Il dramma nel silenzio
Strage dei migranti in Grecia, le 19 richieste di aiuto ignorate e il naufragio alle 2 di notte
Cronaca - di Rossella Grasso
“Sento che questa sarà la nostra ultima notte”. Sono queste le parole di uno dei migranti a bordo del peschereccio naufragato a largo di Pylos in Grecia mercoledì notte. E’ questa solo una delle numerose serie di telefonate fatte ad Alarm Phone e all’attivista Nawal Soufi, da quello sciagurato barcone, 19 per la precisione che hanno anche registrato e che raccontano un dramma durato 13 ore e finito in maniera agghiacciante sotto gli occhi di chi avrebbe potuto fare qualcosa e invece è rimasto a guardare. Agghiacciante la motivazione: “Non hanno chiesto aiuto ma solo rifornimenti, abbiamo rispettato il loro desiderio di proseguire il viaggio verso l’Italia”.
I numeri raccontano la tragedia: a 72 ore dal naufragio sono solo 78 i corpi restituiti dal mare senza vita. Un centinaio di persone sono state messe in salvo e portate prima nel porto di Kalamata, Peloponneso sud-occidentale e poi portati in una struttura di accoglienza a Malakasa, non lontano da Atene. Ma il numero più terribile è quello delle persone che non si trovano: oltre cinquecento. Tra questo ci sarebbero almeno un centinaio di bambini, secondo le testimonianze. Potrebbero esserci circa 600 vittime di questo drammatico naufragio. Tra i sopravvissuti ci sono stati 9 arresti: tutti uomini egiziani che sarebbero accusati di far parte dell’equipaggio del peschereccio partito vuoto dall’Egitto e caricatosi all’inverosimile a Tobruk con oltre 750 persone. Il comandante sarebbe riuscito a scappare a bordo di una scialuppa nel pomeriggio prima del naufragio.
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Circa 108, tutti uomini, si sono salvati dal naufragio. Sono loro a raccontare cosa è successo nella notte tra martedì e mercoledì a 80 chilometri dalla costa greca in un punto dove il mare è particolarmente profondo. Secondo le testimonianze raccolte dalla polizia, avrebbero pagato tra i 4 e i 7 mila dollari per il viaggio, e sarebbero partiti dalla Libia orientale, zona di Tobruk, Cirenaica, il 10 giugno. Quando è scattato l’allarme a largo di Pylos erano in mare da tre giorni, senza cibo e acqua potabile. Tre giorni di patimenti con il motore che a momenti non funzionava. Poi l’inizio della deriva nel pomeriggio di martedì e il panico scattato a bordo.
Intanto è partito il rimbalzo delle responsabilità e si susseguono diverse ricostruzioni di quanto accaduto. I magistrati greci hanno aperto un’inchiesta. “Ci sono così tante domande aperte riguardo al naufragio di massa di ieri al largo di Pylos! Abbiamo bisogno di un’indagine indipendente sulle azioni delle forze greche e di Frontex. Chiediamo che la ricerca dei dispersi continui e che, prima della sepoltura, venga prelevato il DNA di tutti i corpi trovati”, scrive Alarm Phone su twitter dove ha pubblicato anche la cronologia della intera giornata di contatti con i disperati sul barcone.
Già dalle 9.35 del mattino del 13 giugno Nawal Soufi avvisa di una grande barca in pericolo, che trasporta, secondo loro, 750 persone. Nelle ore successive, Nawal Soufi aggiunge ulteriori informazioni, tra cui la posizione GPS della barca in difficoltà e che le autorità in Italia, Grecia e Malta sono state allertate. Alle 02.04 il naufragio. Passano 16 ore di contatti costanti in cui la Guardia costiera greca non ritiene di andare in soccorso di quel numero straordinario di persone senza giubbini di salvataggio. In quel lasso di tempo sono 7 le navi che avvicinano il peschereccio: Lucky Sailor e il Faithful Warrior, viene ordinato di limitarsi a rifornire i migranti di acqua e cibo. Ed è lo stesso ministero greco della Navigazione a spiegare come la Guardia costiera si è mossa dopo aver ricevuto la prima chiamata ( alle 11) della centrale operativa di Roma che fornisce il numero del satellitare dei migranti: alle 13.50 si alza in volo un primo elicottero, poi salpa una corvetta, alle 14 il primo contatto con il peschereccio, alle 18 un secondo elicottero, alle 18.30 altro contatto con il barcone da cui un uomo, in inglese, ripete: “Non chiediamo assistenza, ci servono solo cibo e acqua. Vogliamo andare in Italia”. Rifornimenti che arrivano intorno alle 19 da uno dei due mercantili in zona. Alle 22.40 la nave della Guardia costiera finalmente si avvicina e osserva: il barcone è illuminato dalle fotoelettriche.
Tre ore dopo il barcone è completamente fuori controllo. Si prova ad assicurarlo con delle cime ma si sbilancia drammaticamente. Alle 02.04 il silenzio e il buio della notte sono squarciati solo dalle urla dei migranti che restano a galla e che saranno portati in salvo. Degli altri, tre giorni dopo, non si sa ancora nulla. Si sa solo che sono esseri umani partiti carichi di speranza negli occhi da Siria, Afghanistan, Pakistan, Egitto e che sono stati lasciati morire nel Mediterraneo. E a nessuno importa.