L'ultimo segretario dei Ds
Intervista a Piero Fassino: “Berlusconi avversario di sempre ma mai nemico”
“Berlusconi si è presentato come l’uomo della rivoluzione liberale che però non c’è stata"
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Una riflessione storico-politica che s’intreccia con ricordi personali dei suoi incontri, da segretario dei Ds, con il Cavaliere. Silvio Berlusconi raccontato da un suo avversario, deciso ma leale: Piero Fassino.
Cosa ha rappresentato Silvio Berlusconi nella storia di questo Paese?
Il primo sentimento è di cordoglio e di solidarietà e vicinanza alla sua famiglia e al suo partito. Silvio Berlusconi è stato per trent’anni un protagonista della storia italiana. Da quando nel ’93-’94 fece la famosa discesa in campo fino ad oggi. E’ l’uomo che ha sdoganato la destra. Fra primi suoi atti ci fu lo sdoganamento di Alleanza Nazionale e di Fini. Ha costruito le condizioni perché la destra potesse raccogliere nel Paese un consenso maggioritario e assumere la guida dell’Italia, cosa che dal ’45 fino alla fine del ‘900 non era mai avvenuto. Lo ha fatto, prima facendo di Forza Italia il porto sicuro di un vasto elettorato orfano della DC e dei partiti del pentapartito travolti da Tangentopoli, poi dando credito e sostenendo l’espansione della Lega e infine facendosi garante dell’accesso di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni alla guida del nostro Paese. Naturalmente una lettura obiettiva e non agiografica non può celare i limiti di un’azione politica che spesso non ha realizzato quel che prometteva.
Vale a dire?
Berlusconi si presentò come l’uomo della “rivoluzione liberale”. Possiamo ben dire che la rivoluzione liberale in questo Paese non c’è ancora stata. E peraltro il conflitto di interessi che ha accompagnato l’intera traiettoria politica di Berlusconi una cultura liberale. Così come non è certo coerente con una cultura liberale l’infedeltà fiscale per cui è stato condannato. Ha promesso un rilancio dello sviluppo e della crescita del Paese – la famosa promessa di un milione di posti di lavoro in più – che in realtà non solo non è stata realizzata, ma anzi i governi Berlusconi si sono caratterizzati per aver aumentato a dismisura il debito pubblico e trascinato l’Italia in una crisi finanziaria in cui profonda, al punto che nel 2011 proprio il rischio concreto di un collasso finanziario dell’Italia, lo costrinse alle dimissioni. Così come non possiamo dimenticare i suoi due mantra, che ha giocato in ogni campagna elettorale nel rapporto con l’opinione pubblica, che sono stati la casa e il fisco. La casa, evocando quella che Verga chiamava la “roba”. E il fisco demonizzato quasi come un sopruso. E’ di Berlusconi la formula “le mani dello Stato in tasca agli italiani”, quasi a prefigurare che la fiscalità fosse una specie di esproprio, ingiusto e iniquo da parte dello Stato. Sono le ragioni per cui lo abbiamo avversato duramente, perché queste sue posizioni le consideravamo e le consideriamo tuttora sbagliate. Così come abbiamo avversato il suo iniziale anti europeismo. Negli ultimi anni Berlusconi ha conosciuto una conversione verso un atteggiamento europeista più consapevole, datogli dal fatto che era partecipe della vita del Ppe. Tuttavia non possiamo dimenticare che nei primi anni di governo a sua guida, Berlusconi fece della polemica contro l’Europa uno dei mantra della sua azione politica. Anche lì usò una formula che ci siamo sentiti ripetere innumerevoli volte…
Quale era questa formula?
“Quante cose potremmo fare in più se non ci fosse l’Europa a impedirlo”, trasmettendo agli italiani l’idea che l’Europa fosse non una opportunità ma un vincolo, un peso, un danno. Riconoscere che è stato protagonista della vita politica degli ultimi trent’anni, riconoscere che il suo risultato politico è stato sdoganare la destra, non può’ tradursi in una lettura agiografica di Berlusconi. E’ doveroso mettere in evidenza anche quelli che, almeno dal punto di vista di chi non ha condiviso le sue idee, sono stati i limiti della sua azione politica. Detto questo, è stato un avversario leale e franco. Io da segretario dei Ds ho avuto con lui molti incontri, molti di più di quelli che erano conosciuti, essendo del tutto normale che il segretario del principale partito del centrosinistra e il leader di Forza Italia, avessero una interlocuzione. Ogni due mesi con i buoni uffici di Gianni Letta, noi c’incontravamo a casa di Letta o in altre sedi per confrontare le nostre posizioni.
