo. “Non ci metterò la faccia solo io”, prova a tranquillizzare e promette di dare voce a tutti: “bisogna saper essere un partito plurale ma non cacofonico”. Ma queste, nella migliore delle ipotesi sono buone intenzioni. Per uscire dall’angolo ci vuole qualcosa in più e per Elly si tratta di passare dalla denuncia alla proposta. La strategia che illustrerà lunedì alla direzione passa per il saper imporre una propria agenda sui temi sociali, alternativa a quella di Giorgia Meloni e del governo: sanità, scuola, lavoro, Pnrr.
Una mobilitazione che dovrebbe essere in grado di coniugare la mobilitazione nelle piazze e quella in Parlamento ma soprattutto a dare il senso di un progetto credibile e non solo di una protesta movimentista. La segretaria intende così serrare le file delle aree del Pd che la hanno appoggiata nelle primarie, rispondendo alle sollecitazioni di Zingaretti ma anche di Orlando che ieri in un’intervista le aveva offerto ampia copertura, “Le primarie hanno assegnato alla segretaria un compito difficile che non si esaurisce in tre mesi. Se fallisse questa aspettativa sarebbe un problema anche per chi non ha appoggiato Schlein”, ma la sua frecciata, sia pure cospargendola di miele, la aveva tirata anche lui: “Finora c’è stata una giusta riproposizione dei temi con atti simbolici. Ora bisogna trasformare quest’agenda in un’azione politica nel Paese”.
Ma fra i temi in agenda e che certamente emergeranno nella direzione di lunedì ce ne sono alcuni che non possono essere addomesticati con impegni e ottime intenzioni, la guerra su tutti. Il voto di Bruxelles su Asap, la norma che consente agli Stati di attingere al Pnrr per produrre armi e munizioni per Kiev, si ripeterà in luglio a Strasburgo, in seduta plenaria. La segretaria è tra due fuochi e stavolta difficilmente potrà cavarsela rimettendo la decisione agli europarlamentari. La minoranza, che proprio in luglio confluirà in una sorta di “correntone” moderato guidato da Bonaccini, rinfaccia alla segretaria il tentativo, fatto fallire dagli europarlamentari, di astenersi sulla legge. I seguaci della segretaria non hanno apprezzato l’ammutinamento degli europarlamentari che hanno costretto la segretaria a ritirarsi in buon ordine.
Da stasera, poi, nel Pd, ci sarà un’area, per non dire una corrente in più. A Napoli l’assemblea nazionale di Art. 1, il gruppo fondato dagli ex leader del Pd scissionisti nel 2017, deciderà il ritorno a casa, capitanato da Roberto Speranza. Non rientreranno i padri fondatori, come Bersani e D’Alema, che santificano il rientro e sostengono a spada tratta Elly però dall’esterno. Come da tradizione della sinistra la scissione rientrata sarà accompagnata da una nuova scissione, quella della minoranza di Art. 1 contraria al rientro e guidata dal segretario regionale della Toscana.
Per ora i nuovi scissionisti si chiamano “Verso il partito del lavoro”, ma si tratta di un nome provvisorio, e come primo atto meditano di denunciare Speranza, accusandolo di non aver rispettato lo Statuto. Tra Art. 1 e le “forze fresche” arrivate ai vertici del Pd con Elly ci sono somiglianze ma anche differenze. Per la minoranza però a prevalere saranno soprattutto le prime, tanto più che i bersaniani sono da sempre tra quelli che più spingono per un’alleanza politica e strutturale, non solo elettorale, con il M5s di Conte. Il loro arrivo rafforzerà la segretaria ma aumentarà anche le tensioni serpeggianti nel partito.