Al voto il 23 luglio
Elezioni in Spagna, rischio fascisti nel governo: il Psoe chiama le sinistre al voto utile
Dopo la sconfitta della sinistra nelle amministrative di maggio, Sánchez punta ad aver voti sufficienti per restare alla Moncloa con i progressisti di Sumar e partiti nazionalisti. O a inventarsi un esecutivo con il partito popolare che escluda l’estrema destra
Esteri - di Angela Nocioni
«Vincere non credo che vinceremo. Ma forse governeremo lo stesso». Così, in un moto di sincerità, un alto dirigente socialista ieri prima del faccia a faccia tv tra Pedro Sánchez e il capo del partito popolare Alberto Núñez Feijóo, il primo e l’unico previsto prima delle elezioni del 23 luglio. Il Psoe spera che, se non gli basterà unire le sue forze a quelle della piattaforma progressista Sumar guidata dall’attuale ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, i voti delle varie formazioni indipendentiste e nazionaliste gli siano sufficienti a tenere fuori dal governo il Pp. O, nell’ipotesi della quale nessun socialista vuol parlare ma aleggia, siano sufficienti ad inventarsi un governo con i conservatori che tenga fuori dal consiglio dei ministri l’estrema destra di Vox.
Il voto anticipato è stato convocato in piena estate dal premier socialista dopo la batosta presa dal Psoe alle amministrative del 28 maggio in cui i popolari sono diventati primo partito con il 31,5% dei voti e i socialisti si sono fermati al 28%. La mossa, rischiosa e coraggiosa, punta alla mobilitazione politica ed emotiva dei democratici. Sánchez investe sulla chiamata al fare fronte e a tagliare il passo all’avanzata del partito di estrema destra Vox e del suo leader Santiago Abascal che sogna di fare in Spagna quel che è riuscito alla da lui lodatissima Giorgia Meloni in Italia.
Sánchez prova a dare l’allarme per andare al voto prima che a Vox gli spagnoli si abituino e lo digeriscano come fenomeno accettabile. Fenomeno peraltro non nuovissimo, è già il terzo partito di Spagna con il 7%. La destra in Spagna non è solo avanzata, si è radicalizzata. A Madrid ha portato via alla sinistra anche i suoi quartieri storici. I popolari si sono assorbiti i voti che nelle ultime due elezioni erano andati a Ciudadanos, quel partito (finto movimento) nato a destra su imitazione speculare di Podemos. La strategia socialista è recuperare più voti possibile subito in nome del voto utile, quindi socialista. Sánchez chiama anche gli elettori popolari a votare Psoe, chiede ai popolari non fascisti di votare socialista proprio perché il Pp è pronto a portare gli impresentabili estremisti di destra al governo.
Dice che «un Pp che si modella su Vox imitandone le premesse e le politiche è molto più pericoloso di Vox» e chiede anche i democratici popolari di fare fronte. Nel paese del franchismo l’appello può pure fare effetto su qualcuno. Ma il Pp ha un cuore nero bello grande e nemmeno tanto nascosto. Alla grande maggioranza degli elettori popolari potrebbe anche non fare ribrezzo vedere Abascal in blazer ministeriale. Per raddrizzare la schiena alla Spagna. Di certo la disponibilità del Pp a tendere la mano a Vox c’è tutta. Alberto Núñez Feijóo ha firmato un accordo con l’estrema destra in molte regioni. E già ci governa insieme da tempo la regione di Castilla y León.
La sveglia delle amministrative è stata per la sinistra spagnola allarmante. Per i prossimi quattro anni, il partito popolare governerà in 30 dei 50 capoluoghi di provincia spagnoli – ha ottenuto la maggioranza assoluta in 14 -– e il partito socialista in dieci. Feijóo, fino all’anno scorso attento a presentarsi come guida moderata e pacata dei conservatori spagnoli, ha sempre detto di non voler patti con Vox perché: «non condivido il discorso di Vox», «a volte è meglio perdere il governo che vincere con il populismo», o «Vox non ha mai gestito un solo euro pubblico in vita loro». Vista la sconfitta del partito socialista e del suo alleato di sinistra Unidas Podemos alle elezioni regionali e comunali di maggio, Feijóo – o, meglio, i capibastone locali del Pp, ma il risultato non cambia – è inizialmente slittato verso Vox, poi ha affrettato il passo fino a scapicollarsi verso la destra estrema pur di prendere il governo di regioni importanti della Spagna.
Pp e Vox governeranno insieme anche nella ricca e simbolica Comunità Valenciana. I socialisti presentano quindi i patti stretti dai popolari con Vox ovunque come le prove generali del Pp per il suo agognato ritorno alla Moncloa a qualsiasi costo, pure accompagnato nel salone del Consiglio dei ministri dagli urlatori fascisti di Vox. L’Andalusia non è più una roccaforte socialista. Il Psoe l’ha governata per quarant’anni e sia Siviglia sia altre grosse città sono dei popolari. I socialisti hanno perso più della metà dei consigli comunali di quattro anni fa. I popolari hanno moltiplicato per tre i voti nella regione rispetto al 2019 e che si sono catapultati nelle braccia di Vox in sei capoluoghi di provincia, In Catalogna accordi vari hanno mantenuto i socialisti al governo.
A Barcellona il socialista Jaume Collboni, del partito socialista catalano, governa in base a un accordo antiVox fatto con il Ppe con Catalunya en Comú, un partito di sinistra nazionalista non inidpendentista. L’alleanza Psoe-Pp-Catalunya en Comú ha sbarrato la strada all’indipendentista Xavier Trias pronto a governare insieme alla Sinistra repubblicana ratalana (Erc), partito già accordatosi in passato con Pedro Sánchez. Nei Paesi Baschi i popolari, per evitare che il separatista Eh Bildu entrasse nel governo, hanno appoggiato i socialisti nella città di Vitoria e in altri cinque consigli comunali li hanno offerti al Partito nazionalista basco (Pnv) . Una delle questioni su cui le sinistre più stanno battendo in queste ore è la posizione di Vox sulle politiche di parità di genere adottate dal governo di coalizione progressista Psoe-Unidas Podemos.
Il suo programma di governo prevede la loro soppressione. José María Llanos, deputato di Vox nel parlamento regionale della Comunità Valenciana, ha assicurato all’emittente pubblica spagnola Rtve che «la violenza di genere non esiste, la violenza maschile non esiste». La frase è diventata una delle bandiere di propaganda per il voto del 23. Il punto è che i dirigenti del partito popolare, da quando si son visti tornare primo partito di Spagna, hanno perso la testa. Sanno che il sorpasso sui socialisti è stato possibile perché hanno sommato l’annessione dei votanti di Ciudadanos ai voti popolari persi nel 2019, ma ora vogliono completare la riconquista a tutti i costi.
Vogliono il trionfo. E il trionfo si chiama Moncloa. Possibile, dati alla mano, solo accordandosi con Vox. Ma la leader più popolare del Pp, quella Isabel Ayuso che infatti a Madrid ha stravinto, non diceva facendo gonfiare il petto alle vecchie cariatidi Pp che il partito dei conservatori spagnoli non aveva bisogno di appoggiarsi al bastone di Vox per tornare al governo? Vale solo per lei però, che è capace di farsi destra dura e vincere da sola. Al resto del Pp l’estrema destra è necessaria se vuole cacciare Sánchez dal governo. Che conta sulla sua abilità nel rapidissimo contropiede per restarci.