Il caso Oliverio
Nicola Gratteri, il procuratore che non conosce la vergogna…
La Cassazione ha detto che il Pm ha un “chiaro pregiudizio accusatorio” nei confronti di Oliverio. E lui che fa? Invece di chiedere scusa ci riprova...
Giustizia - di Tiziana Maiolo
Recidivo. Il procuratore Nicola Gratteri ci prova ancora. Stessi blitz, stesso copione, stessa stucchevole conferenza stampa. La giornata di ieri avrebbe potuto essere quella del 19 dicembre 2019 o una delle tante che hanno preceduto o seguito quella che il procuratore di Catanzaro ritiene il suo fiore all’occhiello, il “Rinascita Scott”, il Maxi per eccellenza. Quello che dovrebbe mettere Nicola Gratteri nell‘Olimpo degli eroi nelle terre di mafia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma le differenze sono enormi.
Il capo della Dda calabrese copre la fragilità delle sue inchieste con il cappello politico. Perché la sua ambizione, neppur tanto nascosta, è di sfondare sulle pagine nazionali dei quotidiani e nei grandi network, di avere quel riconoscimento politico che, se si eccettua la parentesi renziana, finora gli è stato negato. Ecco perché le sue inchieste fanno sempre acqua da tutte le parti e le sue ipotesi vengono sconfessate dai giudici a diversi livelli, dal gip fino al riesame e la cassazione. Prima di tutto perché sono dei minestroni che nessuna brava casalinga mai oserebbe cucinare. Prendiamo il blitz di ieri. Titolo “Glicine Acheronte”.
Prima osservazione; dopo la riforma Cartabia e la votazione del Parlamento, si dovrebbe ritornare ad “Abate più..” seguito dal numero degli indagati. Basta nomi di fantasia, e lasciamo stare il fiume infernale, per favore. Disprezzo per chi ci governa e chi emana le leggi, manifestato da un magistrato che si esprime anche nella battuta, ormai noiosa e ripetitiva, “oggi abbiamo arrestato 41 presunti innocenti”. C’è poco da ridere, quando si priva qualcuno della libertà. E anche quando chi dovrebbe applicare le leggi approvate dal Parlamento invece le irride, come nel caso della norma sulla presunzione di non colpevolezza. Principio costituzionale.
I numeri di questa ultima inchiesta sono apparentemente contenuti rispetto ai provvedimenti cautelari, ventidue persone in carcere, dodici ai domiciliari e pochi altri con misure meno restrittive. Ma il punto è che gli indagati complessivamente sono 123. Si potrebbe pensare che l’intervento dei Ros abbia raso al suolo un’intera cosca della ‘ndrangheta. E che il procuratore Gratteri e il gip Antonio Battaglia abbiano contestato l’associazione mafiosa e una serie di reati specifici, dall’estorsione fino all’omicidio, perché in genere di questo si tratta in quel tipo di processi. Ma non è così, nelle inchieste del procuratore Gratteri. Perché lui è un grande titolista, e sa che i caratteri cubitali li si conquista solo sparando i nomi dei politici. I due pesci grossi di oggi non sono proprio delle new entry.
Parliamo di Mario Oliverio, ex presidente della Regione Calabria, e di Nicola Adamo, ex deputato del Pd e già assessore regionale. Ora, un magistrato dovrebbe avere almeno il pudore di non accostare storie politiche e istituzionali che possono non piacere ma vanno rispettate con una certa riverenza a imputazioni come omicidio, traffico di sostanze stupefacenti o detenzione e commercio di armi. Non si può, solo per piegare le iniziative giudiziarie alla propria vanità. Non si può mescolare l’abuso d’ufficio, per quanto inserito in un reato associativo, a reati contro la persona o ai traffici internazionali.
Prendiamo il caso del presidente Oliverio. La recidiva è evidente, quella del procuratore Gratteri. Vogliamo ricordare la “grande” inchiesta del dicembre 2018, strombazzata come se fossero stati catturati i principali capimafia di Calabria e se la regione fosse stata finalmente risanata? Il governatore Mario Oliverio indagato per abuso d’ufficio e corruzione, e con lui altri due esponenti di rilievo del Pd calabrese, Nicola Adamo e la parlamentare Enza Bruno Bossio. L’inchiesta fu un vero terremoto politico per la sinistra nella regione, una crisi da cui non si solleverà più. Oliverio non fu più ricandidato, il segretario del partito Nicola Zingaretti gli preferì nel 2020 l’imprenditore del tonno Pippo Callipo, che perse rovinosamente contro Jole Santelli di Forza Italia, cui è seguito Mario Occhiuto, dello stesso partito, attuale governatore.
Il dottor Gratteri recidivo dovrebbe chiedere scusa a Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio, che dopo la gogna dei titoli strillati che piacciono al procuratore furono prosciolti. E anche a Mario Oliverio, quello con la vita politica distrutta dalla via giudiziaria. Do you remember? La procura aveva richiesto gli arresti domiciliari, il gip gli ha gettato addosso un confino al suo paese, San Giovanni in Fiore, provincia di Cosenza, luogo quanto mai adatto per guidare un’intera Regione. Tre mesi di martirio, annullati da un provvedimento della Corte di Cassazione. Chissà se il procuratore di Catanzaro ricorda quella sentenza, quelle parole che dovrebbero bruciargli come uno schiaffo perché accusavano lui e il suo ufficio di “chiaro pregiudizio accusatorio”.
Ma sappiamo che certi procuratori considerano un affronto le sentenze che assolvono e quelle che vanno contro i loro desiderata. Così i nostri eroi di procura anche quella volta indossarono gli elmetti e chiesero per Mario Oliverio la condanna a quattro anni e otto mesi. Che significa, in caso di condanna definitiva, carcere sicuro. Inutile ricordare che l’ex presidente della Regione è stato assolto perché “il fatto non sussiste”. E Nicola Gratteri non ha presentato ricorso. Vergogna? Neanche per sbaglio, solo puro calcolo. E niente scuse.
Anzi, recidivo, con l’inchiesta di ieri. Sa di poterlo fare, perché da parte del centrodestra il governatore Occhiuto si è sperticato in lodi e ringraziamenti al procuratore Gratteri. Sarà sincero o solo opportunista? Nel primo caso vorremmo ricordargli che milita nel partito di Silvio Berlusconi, non in quello di Giuseppe Conte. Nel secondo, beh, nessun commento. Ma solo sapere se ha ringraziato anche chi, dalla lontana Romagna, gli ha arrestato l’assessore Minnella. Non va meglio, sul piano delle garanzie, con il comunicato del Pd, che spera sempre che gli indagati sappiano dimostrare la propria innocenza. Magari non dovrebbe essere il procuratore recidivo a dimostrare la fondatezza della sua ipotesi d’accusa? E di non avere, almeno questa volta, un “chiaro pregiudizio accusatorio”?