I dati del libro bianco
Record di tossicodipendenti in carcere: mai così tanti dal 2006
In aumento del 10%, mai così tanti dal 2006. Il 34% dei detenuti ristretto per violazione della legge sulle droghe
Politica - di Leonardo Fiorentini
Quasi metà delle persone che entrano nelle carceri italiane è classificato come “tossicodipendente”, secondo i criteri del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Il 30% dei detenuti in carcere al 31/12/2022 erano persone che usano droghe, con una definizione meno stigmatizzante e preferibile da usare. Si tratta non solo di un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, ma soprattutto del record di presenze in carcere di persone con problemi di uso di sostanze dal 2006 ad oggi.
È questo il dato più eclatante e allarmante proveniente dalla nuova edizione del Libro Bianco sulle droghe presentato ieri alla Camera e promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali. Non era necessario il titolo – “La traversata del deserto” – per intuire quali siano le prospettive per le politiche sulle droghe nel nostro paese al tempo del duo Meloni-Mantovano. Il Governo ha del resto dato buona prova di sé, organizzando nel pomeriggio una kermesse (vedi l’Unità del 25 giugno) ad uso e consumo delle proprie lobby, imbarazzante dal punto di vista politico e scientifico.
Se Mantovano&c. hanno trasformato la giornata mondiale contro l’abuso di droghe e il narcotraffico nella giornata contro la cannabis, la Società Civile ha voluto celebrare invece la mobilitazione internazionale di “Support! Don’t Punish”, che chiede politiche sulle droghe rispettose dei diritti umani e delle evidenze scientifiche e che quest’anno ha coinvolto oltre 275 città in circa 100 paesi. Lo ha fatto anche con una contestazione dentro e fuori l’evento governativo, consegnando fra l’altro il Libro Bianco a Meloni e Mantovano. Prima ancora ha presentato per l’ennesima volta i dati sul disastro generato dalla legge sulle droghe in Italia. Per l’esattezza per la quattordicesima volta per buona pace di chi, come Meloni, accusa gli altri di “non essersene mai occupati”.
I dati pubblicati sono la conferma di quanto si dice ormai da troppo tempo: un quarto delle persone che entrano in carcere lo fanno per una singola norma penale, quella dell’art. 75, ovvero detenzione a fini di spaccio, in larga parte per fatti di lieve entità. Il 34% dei detenuti italiani a fine 2022 era ristretto a causa della legge sulle droghe, che è quasi il doppio della media europea. La media mondiale si aggira intorno al 22%. Di fronte a questa enormità, che mette a dura prova il nostro sistema della sicurezza, della giustizia e dell’esecuzione penale, dovrebbe essere impossibile non porsi interrogativi. È evidente in tutte le nostre piazze il completo fallimento delle politiche repressive nel disincentivare la domanda e arginare l’offerta di droghe.
Invece il Governo tira dritto con il paraocchi: “le droghe fanno male tutte, non esistono distinzioni, chi dice una cosa diversa dice una menzogna” ha detto Meloni. L’impressione è che l’obiettivo sia da un lato quello di mettere al centro della criminalizzazione e dello stigma – usando le solite tecniche narrative – la sostanza più usata e con meno rischi (anche di alcol e tabacco), dall’altro di gestire dal centro ingressi in comunità, finanziamenti ed accreditamenti, dirottando fondi e tagliando fuori le Regioni.
Intanto, la prima novità c’è stata. Per la prima sono stati negati dei dati ai curatori del Libro Bianco: il Dipartimento Antidroga ha infatti deciso di non concedere il dato sul numero di procedimenti in corso per droghe che nel 2021 erano addirittura 231.659. Un diniego incomprensibile quanto risibile, ma che rende bene l’idea del nuovo corso. Tornando ai dati va sottolineato l’aumento della criminalizzazione dei minori nel corso del 2022. Sono stati 1126 i minori denunciati per spaccio: si tratta di un aumento del 15%, il 75% lo è stato per derivati della cannabis. Sono stati circa il triplo, 3526, i segnalati al Prefetto per mero consumo, quasi tutti per cannabis (98%): l’aumento sul 2021 è del 33%. Non sappiamo se e come sia collegato a “Scuole Sicure” e ai controlli antidroga con i cani nelle scuole.
Di certo la clava della sanzione penale e amministrativa si sta abbattendo sui giovani. L’altra certezza è che è il metodo peggiore per intervenire. A proposito di repressione del consumo, è ormai da tre anni che oltre 30.000 persone l’anno sono oggetto di segnalazione. Il 38% di queste finisce con una sanzione amministrativa (ritiro della patente, del passaporto, del porto d’armi o del permesso di soggiorno turistico, anche senza aver messo in atto comportamenti pericolosi). La repressione colpisce principalmente la cannabis (75,4%), poi cocaina (18,1%) ed infine eroina (4,2%). Le altre sostanze sono quasi irrilevanti. Dal 1990 oltre un milione di italiani, perlopiù giovani, sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis.
Il volume, liberamente scaricabile da fuoriluogo.it e presto disponibile in libreria, presenta anche un interessante focus sulla questione della riforma del fatto di lieve entità per droghe e un approfondimento sulle proposte di uscita dal carcere per le persone che usano droghe. Oltre a questo, nella parte internazionale, contiene un’analisi della posizione dell’Italia nel dibattito internazionale, sul rispetto dei Diritti Umani nelle politiche sulle droghe e una revisione critica del rapporto dell’INCB sulla cannabis recentemente pubblicato. È un fondamentale strumento per conoscere e farsi un’idea di come le leggi sulle droghe influiscono sulla società italiana e sulla necessità oramai improcrastinabile di una loro riforma. Ma prima bisogna togliersi il paraocchi.
*Segretario Forum droghe