La rivolta della Wagner

Rivolta in Russia: la Meloni non si entusiasma, Tajani si smarca “È una questione russa”

La premier non si entusiasma per i possibili scenari favorevoli a Kiev e si limita a ribadire sostegno. Tajani si smarca: “È una questione russa”

Editoriali - di David Romoli

25 Giugno 2023 alle 10:30

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Imagoeconomica
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Non c’è traccia dell’esultanza che regna a Kiev nelle prime reazioni del governo italiano, ma anche in quelle dell’opposizione, alle notizie che arrivano frammentarie e incerte dalla Russia. La premier convoca un punto stampa di pochi minuti ma non va oltre la conferma del pienissimo appoggio all’Ucraina, “che sta dimostrando anche ora il suo coraggio e la sua straordinaria capacità di resilienza”, e la constatazione che “quel che sta accadendo racconta una realtà molto diversa da quella della propaganda russa sullo stato di salute, solidità e compattezza nella Federazione russa”.

Il ministro degli Esteri Tajani è anche più laconico: “È una questione interna alla Russia. Non tocca a noi né alla Nato interferire”. Al momento comunque non è previsto il rimpatrio dei circa 5300 italiani residenti in Russia, ai quali viene solo consigliato “di essere prudenti e evitare gli spostamenti”. Nel primo pomeriggio la premier convoca un vertice, al quale lei partecipa da remoto, con lo stesso Tajani, il ministro della Difesa Crosetto, i sottosegretari alla presidenza Mantovano e Fazzolari per attivare immediatamente l’intelligence. “Non è facile capire cosa sta accadendo”, ammette la premier. I contatti con le altre capitali sono continui ma anche lì sanno e capiscono poco e in un quadro simile la parola chiave, pronunciata dalla stessa Meloni è “imprevedibilità”.

Altrettanto imprevedibile, di conseguenza, è immaginare quali ricadute la crisi interna alla Russia avrà in Italia. Mercoledì Meloni svolgerà la ormai tradizionale informativa alle Camere in vista del Consiglio europeo dei due giorni seguenti. All’odg ci sono diversi punti, tra i quali per l’Italia è particolarmente importante l’immigrazione. Ma al primo posto, come sempre da un anno e mezzo, figura la guerra. Le incognite intorno al dibattito di mercoledì riguardavano proprio la guerra perché, a torto o a ragione, si era diffusa la sensazione di una divisione sia nella maggioranza che nell’opposizione più marcata del solito.

Per quanto riguarda l’opposizione la profezia era destinata ad avverarsi e probabilmente lo è ancora. La linea di Conte si muove infatti programmaticamente su un doppio binario: manifestazioni di soddisfatta apertura all’incontro con il Pd ogni volta che Schlein fa propri temi e obiettivi del Movimento ma allo stesso tempo massimo risalto alle posizioni in contrasto, in particlolare proprio sulla guerra. Nella maggioranza l’offensiva a tutto campo della Lega dell’ultima settimana induceva a prevedere una linea più smarcata del solito sulla guerra. Nulla di trascendentale, nessuna rimessa in discussione della fornitura d’armi a Kiev, ma toni anche sensibilmente diversi da quelli della premier, i più radicali e “falcheschi” che ci siano nella Ue occidentale.

Tutto è cambiato ma come e in che senso è ancora ignoto. Una guerra civile in Russia sarebbe senza dubbio un aiuto quasi miracoloso per l’Ucraina. La controffensiva, per ora ai confini del fallimentare, potrebbe diventare rapida e davvero ambiziosa. Però la destabilizzazione e l’incubo dell’implosione di una delle principali potenze nucleari del mondo innescherebbe pericoli e minacce persino più temibili della guerra in corso. In teoria l’Occidente, e dunque anche l’Italia, dovrebbe parteggiare per quel colpo di Stato contro Putin che gli Usa si augurano sin dal giorno dell’invasione e che rappresenta il vero obiettivo delle sanzioni economiche. Ma a minacciare lo zar non è una sollevazione democratica e popolare: è una milizia privata armata fino ai denti guidata da una figura imprevedibile e forse ancor meno controllabile di Putin. La vittoria dei mercenari golpisti potrebbe rivelarsi il classico rimedio peggiore del male.

Tutte incognite che sarebbero meno oscure se trovasse risposta la domanda che ieri si ponevano tutti nei palazzi del Potere, dal Quirinale a Chigi, in Italia e di certo non solo in Italia: chi c’è dietro Prigozhin, ammesso che ci sia qualcuno? Chi finanzia la guerra civile del capo della Wagner? Ieri ai piani alti della politica italiana, c’era chi ricordava le accuse secondo cui proprio Prigozhin avrebbe fornito agli Usa, nei primi mesi della guerra, le coordinate per individuare le postazioni dell’esercito russo. Ipotesi probabilmente fantasiose ma che indicano quanto fitta sia la nebbia che circonda la crisi russa e uno dei suoi protagonisti principali.

25 Giugno 2023

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