Il film
Quando David Bowie “era” Ziggy Stardust, il film sul concerto del ’73
Se un giorno si vuole essere una persona, bisogna tenere in onore anche la propria ombra, diceva Nietzsche. Un concetto che l’artista ha fatto proprio, facendo del suo alter ego una stella
Cultura - di Graziella Balestrieri
È un’occasione unica e senza nessun dubbio anche rara, quella che viene offerta dalla Nexo Digital che ripropone in versione completamente restaurata, per le serate del 3, 4 e 5 Luglio al cinema Ziggy Stardust & The Spiders from Mars: il film, il concerto di David Bowie e la sua band (The Spiders from Mars) ripreso dal regista D.A. Pennebaker, passato ora sotto la supervisione del figlio Frazer.
Un’occasione rara perché raramente troverete nella musica di oggi e anche forse in quella che verrà per molti anni ancora, quello che vedrete in questo concerto tenutosi il 3 Luglio del 1973, ben 50 anni fa, dove Bowie indosserà per l’ultima volta i panni di Ziggy Stardust, l’alieno che aveva plasmato su se stesso, con un’estetica impensabile ai tempi, l’alieno che era sceso sulla terra presentandosi per sbalordire tutti con i suoi cambiamenti, per scioccare sé stesso e gli altri. È di un’importanza storico musicale e anche di costume senza precedenti questo filmato, perché riguarda l’artista che più di tutti ha saputo mutare pelle, l’artista che più di tutti ha cambiato, sperimentato e provato su se stesso quelli che poi sarebbero stati i cambiamenti e i tormenti dentro e fuori agli uomini, solo che Bowie ci è arrivato attraverso la sua arte, anni e anni prima di tutti, e questo filmato riguarda l’artista che ha saputo dire basta ad una propria creatura.
È l’estetica che riguarda il contenuto e il contenuto che si rivolge all’estetica e non c’è mai rappresentazione del vuoto in tutto quello che vedrete sul palco dell’Hammersmith Odeon di Londra. Bowie torna a casa per cambiare pelle, per spogliarsi, torna lì da dove tutto è iniziato ed è li che decide che Ziggy Stardust ha bisogno di ritornare sul suo pianeta e che la missione sulla terra è terminata, mentre David invece deve riprendere le sembianze umane per riuscire a capire ora chi è lui davvero: è David Bowie che deve trovare il suo posto, è l’umano che deve scendere tra gli umani. Trasformarsi, cambiarsi, cambiare pelle, ritornare quello che si era prima per andare ancora avanti. Mutare per non farsi inghiottire da ciò che aveva lui stesso inventato. David Bowie mutante, sempre, così anche nella musica si susseguono i cambiamenti, musica che segue di pari passo l’estetica e viceversa, una specie di cerchio, niente ha inizio e niente ha fine ma ci sono solo cose da rimettere al proprio posto.
È complicata l’arte di Bowie, più di quanto si possa immaginare, una gigantesca rappresentazione dell’arte del vivere e dell’essere umano portata su un palcoscenico, complicata poiché fatta di costruzione e decostruzione nel bel mezzo del percorso. Rinunciare al personaggio che lo aveva reso famoso, complicatissimo strapparsi la pelle di dosso senza lasciare segni, tracce e ferite, davanti a tutti: è come se Picasso avesse impiegato degli anni a dipingere uno dei suoi quadri migliori e poi nel non riconoscerlo quasi più, nel non capire dove è il confine tra l’artista e il prodotto, decide che quel quadro va staccato immediatamente dalla parete e va; non rimesso a nuovo o sistemato ma messo al posto suo, da dove proviene, per non creare più confusione o paragoni con le opere che saranno future. Così Ziggy viene messo da parte, alla fine, inaspettatamente per il pubblico presente, colorato di arancione nei capelli per imitare Ziggy, accorsi per vedere il loro mito e per una sera venir trasportati su quella navicella spaziale che porta alla salvezza.
Dall’inizio della ripresa del concerto si può vedere con quanta classe Bowie, nel camerino resta fermo al trucco, osservando i particolari della mano che per l’ultima volta dipinge Ziggy sul suo volto, osservando senza rimanere sorpreso da nulla facendo però attenzione a tutto quello che lo circonda. Le luci, la sigaretta bianca tenuta in mano come se fosse seduto in una sala da tè inglese, con la naturale grazia che appartiene solo a pochi prescelti, nei gesti anche e non solo nelle parole. E poi le luci ancora, i costumi, il sipario, il pubblico, lo show: impeccabile lo show, con un Bowie che non ha mai la volgarità addosso, che completa ogni pezzo eseguito con un sorriso, più umano che alieno quasi a sottolineare che il cambiamento è lì, avverrà da lì a poco. Elegantissimo nonostante gli abiti in lurex e tutto quell’attillato che non gli sottolinea la magrezza ma la sfuma. Talmente elegante che sembra uscito da un atelier di alta moda.
Ecco, è importante andare a vedere questo concerto perché si nota la differenza con quello che viene proposto oggi in malo modo in alcuni casi e che non c’è niente che già Bowie non abbia proposto, indossato, gettato e ri-trasformato o rimesso al proprio posto: Bowie, cinquanta anni fa che veste attillato, che porta orecchini abbinati ad ogni cambio di abito, che ha nel trucco la sua luce più grande, che porta zeppe come se fosse una donna e che come se fosse una donna ha la lacca in camerino come amica. Ziggy Stardust provoca ma non insulta, esalta la diversità ma non la impone, si può cambiare invece: questo è naturale, non si è mai diversi nel saper accettare il cambiamento. Ci si può sentire un giorno profondamente bene in un abito attillato e luccicante così come in uno smoking il giorno dopo. Non c’è volgarità nelle tutine di Bowie, non c’è niente che possa risultare offensivo, perché ogni particolare è curato nel minimo dettaglio proprio per non mortificare e offendere la propria musica.
L’estetica di Bowie esalta la sua arte, non la sovrasta e non la mortifica, la esalta: questa è la differenza con quello che forse i giovani conoscono oggi. È un Bowie che saluta il pubblico di Ziggy Stardust, è Bowie che sceglie di dire addio al suo alter ego (per semplificare), all’alieno creato per aiutarlo a diventare una star e che il 3 Luglio del 1973 però si rende conto che quell’alter ego, come canta in Rock’n roll suicide, che quel sole (Ziggy l’alieno) sta bruciando la sua ombra (David Bowie uomo) e che – come diceva Nietzsche – se un giorno si vuole essere una persona, bisogna tenere in onore anche la propria ombra: Ziggy Stardust torna su Marte e sulla terra rimane David Bowie, che riuscirà negli anni a trasformare quell’ombra in una delle stelle più luminose… e che ora ci osserva anche se non sappiamo da quale pianeta.