La premier rompe il silenzio

Meloni scarica La Russa: “Solidarizzo con la ragazza”

In conferenza stampa a Vilnius sconfessa il presidente del Senato, ma sul Delmastro la premier non arretra. Nega lo scontro con la magistratura, rivendica l’impegno sulla separazione delle carriere. Ma il punto debole del suo discorso ha un nome e cognome: Daniela Santanchè

Politica - di David Romoli

13 Luglio 2023 alle 14:30

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Meloni scarica La Russa: “Solidarizzo con la ragazza”

Più di questo la premier non poteva dire e anche così la sconfessione del presidente del Senato è aperta e clamorosa: “Comprendo da madre molto bene la sofferenza di Ignazio La Russa ma non sarei intervenuta nel merito della vicenda”. Poi rincara, pur sottolineando che bisogna “capire esattamente cosa sia accaduta”. Comunque “io tendo per natura a solidarizzare con una ragazza che ritiene di denunciare e non mi pongo il problema dei tempi”. Non è poco. E’ moltissimo ed è quello che la premier avrebbe dovuto dire sin dal primo giorno per spegnere polemiche altrimenti inevitabili e giustificate.

Sul resto del contenzioso con la magistratura, però, i toni sono diversi. Meloni rivendica apertamente e senza esitazioni il comunicato incendiario di una settimana fa: “Mi identifico con le ‘fonti di palazzo Chigi’, certo”. In realtà i due casi, quello del sottosegretario Delmastro e quello della ministra Santanchè, la premier li considera visibilmente molto diversi e quello che la manda in bestia è il primo: “Guardo con stupore all’imputazione coattiva nei confronti di Delmastro dopo la richiesta d’archiviazione di una Procura non abituata a fare sconti. E’ giuridicamente lecita ma è una scelta. Ho chiesto quanti sono i casi di imputazione coattiva nel nostro ordinamento. Mi è stato risposto che sono irrilevanti sul piano statistico”. Su Delmastro Meloni non arretrerà di un centimetro.

Capita che Meloni scelga di parlare, dopo un silenzio diventato increscioso e con difficoltà rese evidenti più dall’espressione tesissima che dalla stesse parole, proprio nel giorno in cui i togati della corrente di sinistra Area chiedono al Csm di intervenire in difesa della gip che ha disposto l’imputazione coattiva, Emanuela Attura. Lo scontro è evidente, ma l’inquilina di palazzo Chigi lo nega: “Non c’è nessuno scontro con la magistratura. Sicuramente non da parte mia. Chi confida in quello scontro resterà deluso”. Ma negare una volontà di scontro non significa tornare indietro su “un programma chiaro e un mandato che ci è stato dato dai cittadini e che realizzeremo”. In concreto, la separazione delle carriere resta un impegno vincolante, non immediato ma di legislatura e non ha senso, specifica la premier, metterlo in relazione alle polemiche sui casi specifici: “Che nesso c’è? Così si rischia di scivolare su un dibattito che non aiuta”.

Il punto debole nella esposizione della premier ha un nome e un cognome: Daniela Santanchè. Impossibile darle torto quando tuona contro “l’anomalia di un’indagine che non viene notificata al ministro ma, nel giorno in cui il ministro riferisce in aula, a un quotidiano oltre tutto di proprietà di un imprenditore che non potrebbe fare la morale in materia di debiti”. Ma il fattaccio, innegabile, non basta a nascondere il fatto che poi, appunto in aula, la ministra abbia spudoratamente mentito, e anche far finta di niente in un caso simile è un’anomalia. Né dovrebbe celare il fatto che la ministra stessa non fosse al corrente dell’indagine anche perché aveva fatto pochissimo per accertarsene.

Meloni lo sa: sottolinea che qualcosa non funziona sul piano della procedura ma il merito è un’altra cosa, che tuttavia spetta alle aule giudiziarie e non alle inchieste giornalistiche appurare. Però, aggiunge più che significativamente, “quando qualcosa non funziona sul piano delle procedure diventa più difficile valutare serenamente il merito”. Lo ripeterà, specificando molto meglio, dopo un po’: “Se un tema di merito diventa politico, questo non aiuta chi deve giudicare politicamente né chi deve giudicare nelle aule di tribunale”. Conclusione quasi esplicita: “Un avviso di garanzia non determina in automatico le dimissioni di un ministro. A maggior ragione con queste modalità: rende più difficile tutto per tutti”.

Come dire che, a fronte di una levata di scudi politica come quella contro la ministra Santanchè la stessa premier si ritrova costretta, evidentemente con pochissimo entusiasmo, a blindarla perché in caso contrario apparirebbe sconfitta e la sua stessa maggioranza vivrebbe una scelta in realtà politicamente saggia come una resa. Dunque per il momento la premier farà muro in difesa sia di Delmastro che di Santanchè. Nel primo caso con battagliera convinzione. Nel secondo costretta e di fatto obtorto collo.

13 Luglio 2023

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