La decisione del gip
Cos’è l’imputazione coatta: il caso Delmastro e l’attacco del ministero della Giustizia
"È necessaria una riforma radicale che attui pienamente il sistema accusatorio"
Giustizia - di Redazione Web
Il ministero della Giustizia sostiene che il caso dell’imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro “dimostra, come nei confronti di qualsiasi altro indagato, l’irrazionalità del nostro sistema”. Le parole filtrate dal dicastero citate dall’Ansa rappresentano l’ultimo step della tensione sempre più alta tra il governo e la magistratura. Il gip di Roma Emanuela Attura ha disposto ieri l’imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia sostenendo la sussistenza sia dell’elemento oggettivo che di quello soggettivo del reato.
Il caso è quello di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41bis al centro dell’attenzione mediatica per mesi dopo un lunghissimo sciopero della fame, e delle dichiarazioni in aula di Giovanni Donzelli. La richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura non è stata accolta. Secondo la Procura Delmastro, nel parlare con Donzelli dei colloqui in carcere di Cospito, non aveva commesso reato perché Delmastro non conosceva la natura di quegli atti. Per il gip, al contrario, il sottosegretario non poteva ignorare la segretezza di quel contenuto anche perché avvocato penalista. L’accusa è di rivelazione del segreto d’ufficio.
L’imputazione coatta viene disposta con un’ordinanza del giudice. Non si tratta di un rinvio a giudizio, in senso tecnico. La procura che aveva chiesto l’archiviazione tuttavia chiede il rinvio a giudizio per gli indagati. Il nuovo gup viene nominato a stretto giro di tempo e fissa un’udienza preliminare. L’accusa sostiene le ragioni del rinvio mentre le difese possono chiedere il patteggiamento, il rito abbreviato o l’assoluzione. Decide il nuovo giudice. La prassi fa seguire spesso all’imputazione un processo. La Procura chiedendo l’archiviazione aveva evidenziato ”l’esistenza oggettiva della violazione del segreto amministrativo” aggiungendo però come non ci fossero prove sull’elemento soggettivo, ovvero che Delmastro fosse consapevole dell’esistenza del segreto e che quindi sapesse di commettere un reato.
Dal ministero filtrano dichiarazioni durissime. “Nel processo che ne segue l’accusa non farà altro che insistere nella richiesta di proscioglimento in coerenza con la richiesta di archiviazione. Laddove, al contrario, chiederà una condanna non farà altro che contraddire se stesso. Nel processo accusatorio il Pubblico Ministero, che non è né deve essere soggetto al potere esecutivo ed è assolutamente indipendente, è il monopolista dell’azione penale e quindi razionalmente non può essere smentito da un giudice sulla base di elementi cui l’accusatore stesso non crede. La grandissima parte delle imputazioni coatte si conclude, infatti, con assoluzioni dopo processi lunghi e dolorosi quanto inutili, con grande spreco di risorse umane ed economiche anche per le necessarie attività difensive. Per questo è necessaria una riforma radicale che attui pienamente il sistema accusatorio”.
Palazzo Chigi aveva fatto trapelare ieri in una nota informale un attacco alla decisione del gip e anche all’inchiesta che riguarda la ministra del Turismo Daniela Santanchè che avrebbe appreso dai media di essere iscritta nel registro degli indagati. “Non è consueto che la parte pubblica chieda l’archiviazione e il gip imponga che si avvii il giudizio. In un procedimento in cui gli atti sono secretati è fuori legge che si apprenda di essere indagati dai giornali. Quando questo interessa due esponenti del governo – si legge nella nota del ministero della Giustizia – è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione e abbia deciso anzitempo di inaugurare la campagna elettorale per le europee“. Dal ministero definiscono “urgente” la riforma dell’iscrizione del registro degli indagati e dell’informazione garanzia, precisano oggi dal ministero fonti interne in relazione al caso Santanchè. Le stesse fonti “manifestano, ancora una volta, lo sconcerto e il disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato. La riforma proposta mira ad eliminare questa anomalia tutelando l’onore di ogni cittadino presunto innocente sino a condanna definitiva”.
Il commento di Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali: “L’imputazione coatta disposta dal gip contro la volontà del pubblico ministero è da sempre una delle norme più irrazionali e insensate del nostro codice di procedura penale per le ragioni che sono state ben espresse dal Ministero. Ma è una norma che esiste dalla fine degli Anni Ottanta. Ce ne accorgiamo solo ora? Meglio tardi che mai. Speriamo se ne traggano le conseguenze”.