Lettera alla premier
Sulle droghe leggere il fallimento è tutto della Meloni
Ristabiliamo le cose per come sono. A governare il fenomeno è stata la sua parte politica e i risultati sono evidenti: tribunali ingolfati per un reato senza vittima, carceri che scoppiano a causa di una vera “detenzione sociale”. Noi siamo stati all’opposizione
Gentile Presidente, il 26 giugno è per noi una discriminante e da quattordici anni presentiamo un Libro Bianco sugli effetti della legge antidroga sulla giustizia e sul carcere curato dalle associazioni che si occupano di questo tema da decenni, Società della Ragione, Forum Droghe, Cgil, Antigone, Associazione Coscioni, Cnca e molte altre sigle.
Molto spesso il Dipartimento Antidroga non rispetta questa scadenza, ma quando presenta la Relazione al Parlamento vengono confermati i nostri dati. Il confronto è stato chiaro, alla mattina nella Sala Stampa della Camera dei Deputati una operazione verità, al pomeriggio nella Sala dei Gruppi un’orgia di demagogia e retorica. Ristabiliamo le cose per come sono. La nostra storia è di dura opposizione alla legge in vigore, la legge Iervolino-Vassalli del 1990, che contrastammo a lungo. Quella scelta proibizionista fu voluta da Bettino Craxi che cambiò l’impostazione del Partito Socialista che era stato con Loris Fortuna vicino ai radicali nelle battaglie per i diritti civili, umani e sociali, dal divorzio all’aborto, dall’obiezione di coscienza all’eutanasia.
La campagna contro la criminalizzazione dei consumatori creò un cartello “Educare e non punire” che aveva come esponente don Luigi Ciotti del Gruppo Abele e propose un referendum nel 1993 che fu vinto con l’affermazione della depenalizzazione del consumo personale.
Noi siamo stati sempre all’opposizione della guerra alla droga, la “war on drugs” di origine americana, mentre la sua parte politica ha governato il Dipartimento antidroga con tanti zar, dal prefetto Soggiu al deputato di AN Nicola Carlesi, e per molti anni la responsabilità è stata nelle mani del sottosegretario Carlo Giovanardi e del dr. Giovanni Serpelloni.
Addirittura la legge n. 49 del 2006 che Lei rimpiange affermava che le droghe sono tutte uguali, senza distinzione, con una pena per la detenzione e il piccolo spaccio da otto a venti anni di carcere, porta il nome di Gianfranco Fini. Solo grazie alla decisione del 2014 della Corte Costituzionale, provocata dall’iniziativa della Società della Ragione, all’intuizione di Luigi Saraceni e all’impegno di Giovanni Maria Flick, ci liberammo di una visione antiscientifica e punitiva. Mettiamo a posto le cose. Lei ha governato il fenomeno e noi siamo stati all’opposizione. I risultati di cui porta la responsabilità, sono evidenti.
I tribunali sono intasati per un reato senza vittima, le carceri sono caratterizzate dal sovraffollamento dovuto a un fenomeno sociale che andrebbe governato non con il codice penale, ma con la prevenzione e l’informazione. I numeri sono eloquenti: il 40,7% degli ingressi in carcere è di soggetti qualificati come tossicodipendenti, 15.509 per l’esattezza e il 26,1% di soggetti accusati di violazione dell’art. 73 del Dpr 309/90, esattamente 9.961; l’ingresso per tutti i reati ammonta a 38.125. Le presenze al 31 dicembre 2022 sono il 30% di detenuti tossicodipendenti (16.845) e il 34,3% per violazione dell’art. 73, detenzione e piccolo spaccio (18.273).
Una vera detenzione sociale! Aggiungiamo un dato clamoroso, quello delle segnalazioni alle prefetture per mero consumo; dal 1990 ad oggi sono stati colpiti un milionequattrocentomila di giovani e oltre un milione per uno spinello. Una criminalizzazione e una stigmatizzazione di massa che provoca sanzioni amministrative che gettano nell’emarginazione sociale e nell’etichettamento morale. Lunedì abbiamo ascoltato un armamentario rancido di falsità come la canapa definita come droga di passaggio, come il livello di THC che sarebbe a livelli altissimi e una sovrabbondanza di paternalismo autoritario e di visioni apocalittiche che usano l’immagine del tunnel.
