La strage di migranti
Intervista a Edith Bruck: “Potevano salvarli ma non lo hanno fatto”
Sulla strage di migranti nell’Egeo parla la scrittrice reduce dai campi di sterminio nazisti: “Risparmiateci le vostre lacrime di coccodrillo, voi che chiudete i porti, che costruite muri. Voi che potevate salvarli e non lo avete fatto”
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
“La crudeltà dell’indifferenza” di fronte alle tante “piccole Shoah” che si susseguono nel Mediterraneo. La parola a Edith Bruck. Di origine ungherese, Edith Bruck è nata in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944, poco più che bambina, il suo primo viaggio la porta nel ghetto del capoluogo e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta alla deportazione, dopo anni di pellegrinaggio, approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua.
Nei suoi libri ha reso testimonianza dell’evento nero del XX secolo. Ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in più lingue. Tra le sue opere pubblicate in Italia ricordiamo: Chi ti ama così (Marsilio 1994), L’amore offeso (Marsilio 2002), Lettera da Francoforte (Mondadori 2004), Specchi (Storia e Letteratura 2005), Andremo in città (L’Ancora del Mediterraneo 2006), Quanta stella c’è nel cielo (Garzanti 2009), Privato (Garzanti 2010), Mio splendido disastro (Lampi di Stampa 2011), La donna dal cappotto verde (Garzanti 2012), Quanta stella c’è nel cielo (Garzanti 2014), Il sogno rapito (Garzanti 2014), Signora Auschwitz. Il dono della parola (Marsilio 2014), Chi ti ama così (Marsilio 2015), La rondine sul termosifone (La Nave di Teseo, 2017), Versi vissuti. Poesie (1975-1990) (Eum, 2018), Ti lascio dormire (La Nave di Teseo, 2019), Il pane perduto (La Nave di Teseo, 2021, vincitore del Premio Strega) giovani), Tempi (La Nave di Teseo, 2021) e Lettera alla madre (La Nave di Teseo, 2022). E il più recente Sono Francesco (La Nave di Teseo), in cui Edith Bruck scrive del suo incontro con Papa Francesco. All’Unità affida considerazioni che emozionano. E fanno riflettere su un mondo che guarda altrove. Un mondo che ha perso l’umanità.
Signora Bruck, nel Mediterraneo, a largo delle coste greche, si è consumata una ecatombe. Il Mediterraneo è diventato un immenso “cimitero”. Che cosa ci racconta questo “Mare della Morte”?
Che siamo degli indifferenti. Siamo degli egoisti, che non li vogliamo. Non li vuole nessuno, non soltanto l’Italia. La Grecia, la Francia, nessuno. Non importa niente di loro. Sono addolorata e al tempo stesso indignata. E vorrei dire una cosa dal profondo del mio cuore…
Cosa, signora Bruck?
Per pietà, risparmiateci le vostre lacrime di coccodrillo. Voi che potevate salvare quelle vite umane e non lo avete fatto. Voi che continuate a costruire muri, sbarrare porti, a considerare questa povera gente un peso, un fardello di cui liberarsi. Chi mostra di non avere un briciolo di umanità non può mostrare pietà. È come uccidere una seconda volta queste persone. È offendere la loro memoria, dopo aver tolto loro la vita.
Si può dire che in questo mondo sempre più ingiusto e diseguale, si fa anche una gerarchia degli orrori e delle sofferenze?
Questo mondo diventa sempre peggiore e l’uomo non migliora, anzi peggiora. Questa è la tragedia dell’umanità. Perché non impara nulla di nulla. Può accadere qualsiasi cosa, anche la peggiore, ma è come se non avvenisse. Hanno narcotizzato le nostre coscienze. Si dice che bisogna imparare le lezioni della storia. Non è avvenuto. C’è una coscienza buia. E il guaio è che ci stiamo abituando. Io mi ricordo quando c’era la fame in Biafra. Mi sono alzata da tavola, non riuscivo a mangiare. Adesso mangio. L’amara, triste verità è che stiamo peggiorando tutti quanti.
Lei è una grande scrittrice e come tale sa il valore, il peso delle parole. In questa tragica storia non c’è anche una “semantica della crudeltà”? Definire i migranti “carichi residuali” non è anche questa violenza?
Tutto è violenza. Tutto. È una tragedia. Non ci sono parole. Neanche si può esprimere con le parole quello che sta accadendo. Pare che nella stiva ci fossero cento bambini. Ormai contiamo i morti come durante il nazismo. Diventano soltanto numeri, non esseri umani. Non lo so dove stiamo andando ma questa è una tragedia.
C’è quasi una sorta di assuefazione.
Contiamo i morti. Non salviamo, contiamo.
Hannah Arendt scrisse un libro durissimo e bellissimo: La banalità del male. Anche oggi sta riemergendo questa terribile, collettiva, “banalità”?
Sì, sì. È molto doloroso. Ciò che è successo a quella povera gente è qualcosa di sconvolgente. Non abbiamo imparato nulla. Nessuno si è confrontato con il passato. Si ripete nel presente. Naturalmente le circostanze sono diverse, i motivi sono diversi. Non si può paragonare alla Shoah quello che sta accadendo. Però ci sono “piccole Shoah” dappertutto. E il mondo va avanti.
Va avanti in questa sorta di crudeltà dell’indifferenza.
L’indifferenza è crudeltà. Tutto il comportamento nei confronti dei profughi non va bene. Nulla, nulla. E poi c’è questo vergognoso rimpallo delle responsabilità. Crudeltà nella crudeltà. Sono stati avvisati, no, non è vero non siamo stati avvisati. Si contraddicono. Non vogliono salvare. Non li vogliono. La Grecia non li vuole e quelli che sono lì li trattano come dei maiali. È una vergogna! Non arrivano perché non vogliono neanche sapere, nel senso che non vogliono essere coinvolti. Ognuno dice: abbiamo avvisato, alle due di notte è stato avvisato questo e quello e poi come mai è finita così?
Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, le potenze vincitrici dettero vita al processo di Norimberga contro alcuni dei gerarchi nazisti. Ci sarà un giorno anche una “Norimberga del Mediterraneo”?
No. L’unico Paese che ha cercato di fare in qualche modo i conti con il suo passato è stata la Germania. Tutti gli altri Paesi europei, Italia compresa, no. E siamo arrivati a questo punto per questo. Basta vedere i giovani. Io da 62 anni vado nelle scuole. Tacciono, tacciono, tacciono. Poi non c’è comunicazione tra figli e genitori, dei nonni non parliamo, che non contano nulla. Non hanno voce, come se non esistessero.