Nuovo sangue a Ramallah
Il dramma di Mohammad, giustiziato a 3 anni perché palestinese…
I militari hanno fatto irruzione nella casa della famiglia Tamimi, simbolo della resistenza nonviolenta, e hanno sparato al piccolo senza pietà. Nel 2023 già 23 bimbi trucidati dall’esercito di occupazione
Editoriali - di Umberto De Giovannangeli
Mohammad Tamimi aveva tre anni. Era un bimbo palestinese. Ucciso dall’esercito israeliano. Questa è la sua storia. Il 2 giugno, le forze israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio di Nabi Saleh, vicino a Ramallah, prendendosela in particolare con la storica famiglia Tamimi, simbolo della resistenza non violenta di quel villaggio sotto occupazione. In questa occasione, come in molte altre, oltre ad usare l’abituale violenza fisica fatta di calci e pugni, i militari hanno anche usato le armi e sparato, colpendo alla testa un bimbo di soli 3 anni. Il suo nome era Mohammad, ed è morto dopo tre giorni di cure e preghiere.
Al momento dell’aggressione, il piccolo Tamimi si trovava in macchina con la madre e con il padre, rimasto anche lui ferito. Con Mohammad diventano 28 i bambini uccisi dal fuoco israeliano dall’inizio dell’anno, compresi i 7 morti a Gaza. Migliaia di cittadini del governatorato di Ramallah hanno partecipato al funerale del piccolo, ma i cortei funebri sono diventati uno dei bersagli preferiti delle forze di occupazione, che anche questa volta non hanno esitato a sparare pallottole d’acciaio rivestite di gomma, mandando in ospedale due giovani colpiti rispettivamente al volto e a un piede, mentre il resto del villaggio veniva investito da una pioggia di granate assordanti e da gas lacrimogeni che hanno causato problemi respiratori a decine di persone.
Il Ministero degli Affari Esteri della Palestina ha chiesto un’indagine internazionale urgente su questo e sugli altri omicidi di bambini palestinesi, invitando la Commissione che sta indagando sui crimini di Israele per conto della Corte Penale Internazionale ad assumersi le proprie responsabilità al riguardo, dato che eventuali indagini interne israeliane, quand’anche fossero avviate, sarebbero prive di valore e si concluderebbero come al solito con l’assoluzione dell’assassino e l’occultamento della verità in cui sono implicati i vertici politici e militari del Paese occupante.
L’esercito israeliano ha deciso di non intraprendere alcuna azione disciplinare nei confronti del soldato che ha ferito mortalmente il piccolo Mohammad. Nessun indagato. Nessun colpevole. Dall’inizio del 2023 sono 28 i bambini palestinesi uccisi dalle Forze di difesa israeliane. I bimbi di Gaza. Condannati a vita. E a morte. Una vita in prigione, una prigione a cielo aperto, dove l’infanzia è cancellata, dove nasci, vivi e muori con la guerra. “Ridurre la tensione in Cisgiordania, Gerusalemme Est, e nella Striscia di Gaza e proteggere le infrastrutture civili”: è quanto chiede Save the Children davanti all’ennesima escalation di violenza in corso tra Forze israeliane e miliziani palestinesi.
I bambini della Striscia di Gaza, afferma l’organizzazione umanitaria, stanno vivendo nel terrore, cercando un rifugio, mentre tutte le scuole sono chiuse a seguito di un’altra escalation di violenza. “Ancora una volta, i bambini di Gaza stanno pagando il prezzo più alto per quest’ennesima violenza. Uccidere o mutilare i bambini è una grave violazione e i responsabili dovrebbero essere chiamati a rispondere delle loro azioni”, ha dichiarato Jason Lee, direttore di Save the Children per il Territorio Palestinese Occupato, attualmente a Gaza, in seguito alle notizie di attacchi aerei israeliani.“Per molti di loro, questa nuova ondata di violenza riporterà alla mente ricordi traumatici di precedenti episodi. Solo due anni fa, proprio a maggio, in 11 giorni sono stati uccisi 261 palestinesi, tra cui 67 bambini. Ad ogni attacco aereo, il senso di sicurezza dei bambini viene distrutto, con conseguenze terribili per il loro benessere a lungo termine”.
“Il nostro team a Gaza e le loro famiglie – prosegue la nota – ci dicono che non c’è un posto sicuro dove stare in questo momento. Tutti sono impauriti e cercano un riparo, le scuole sono state chiuse, mentre si consuma un altro giorno di terrore e incertezza. Se la violenza continuerà ad intensificarsi, la vita e il benessere dei bambini palestinesi e israeliani saranno minacciati. L’unico modo per proteggerli è fermare questa brutalità e che tutte le parti facciano quanto in loro potere per ridurre la tensione e proteggere le infrastrutture civili dagli attacchi, in conformità con il diritto internazionale umanitario”.
“Ogni anno, le forze di sicurezza israeliane arrestano circa 1.000 bambini palestinesi dalla Cisgiordania e altri 1.000 da Gerusalemme est. I bambini vengono presi dalla strada, nelle scuole e persino nei loro letti”. Così Michael Fruchtmann in un durissimo j’accuse pubblicato da Haaretz dal titolo “Chi proteggerà le migliaia di bambini palestinesi detenuti da Israele?”. “I metodi utilizzati in queste operazioni sono estremamente dannosi per i bambini e i giovani, sia a livello fisico che mentale. E sono proibiti sia dalla legge israeliana che dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, che Israele ha ratificato”.