Ricordi personali da raccontare a L’Unità?
Ovviamente partivamo da posizioni molto lontane. Questi colloqui non riducevano le nostre distanze, ma consentivano a ciascuno dei due di conoscere e comprendere meglio le ragioni dell’altro, il che in politica è sempre utile. In questi non pochi momenti d’interlocuzione, ho conosciuto un uomo leale e rispettoso. Verso di me poi lui aveva, è un ricordo personale che gli devo, una considerazione e una stima che lo portò a dire in una intervista pubblica, che avrebbe voluto avere come ministri Bersani e Fassino, di cui apprezzava il pragmatismo, la concretezza e il riformismo. Questa stima non gli ha però impedito di essere un avversario brutale, come quando volle istituire la Commissione Telekom Serbia (che poi si rivelò una montatura) e quando il Giornale pubblicò illecitamente mie conversazioni sulla vicenda Unipol/Monte Paschi (e per quella pubblicazione illecita Paolo Berlusconi fu condannato a un risarcimento.
Oltre la politica, Silvio Berlusconi è stato molte altre cose.
È stato uno straordinario protagonista dello sport italiano, con il Milan che ha portato a vette mai raggiunte prima, in Italia, in Europa, nel mondo. E più recentemente con il Monza. Un appassionato vero. Non soltanto un tifoso ma, da decisionista qual era, un “allenatore ombra” con istruzioni agli allenatori sugli schemi di gioco. E’ stato un protagonista del mondo imprenditoriale. È con Berlusconi – e il sostegno di Craxi – che in Italia il mercato televisivo conosce la compresenza di televisione pubblica e televisione privata, cambiando anche il modo di essere della produzione televisiva e del suo consumo. Oltre che essere stato un imprenditore di successo nel settore immobiliare. Da ogni punto di vista è stato uomo di grande dinamismo che, avendo una grande considerazione di sé, si buttava in ogni impresa anima e corpo, con una capacità di realizzazione che ne ha fatto uno dei principali imprenditori del Paese e uno degli uomini più ricchi, non solo dell’Italia.
Berlusconi è stato anche l’inventore di Forza Italia…
Non solo l’inventore. Ne è stato il costruttore e l’identità stessa di Forza Italia. Di Forza Italia nessuno ha mai conosciuto il programma, ne’ il sistema di valori. Forza Italia era Berlusconi. E lui ha incarnato questa identificazione totale da quando ha fondato quel partito ad oggi.
E adesso Forza Italia senza il suo creatore e demiurgo?
Questo si vedrà. Nessuno può saperlo a priori. Nel momento in cui Berlusconi viene meno, Forza Italia sarà chiamata a ridefinire il suo profilo, la sua identità, la sua leadership, il suo modo di stare nella politica italiana e in quella europea. Sarà unica delle incognite dei prossimi mesi, tanto più che ci avviciniamo alle elezioni europee, in cui il grande tema è se l’esito di queste elezioni, che si svolgono con un sistema proporzionale, sarà quello di vedere un’affermazione del Ppe e dei conservatori che li porti dopo il voto a stringere alleanza.
Per tornare al Berlusconi internazionale. Le sue ultime posizioni sulla guerra in Ucraina hanno fatto molto discutere.
Questo è stato un altro punto di grande ambiguità. Il suo rapporto con Putin ha reso evidente come Berlusconi non avesse remore a stabilire legami stretti anche con autocrati. Il suo atteggiamento ambiguo verso la guerra in Ucraina è stato molto condizionato dal rapporto con Putin. E anche in politica estera, il suo atteggiamento è stato ambivalente. Certamente è stato un atlantista, mentre fu molto meno europeista, se non negli ultimi anni, e non disdegnava rapporti con regimi autocratici non vedendo in quei regimi una insidia per la democrazia.
Di Berlusconi mi ha detto. Ma cos’è stato, alla fine, il “berlusconismo”?
Quando vinse le elezioni la prima volta, un giornale inglese mi chiese quale era, a mio avviso, il profilo di Berlusconi. Risposi: Berlusconi non crede nel valore fondamentale della prima Repubblica, e cioè il primato dell’interesse generale, e agirà a vantaggio invece del libero campo a tanti interessi particolari, in una corporativizzazione della società che è l’esatto contrario di una società liberale.