I documenti inediti?
Caso Emanuela Orlandi, la ‘nuova’ pista per le indagini: spunta il nome dello zio Mario per le molestie alla sorella Natalina
Cronaca - di Redazione
A 40 anni da uno dei più noti ‘gialli’ italiani, quello della scomparsa di Emanuela Orlandi, quella che emerge da nuove carte consegnate poche settimane fa dal promotore di giustizia Vaticana Alessandro Diddi alla Procura di Roma ha del potenziale esplosivo.
Una svolta anticipata nel servizio andato in onda nell’edizione delle 20:30 del tg di La7, tornato sul caso della 16enne vaticana, figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia, scomparsa il 22 giugno 1983.
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Ad avere un ruolo chiave è un carteggio, uno scambio di lettere: una pista che ha già parziali riscontri per essere stata in parte già seguita e poi inspiegabilmente abbandonata, come tante altre in 40 anni di indagini.
Il nome-chiave è quello di Mario Meneguzzi, zio di Emanuela deceduto da tempo, marito di Lucia Orlandi, zia paterna della ragazza sparita 40 anni fa. Secondo quanto emerge dal servizio del tg di La7, alcuni mesi dopo la scomparsa della ragazza l’allora Segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli scrisse, in via riservata, un messaggio per posta diplomatica a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II, che era stato in passato consigliere spirituale e confessore degli Orlandi. La missiva, sempre secondo quanto afferma il servizio, sollecitata da ambienti investigativi romani, puntava a chiarire se il religioso fosse a conoscenza del fatto che Meneguzzi avesse molestato la sorella maggiore di Emanuela, Natalina.
Una domanda a cui il religioso rispose in maniera affermativa: “Sì, è vero – è la replica scritta che arriva da Bogotà – , Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”.
Lettere finite all’attenzione di Alessandro Diddi, che a sua volte le ha consegnate ai pm di Roma che hanno avviato da alcuni mesi nuove indagini sulla scomparsa di Emanuela.
C’è altro a destare sospetti. È il caso dell’identikit, fatto da un vigile e da un agente di polizia, dell’uomo a colloquio con Emanuela la sera della scomparsa e una foto dello zio, da cui emerge una somiglianza: confronto già effettuato anche dai pm titolari dell’indagine.
Chi indaga, sempre secondo quanto si afferma nel servizio del tg di La7, ha dunque ripreso in mano tutte le carte della prima inchiesta e sta mettendo a confronto le dichiarazioni della sorella di Emanuela, che in un verbale presente nei documenti delle vecchie indagini raccontò degli abusi, con una serie di atti per capire perché all’epoca dei fatti la pista “familiare” non venne approfondita.
Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, scrive su Facebook nella pagina dedicata alla vicenda parole di fuoco sui possibili nuovi sviluppi investigativ: “Oggi ho capito che sono delle carogne. Hanno deciso di scaricare tutto sulla famiglia, senza vergogna, senza vergogna, mi fanno schifo“.
“Ho saputo di questo carteggio guardando il telegiornale, nessuno ha avuto il pensiero di avvisare di una notizia del genere. Domani, in una conferenza, avremo modo di spiegare il nostro pensiero su tutto questo“, ha spiegato invece all’Adnkronos l’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia di Emanuela Orlandi. “Di questa vicenda – spiega comunque il legale – si era già occupata la magistratura italiana nei primi anni Ottanta senza arrivare ad alcun esito. Spero che queste non siano le uniche carte, che non sono affatto una novità, che la procura Vaticana ha inviato alla procura di Roma“.