L'ex leader della Cgil

Intervista a Sergio Cofferati: “Quando sconfiggemmo Berlusconi con tre milioni di persone in piazza…”

In quegli anni di conflitto così aspro i rapporti istituzionali restano intatti. Opinioni diversissime, rispetto reciproco

Interviste - di Umberto De Giovannangeli - 14 Giugno 2023

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Intervista a Sergio Cofferati: “Quando sconfiggemmo Berlusconi con tre milioni di persone in piazza…”

Negli anni duri dello scontro sociale, della lotta di classe se il concetto non spaventa, sono stati sulle due sponde opposte della barricata. L’uno, presidente del Consiglio. L’altro, leader della più grande organizzazione sindacale. Una vita nel sindacato, nella Cgil, della quale è stato segretario generale dal giugno 1994 al settembre 2002, promotore della più grande manifestazione di piazza nella storia della sinistra italiana del dopoguerra. Io e Berlusconi: la parola a Sergio Cofferati.

Da leader della Cgil che ricordo ha di Silvio Berlusconi presidente del Consiglio in anni dove fortissimo era lo scontro sociale e piazze si riempivano di milioni di lavoratori?
Opinioni diversissime, rispetto reciproco. Sui temi economici e sociali, l’impatto che Berlusconi e i suoi governi ebbero fu negativo. Pesantemente negativo. Di “Circo Massimo” ce ne sono stati due, non uno. Siccome il secondo era più grande del primo, è quello che è passato alla storia.

Andiamo in ordine temporale.
Il primo “Circo Massimo” è quello del 1994. Berlusconi era diventato Presidente del Consiglio da poco tempo, io ero diventato da poco tempo Segretario generale della Cgil. Il primo incontro-scontro è quello sulle pensioni, perché Berlusconi presentò il decreto che stravolgeva il sistema previdenziale. C’è la reazione dei sindacati, ci sono iniziative molto ampie, anche scioperi spontanei in tanti territori del Paese. Una reazione molto forte e inaspettata da parte loro.

Perché inaspettata?
Appena insediati al governo pensavano di poter avere il consenso di quelli che li avevano votati per fare delle cose che invece, come i fatti hanno dimostrato, non piacevano affatto ai loro elettori. Ad esempio, la cancellazione della possibilità di andare in pensione con 35 anni di contributi, che riguardava prevalentemente il lavoro produttivo e l’industria, ai freschi elettori di Bossi non piaceva neanche un po’. Tant’è che nei territori dove la Lega Nord di Bossi ha avuto molti voti c’era una partecipazione alla lotta altissima. Noi facciamo una manifestazione, in questo caso era unitaria, assai rilevante per le dimensioni. Facciamo tre comizi in tre piazze diverse di Roma. A Piazza del Popolo, dove parla Larizza (Segretario generale della Uil, ndr). Piazza San Giovanni dove parla D’Antoni (Segretario generale della Cisl, ndr). E a Circo Massimo, dove parlo io. Una manifestazione enorme, alla quale segue un incontro a Palazzo Chigi, all’inizio di dicembre. Noi avevamo già proclamato un nuovo sciopero generale. In quell’incontro Berlusconi si convince a ritirare il decreto sulle pensioni. Ma non basta. Perché di lì a qualche giorno, in Aula, la Lega ritira la fiducia al governo e il governo cade. Il primo impatto di Berlusconi presidente con i temi sociali, e le loro conseguenze economiche, è molto duro e negativo.

Poi cosa successe?
Dopo qualche mese, con il governo Dini che era subentrato a Berlusconi, facciamo l’accordo sulle pensioni. Dini era stato ministro nel governo Berlusconi. L’inizio fu molto duro che finisce addirittura con la caduta del governo Berlusconi. Anni dopo, quando Berlusconi ritorna al governo, su sollecitazione anche della Confindustria dell’epoca, apre il capitolo dei diritti. Il Libro bianco, con l’ambizione della cancellazione di diritti individuali e collettivi che erano stati sanciti, sul piano legislativo, nel 1970 dallo Statuto dei lavoratori. Anche in questo caso c’è la reazione sindacale. Purtroppo non è una reazione unitaria, o almeno l’unità che c’era non è sufficiente per promuovere iniziative insieme. Cisl e Uil prendono le distanze dall’ipotesi di una risposta forte. E la risposta la promuove e la gestisce la Cgil. In un sabato, porta a Roma in una manifestazione 3 milioni di persone. Anche questo ferma l’azione del governo di Berlusconi rivolta a cancellare delle norme molto importanti per i lavoratori. Nella sua attività di governo, sul versante delle politiche economiche e sociali, Berlusconi non raccoglie risultati, aggiungo io per fortuna. La seconda volta del Circo Massimo avviene in una situazione drammatica…