“Tali metodi comprendono arresti notturni, bambini ‘ricercati’ strappati dai loro letti; arresti senza un mandato o una giustificazione giudiziaria; vengono ammanettati e i loro occhi bendati; ai genitori, parenti o avvocati è vietato accompagnare i minori; inoltre, percosse e minacce e altro ancora, che causano ai bambini dolore fisico e stress emotivo. Sperimentano una dura solitudine, una grande paura, un senso di disorientamento, l’umiliazione, l’impotenza e spesso la sensazione che le loro vite siano in pericolo”. La mancanza di energia elettrica ha un grave impatto sulla vita dei bambini di Gaza, che non possono avere accesso ad acqua potabile sufficiente o nutrirsi di cibi freschi, essere assistiti dai servizi sanitari e di emergenza quando servono o mantenere un livello minimo di igiene per mancanza di acqua corrente. Non possono dormire sufficientemente durante la notte per il troppo caldo ed essere quindi riposati per studiare a scuola, o fare i compiti o giocare a causa dell’oscurità.
“Qui è diverso dagli altri paesi che hanno l’energia elettrica per tutto il giorno, la nostra vita non è come la loro. Il mio sogno più grande è poter essere come gli altri bambini che vivono in pace, in sicurezza e hanno l’elettricità”, dice agli operatori di Save the Children Rania che ha 13 anni e vive a Gaza. Rania e i bambini di Gaza hanno conosciuto solo la guerra. E le sue conseguenze che segnano l’esistenza fin dalla più giovane età. Il primo dato emerso da uno studio dell’Unicef successivo alla guerra di Gaza dell’estate 2014, indica che il 97% dei minori interpellati aveva visto cadaveri o corpi feriti, e che il 47% di questi aveva assistito direttamente all’uccisione di persone.
I sintomi rilevati durante lo studio includevano: continui incubi e flashback; paura di uscire in pubblico, di rimanere soli, o di dormire con le finestre chiuse, nonostante il freddo; più nello specifico, i disturbi fisici più frequenti erano disturbi del sonno, dolori corporei, digrigno dei denti, alterazioni dell’appetito, pianto continuo, stordimento e stati confusionali; quelli emotivi includevano rabbia, nervosismo eccessivo, difficoltà di concentrazione e affaticamento mentale, insicurezza e senso di colpa, paura della morte, della solitudine e dei suoni forti.
Scrive Yossi Klein su Haaretz: “Bisogna ammetterlo. Uccidere bambini è il più atroce dei crimini. Non c’è crimine più spregevole. In questo risiede la sua spregevolezza e il suo potere. Agisce come deterrente, è efficace e fa scorrere sangue fresco e nuovo nelle nostre arterie. Se qualcuno aveva qualche dubbio sul fatto che l’aeronautica militare sia forte e minacciosa, l’uccisione dei bambini ha dimostrato che è troppo presto per tesserne l’elogio. È forte, è terrificante e si confronta con un esercito di circa 30.000 soldati che non ha i mezzi per i combattimenti aerei. L’aviazione vince sempre, se non per ko, ai punti – e se non ai punti, con l’aiuto degli opinionisti in naftalina della TV. L’uccisione di bambini e il bombardamento di civili sono più deterrenti ed efficaci di qualsiasi “banca degli obiettivi”, del famigerato “crollo” di edifici o di qualsiasi tentativo di “sradicare le basi del terrorismo una volta per tutte”. L’uccisione dei bambini è pensata per provocare dolore, per colpire il punto più sensibile di tutti. Non è progettato per fermare il terrorismo; è progettato per scoraggiare i terroristi e renderci felici. […].Uccidere bambini è un’azione efficace che si scolpisce nella memoria. Chi ricorda i terroristi che abbiamo ucciso, quelli che sono stati il motivo per cui Ben-Gvir ha deciso di intraprendere questa operazione? Ne abbiamo uccisi due? Ne arriveranno quattro a sostituirli. Dopo tutto, ci siamo già passati. Ma le immagini di Ali Izzeldeen, 8 anni, e di sua sorella Miar, 12 anni, sono impossibili da dimenticare. Somigliano troppo ai nostri figli – dopo tutto, tutti conoscono un bambino di un’età simile – e il pensiero che lo abbiamo ucciso non dovrebbe darci pace. Questi pensieri continueranno sempre a perseguitarci. Queste immagini non sono il risultato di un piccolo passo falso. Non è come se un pilota arrivasse, salisse su un aereo, uccidesse un numero qualsiasi di esseri umani senza nome e senza volto e tornasse per il pranzo. Qui, con i bambini morti di Gaza, queste sono immagini che lo perseguiteranno per tutta la vita e appariranno nei suoi incubi”.
L’uccisione dei bambini non ha solo lo scopo di scoraggiare i terroristi. Quando i ministri di questo governo hanno parlato di colpo doloroso, si riferivano a noi. Ci hanno fatto capire che non sono dei disfattisti senza spina dorsale e senza potere, come il governo precedente. Ci sono sicuramente riusciti. Ci hanno colpito dritto in mezzo agli occhi. Le foto dei bambini sono scioccanti e inquietanti.
Forse dovremmo chiedere a Facebook di vietare la pubblicazione di queste immagini, che ci sconvolgono così tanto e che distolgono l’attenzione dalla brillante operazione dell’aeronautica da questioni meschine come quelle di cui abbiamo appena parlato. Dopo tutto, i 500 bambini uccisi nell’estate del 2014 non hanno fatto cadere nessuna coalizione. Inoltre, non si può certo considerare che i bambini morti siano “bambini”: dopo tutto, i “bambini” sono i nostri soldati che li uccidono. In memoria di Mohammad Tamimi, tre anni. E dei tanti bimbi palestinesi ai quali è stata negata l’infanzia. E spesso la vita.