Vietato ascoltare
Direzione Pd a porte chiuse, lo scontro tra Schlein e gli oppositori interni resta “segreto”: vietato ascoltare
Schlein manda in streaming solo la sua relazione. Poi ordina di spegnere i microfoni. Le critiche non le vuol far sentire. Non si fida del partito che non si fida di lei
Politica - di David Romoli
Elly Schlein invita la direzione del suo partito a un dibattito franco e aperto: che tuttavia potranno seguire in pochi. Lo streaming si limita alla relazione della segretaria, poi si prosegue a computer e telefonini spenti. Non è la prima volta che succede ma dalla prima Direzione del nuovo e apertissimo corso, oltre tutto piuttosto importante per le polemiche che la hanno preceduta, era lecito attendersi qualche trasparenza in più ed era doveroso garantirla.
La novità, in compenso, è assicurata da un vertiginoso ricambio nelle citazioni che, come sempre, farciscono la mezz’ora di relazione. Elly è giovane e parla ai giovani, quindi mette da parte qualsiasi testo appena impegnato e lascia la parola ai cantautori del cuore. A Diodato, dalla cui …Fai rumore, citata quasi per intero, trae ispirazione per strigliare le rumorose e futili polemiche interne, da Niccolò Fabi, che le insegna a Costruire perché «tra la partenza e il traguardo in mezzo c’è tutto il resto», a Daniele Silvestri non citato per nome ma ripreso parola per parola per chiarire alla minoranza, ma anche ai media pronti a cogliere solo gli scontri, che «le cose che abbiamo in comune sono 4850».
Poi, certo ci sono le due o tre che il Pd non ha in comune ma a quel punto provvidenzialmente lo streaming s’interrompe. Sipario. Prima di arrivare alle ugole preferite la segretaria lancia la sua «estate militante». Sono sette punti su cui l’intero partito si dovrebbe mobilitare incentivando discussioni accesse e sensibilizzazione di massa, dalle Alpi a Lampedusa. Si va dal Pnrr, che il governo non sta realizzando e così perdiamo l’occasione storica, all’autonomia differenziata, che può solo spaccare territorialmente un Paese già diviso, dalla sanità pubblica, che per finire di distruggerla basta non fare niente e niente il governo sta appunto facendo, alla casa, diritto negato dall’impennata degli affitti che per gli studenti implica anche la negazione del diritto allo studio.
È un’agenda inappuntabile. Le critiche che la segretaria del Pd muove sono tutte sacrosante. Più discutibile è la strada indicata per combatterle: una lunga teoria di dibattiti e discussioni e ordini del giorno su e giù per la penisola, più la partecipazione, quando capita. alle manifestazioni degli altri. Impossibile non chiedersi perché il primo partito d’opposizione non sia in grado di convocare una propria manifestazione, di invitare gli altri potenziali alleati invece di scervellarsi sull’opportunità o meno di accettare i loro inviti.
È difficile credere che qualcuno nel Pd speri davvero nelle possibilità di mobilitare il Paese contro il governo per questa via. L’obiettivo è piuttosto rinsaldare la base e la fascia intermedia, impegnare i militanti, provare a rendere di nuovo il Pd un partito vivo nei circoli, nei consigli comunali, nel Paese reale. Quando arriva al vero nodo della Direzione, le polemiche proliferate nelle ultime settimane, Elly cambia tono e picchia duro. Partito plurale, certo, e figurarsi se proprio lei può avere in mente un «partito del leader». Però l’orchestra deve «suonare uno spartito comune» e lei ha tutte le intenzioni di rispettare il mandato del congresso, cioè la sua stessa vittoria. Chi spera di logorarla resterà deluso: «Siamo qui per restare, mettetevi comodi», ripete. E se “a qualcuno questa linea non piace lo dica apertamente e non trovi scuse”. Sfida aperta.
Della linea che forse non piace è parte integrante la decisione, annunciata non esplicitamente ma di fatto, di cercare a tutti i costi l’alleanza con Conte, nonostante le divisioni sulla guerra. Perché su molto del resto si possono invece trovare convergenze e perché i risultati delle amministrative non bisogna drammatizzarli, figurarsi. Però “da soli non si vince”. Certo, la segretaria assicura che se Calenda organizzasse una manifestazione su un tema condiviso lei andrebbe anche lì. Ma è un espediente retorico. La marcia è verso il Movimento, non verso il del resto inesistente Terzo Polo.
Il dibattito che segue è esemplare. Dei punti elencati dalla segretaria non parla praticamente nessuno, e del resto ci sarebbe poco da dire trattandosi di argomenti sui quali non ci può essere dissenso. L’invito a uscire allo scoperto lo raccoglie solo Pina Picierno e non la manda a dire: “Andare alla manifestazione dei 5S è stato un errore. Non si può considerare la guerra un tema marginale. Siamo tutti per la pace ma la pace è sostenere l’Ucraina”. E poi, diretta: “Siamo sicuri che stare in tutte le piazze senza aver fatto la fatica di una proposta politica condivisa sia giusto?”. Gli altri usano toni più felpati. Bonaccini chiede “uno scatto che si aspettano anche circoli e militanti. Per ogni no al governo bisogna indicare una controproposta”. È una critica ma ovattata. Alfieri ironizza su quell’infelice “Mettetevi comodi”, in fondo molto renziano: “Insomma Hic Manebimus Optime!”.
Ma la questione sulla quale gli interventi martellano è quella che la relazione ha affrontato solo di striscio: la richiesta di collegialità, l’ “agibilità interna” del partito. Su quel punto, sul quale si concentrano da settimane appunti e critiche sferzanti, Elly non ha in realtà detto niente, non è andata oltre la assicurazioni e le rassicurazioni di prammatica. Ma il tono spesso dice più delle parole e il tono della segretaria non lascia presagire alcuna vera apertura. Perché Elly del partito di cui dice «io vi devo tenere insieme», e sembra si tratti di un obbligo sgradito, non si fida. E il partito, d’altra parte, non si fida di lei.