Ricordiamola.
Qualche giorno prima era stato ucciso Marco Biagi. Prima di lui erano stati uccisi D’Antona e Tarantelli, intellettuali di alto profilo che si occupavano anche di politiche del lavoro. Sull’uccisione di Biagi nasce una polemica del tutto strumentale e indecorosa che ha come fondamento quello di addossare ai comportamenti sindacali della Cgil quel folle esercizio di violenza. In quegli anni caratterizzati da un aspro e rilevantissimo scontro sociale, c’è da dire che i rapporti istituzionali rimangono intatti. Opinioni diversissime, quasi sempre in antitesi, e rispetto reciproco. Contrariamente a quello che leggo e che sento, sono dell’opinione che in quegli anni, dal ’94 al primo decennio del Duemila, c’è un limite profondo nell’azione di governo e politica di Berlusconi.

Qual è questo limite?
Quello di non proiettare adeguatamente l’Italia nel campo europeo. La globalizzazione è il grande tema nella politica dei singoli Paesi. Ma il come affrontare gli effetti della globalizzazione non diventa argomento politico rilevante in Italia. Ragione per la quale in Europa la straordinaria ipotesi di Jacques Delors non trova le fondamenta necessarie, e prevalgono, anche con il consenso in molti Paesi del centro politico, le tesi di Tony Blair che sono quelle della imitazione del modello globale, la “Terza via” per chiamarla come la definirono allora. Per cui non solo non ci furono politiche nazionali adeguate, ma ci fu anche una lontananza dall’Europa. Il che chiama in causa la “distrazione” di Berlusconi, ma riguarda ancora di più la sinistra che asseconda Blair e non Delors.

Cosa è stato per Sergio Cofferati il “berlusconismo”, con la sua visione del mondo, delle relazioni umane e sociali, dei modelli e stili di vita da plasmare?
I suoi comportamenti, le sue abitudini, il suo stile di vita avevano poco a che spartire con me come persona e anche del mondo che rappresentavo. Diciamo che si comportava da ricco possidente. Per i ceti popolari non poteva essere un modello di riferimento. Quel modello non ha avuto influenza su quello che era il sindacato, il mondo sindacale.

E invece sui costumi del Paese?
Un qualche tentativo di imitazione ci fu. Però anche lì non direi che ci sia stato un radicamento, anche se è evidente che con il sistema comunicativo che era esploso, soprattutto in virtù della crescita dello strumento-televisione, molte persone potevano vedere come cambiava la società o come la televisione di Berlusconi voleva far intendere quel cambiamento. Si è detto, con qualche ragione, che attraverso il suo impero mediatico, Berlusconi ha trasformato lo spettatore in elettore e viceversa. C’è del vero in questa considerazione. Resto però convinto che il “fenomeno Berlusconi” non abbia avuto grandi pratiche imitatorie, e anche qui aggiungerei per fortuna.

Quanto ha pesato nel costruire la forza di Berlusconi la debolezza, di visione e non solo di pratica politica, della sinistra?
Ha pesato, eccome se ha pesato. Anche perché il tema che la sinistra, non solo allora ma anche oggi, non ha adeguatamente affrontato e tanto meno risolto, è quello della cultura. Della cultura nel senso esteso del termine. La cultura nella politica: cultura vuol dire conoscenza e capacità di valutazione. E poi la cultura della vita: la vita sociale. Troppe persone vengono coinvolte nel guardare al banale e poco stimolate a ricercare il bello e la conoscenza.

Da questo punto di vista si può dire, per usare una categoria gramsciana, che la sinistra ha perso la battaglia per l’egemonia culturale nei confronti della destra, “berlusconiana” e non?
Persa la battaglia, no. Arranca. Persa no perché finché c’è vita c’è speranza. Indubbiamente hanno pesato in negativo alcuni vuoti, in alcuni momenti la sinistra ha arrancato di brutto. E continua a farlo, purtroppo. Ma dall’altra parte del campo politico, nella destra, c’è molta immagine ma non c’è sostanza. Vengono messi in campo ripetutamente modelli imitativi l’uno dell’altro ma che non hanno qualità.

Oggi tutti sono alla ricerca di un erede del Cavaliere.
Io non vedo la possibilità nel loro campo, da parte loro, di trovare un erede di Berlusconi. Sul piano della persona, un imprenditore che si espande enormemente nel sistema della comunicazione è un fenomeno difficilmente imitativo. Forse gli conviene cercare il nuovo.

14 Giugno 2023

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