Il calo della segretaria
Il Pd frena nei sondaggi, Elly Schlein alle prese col calo di popolarità
Il balzo nelle rilevazioni era uno dei risultati vantati da Schlein. Ora i dati sono in calo e a pesare è anche l’esito elettorale del Molise, con cui i dem non hanno fatto i conti
Politica - di David Romoli
Che un partito cali nei sondaggi o addirittura in uno dei tanti e spesso contraddittori sondaggi in circolazione non dovrebbe fare notizia. Se quel partito è il Pd di Elly Schlein le cose stanno diversamente e almeno in parte è comprensibile. Da quando è stata eletta segretaria l’outsider può vantare, per ora, solo due risultati, entrambi aleatori: l’impennata dei tesseramenti, segno di una ritrovata vitalità, almeno in potenza, che però non si può certo tradurre automaticamente in voti, dal momento che buona parte dei neotesserati sono già elettori del Pd, e soprattutto il balzo nei sondaggi. Valgono quel che valgono, ma con il loro responso settimanale incidono eccome.
Nel novembre scorso un Pd al minimo storico, al di sotto del 17%, era stato superato nelle intenzioni di voto dal M5S di Conte. Dopo la vittoria di Elly, i democratici erano balzati oltre il 20% staccando i pentastellati di cinque punti. E’ evidente che i segnali di inversione di tendenza facciano notizia e quei segnali, con il partito di Elly che perde quasi un punto e scende al 19,4% e i 5S che recuperando qualcosa arrivano al 16,2%, ci sono. Ce ne sono anche di più se si guarda agli indici di popolarità dei leader, classifica nella quale Schlein perde cinque punti da maggio a giugno.
L’entusiasmo con il quale al Nazareno hanno accolto l’accordo con quasi tutto il virtuale “campo largo”, tutti salvo Renzi, sulla proposta di legge sul salario minimo si spiega così. In parte il Pd spiega la flessione con una strategia attenta più all’immagine di piazza che a una solida proposta politica. “Oggi possiamo presentarci in piazze dove fino a ieri il Pd era accolto a fischi”, rivendica un esponente di punta dei sostenitori di Elly, quelli che sono entrati nel partito e alla testa del partito con lei. E’ vero. Però non basta. Perché l’ “estate di mobilitazione” lanciata dalla segretaria non si traduca in un flop bisogna mettere in campo alcune leggi sottoscritte anche da altri soggetti politici, che permettano di affermare che quello del Pd è un progetto politico alternativo e non solo una serie di proteste più o meno rumorose. “Una rondine non fa primavera ma aver faticosamente raggiunto un accordo sul salario minimo è un primo passo”, commenta un altro dirigente vicino alla segretaria.
Il problema è che il Pd di Elly, proprio come quelli dei suoi predecessori, non ha avuto il coraggio di fare i conti con il risultato del Molise, che probabilmente ha pesato sulla flessione dei sondaggi molto più di quanto la minimizzazione d’ordinanza non voglia ammettere. Il punto è che affrontare quel nodo avrebbe significato provocare una nuova ondata di critiche e dopo una direzione difficile come l’ultima il segnale sarebbe stato pessimo. L’appunto è preciso e specifico: “Quando Conte ha rifiutato il comizio insieme, nonostante noi sostenessimo il suo candidato, era proprio necessario andare a prendere quella limonata? La segretaria è stata generosa ma così facendo è stato il Pd a pagare una sconfitta che in realtà era soprattutto dei 5S”.
Dopo una direzione nella quale la tempesta è stata evitata accumulando polvere sotto il tappeto e alla vigilia di un’estate nella quale il Pd, più che sulla “mobilitazione” spera nelle difficoltà della maggioranza, la situazione al Nazareno resta difficile. Nessun nodo è stato sciolto. La ricerca di un soggetto al centro, essenziale per non finire in quel ghetto del 35% che è da sempre il recinto della sinistra, non approda a niente. Le manovre in corso, casomai, vanno in senso opposto. Sono in parecchi a vagheggiare la nascita di un soggetto centrista proprio da una scissione della minoranza del Pd. La paura al Nazareno è tangibile e tutti sanno che l’unico che potrebbe tentare un’impresa del genere è Paolo Gentiloni. Ma tutti sanno anche che per carattere l’attuale commissario europeo è pochissimo portato ad avventure del genere e altri papabili in campo non ce ne sono.
Dunque, nonostante non si nasconda le difficoltà, la squadra di Elly è relativamente tranquilla, convinta di reggere sino alle prossime politiche. Con un enorme punto interrogativo: una circostanza che costerebbe comunque la segreteria all’outsider c’è ed è un rischio reale. Nessun segretario del Pd potrebbe reggere alla perdita di uno dei due bastioni rossi entrambi assediati, la Toscana e l’Emilia. Nessuno, meno che mai una “podestà straniera” come Elly.