Lei ha come modello la San Patrignano di Muccioli, le ricordiamo la tragedia di un ospite della comunità, di Roberto Maranzano massacrato nella macelleria e sepolto in una discarica di Napoli. Il nostro modello è invece don Andrea Gallo fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto. Ieri ha accreditato comunità chiuse, autoritarie, ed è significativa la decisione della rete più vasta di strutture di accoglienza, il Cnca, di non partecipare alla kermesse governativa. Nel tentativo di mettere in cattiva luce le esperienze di legalizzazione della cannabis negli Usa avete invitato due lobbisti del proibizionismo che si sono prodigati nel ribadire le fake news più ricorrenti. Hanno parlato degli effetti nefasti delle riforme antiproibizioniste in Colorado e ogni spettatore o giornalista curioso si sarà chiesto perché il governo italiano, se vuole fare un convegno serio, in cui parlare anche dell’esperienza del Colorado, chiama questi due e non dei rappresentanti dello Stato del Colorado.
Ironia della sorte ha voluto che a Denver si sia appena conclusa la più grande conferenza mai tenuta sulla Psichedelia, Psychedelic Science che ha visto la partecipazione di 13 mila persone tra medici, politici, artisti, interessati alle più che promettenti applicazioni mediche degli psichedelici e ai nuovi regimi normativi sul tema. Abbiamo ascoltato il programma del sottosegretario Alfredo Mantovano che ha avuto l’intelligenza di non parlare delle proprietà chimiche delle sostanze, ma della persona. Sono indicazioni preoccupanti ma ci confronteremo con nettezza. Il mantra portato avanti dai proibizionisti è che una legge più severa è necessaria per superare i danni del permissivismo! Il problema è che per decenni abbiamo vissuto sotto la cappa della repressione e del moralismo.
I guerrieri della droga mascherano il loro fallimento e la volontà di proseguire all’infinito, per sete di potere, la loro lotta in nome della salute e della libertà. Ci piace ricordare quanto scrisse Paolo Mieli sul Corriere della Sera del 2 dicembre 2003 rispondendo al Sottosegretario all’Interno di AN, Alfredo Mantovano che fu il vero artefice del testo di Gianfranco Fini, dicendo che “in Italia non è mai stata sperimentata non solo la libertà ma anche solo la legalità della droga”. E aggiungeva: “Sono anni che lo Stato insiste a proibire anche le sostanze leggere e i risultati sono quelli da lei descritti. Infine fa sorridere, mi creda, il tentativo di riversare la colpa di ogni calamità in questo campo su quel (peraltro disatteso) referendum del 1993”.
Tutta la documentazione della nostra riflessione nazionale e internazionale La può trovare nella raccolta del mensile Fuoriluogo, con i contributi fondamentali di Giancarlo Arnao e di Peter Cohen, su i miti e i fatti della Marijuana. Le cose non sono banali. Esiste la canapa terapeutica che viene prodotta dall’Istituto militare di Firenze e che recentemente ha visto la visita del presidente Mattarella ed esiste la canapa tessile esaltata negli anni del fascismo. Per fortuna nel modo il vento sta cambiando, dall’Uruguay al Canada, da tanti Stati degli Usa alla Germania si sceglie la via della legalizzazione. Lei aspira a fare dell’Italia il capofila della reazione. Auguri!
La sfidiamo sul terreno della democrazia. Sblocchi la piattaforma digitale per raccogliere le firme per i referendum e l’anno prossimo verificheremo la decisione dei cittadini. Noi abbiamo fiducia nell’intelligenza e nel senso di umanità e giustizia dei giovani che potranno riacquistare fiducia nelle istituzioni.
Con cordialità,
*Responsabile Comitato scientifico della Società della Ragione. Già sottosegretario alla Giustizia
**Deputato, segretario di +Europa