L'affermazione della premier
Meloni scambia lo Stato di diritto per una brochure progressista…
Nessuna regola italiana o europea impedisce a qualsiasi governo di assumere politiche “di destra”, ma nessun governo può pretendere di sottrarsi allo Stato di diritto italiano ed europeo in omaggio alla propria specificità autarchica
Politica - di Iuri Maria Prado
“È possibile”, si domanda Giorgia Meloni, “che lo Stato di diritto sia un modo per tentare di colpire governi che sono considerati distonici rispetto a un certo mainstream?”. La presidente del Consiglio si è interrogata in questo modo l’altro giorno, nel corso di un’intervista a Bruno Vespa: ed evidentemente non era un quesito in attesa di risposta, ma un’affermazione e una denuncia. Lo Stato di diritto, per Giorgia Meloni, è una specie di categoria ideologica agitata non si sa bene da chi (il “mainstream”), e rimessa a molestare il libero corso di politiche nazionali sgradite alla perfidia apolide indispettita per l’avanzata delle destre.
C’è un elemento di buona fede – dovuto a un notevole difetto culturale – in quel discorso di Giorgia Meloni. Lei, semplicemente, non sa che cosa sia lo “Stato di diritto”: pensa che sia un vago complesso di leggi buone, democratiche, insomma la traduzione normativa di un orizzonte valoriale esposta però ad invocazioni strumentali e ad applicazioni pretestuose. Per esempio, appunto, ai danni di governi che, come quello italiano, si porrebbero in modo “distonico” (ha detto così…) rispetto a quella roba là, il “mainstream”.
Ma lo “Stato di diritto” non c’entra proprio niente con tutto questo. Lo “Stato di diritto” è un sistema che subordina tutti, e dunque anche sé stesso, alla propria legalità. Nient’altro. Per capirsi: se l’Italia, come succede spesso, è condannata per il mancato rispetto dei diritti degli indagati e dei detenuti, ciò non avviene perché al nostro Paese sono opposte strane istanze perdoniste, ma perché il nostro Paese contravviene allo stesso sistema legale cui appartiene.
Ancora: a farci le pulci perché trasformiamo in prigioni i centri di accoglienza degli immigrati, applicando loro un regime sostanzialmente carcerario, non è la cospirazione internazionale e usuraia che vuole imporre la sostituzione etnica e corrompere la nostra radice cristiana, ma il sistema di leggi cui apparteniamo e rispetto al quale, in quel modo, ci poniamo in violazione. E se c’è un problema italiano è proprio questo: il sistematico ammaloramento dello Stato di diritto, in una situazione ormai connaturata di insubordinazione del Paese alla propria legalità ogni qual volta l’ennesima emergenza sia chiamata a giustificare il venir meno dell’Italia ai propri obblighi.
Nessuna regola italiana o europea impedisce a qualsiasi governo di assumere politiche “di destra”, ma nessun governo può pretendere di sottrarsi allo Stato di diritto italiano ed europeo in omaggio alla propria specificità autarchica (“distonica”, la chiama Giorgia Meloni, e pazienza). Lo Stato di diritto, che la presidente del Consiglio scambia per una brochure progressista, è anzi ciò che qualsiasi governo, di destra o di sinistra, dovrebbe tenere a criterio della propria azione. Quel che lascia intendere Giorgia Meloni è che lo Stato di diritto rischia di essere l’espediente per conculcare il diritto della maggioranza di governare “bene”. Col corollario che, a fin di bene, lo Stato di diritto può anche essere accantonato.