La “legge sulla natura” per la tutela della biodiversità approvata ieri dal Parlamento Europeo è una norma di civiltà. L’obiettivo è quello del ripristino, entro il 2030, della biodiversità sul 20% delle aree terrestri e marine a livello europeo, ed entro il 2050 su tutte le aree ove sarà necessario. Un dovere morale prima ancora che istituzionale intervenire visto che secondo i dati di Bruxelles l’80% degli habitat naturali dell’Unione Europea sono annoverati in un “cattivo o mediocre” stato.
Il ripristino degli ecosistemi è un passaggio fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici e al tempo stesso rappresenta una formidabile occasione per alzare l’asticella della sicurezza alimentare e per meglio tutelare salute e benessere per popolazione, flora e fauna. Peraltro nella norma sono state introdotte misure che tengono conto della necessità di evitare di bloccare la costruzione di nuove infrastrutture finalizzate all’energia rinnovabile cosi come non vi è automatismo con la creazione di nuove aree protette e al tempo stesso le indicazioni sono quelle di salvaguardare gli impollinatori e di aumentare gli spazi verdi urbani. Inoltre la legge prevede la riumidificazione delle torbiere prosciugate considerate preziose per l’assorbimento del carbonio e la rimozione delle barriere fluviali che consentirà di liberare 25mila chilometri di fiumi al fine di prevenire i disastri durante le alluvioni.
Sono state anche introdotte flessibilità ed esenzioni come quella che riguarda l’agricoltura con lo stralcio dell’articolo 9 inerente l’utilizzo dei suoli agricoli. Sul piano economico un dato davvero interessante. Si stima che per ogni euro speso si avranno benefici valutabili tra gli 8 e i 38 euro. Insomma una legge che con equilibrio accompagna e promuove la transizione ecologica lontano da logiche fondamentaliste. Per questo appaiono fuori luogo le grossolane bugie che in queste ore Salvini ed altri esponenti del governo stanno dicendo poiché affermano tra l’altro che la legge è uno schiaffo al sistema agricolo. Semmai è esattamente il contrario, come attestano i grandi risultati delle imprese agricole che, spesso non sostenuti come si dovrebbe, hanno raggiunto livelli di produzioni di eccellenza avendo scelto senza indugi la strada della qualità e della sostenibilità.
Un percorso che ha rafforzato il Made in Italy nel mondo e che ha consentito di avere sulle nostre tavole prodotti sicuri e certificati. Comunque non stupisce la posizione di Salvini e dei suoi sodali di governo. Da sempre il leader della Lega è a capo dei negazionisti dei mutamenti climatici e dell’esigenza di attuare con più solerzia la transizione ecologica. Lo attestano, semmai occorra ricordarlo, la contrarietà all’accordo di Parigi, ai trattati successivi e al Green New Deal messo in campo dall’Unione Europea.
Un problema in più per il nostro Paese sul fronte dei rapporti internazionali con il rischio di isolamento europeo come sta avvenendo su molte questioni, tra queste l’attuazione del Pnrr. D’altronde destra e governo, lo dicono gli atti parlamentari, difendono i grandi interessi delle imprese che si sono arricchite con la crisi energetica e gli interessi di coloro che ancora puntano sui combustibili fossili pensando che passerà la nottata, come il caldo, e tutto tornerà come prima. A cominciare dalle obsolete leve della crescita che hanno provocato le attuali crisi economiche ed ambientali.
Di contro è un bel giorno per i cittadini dell’Unione Europea e soprattutto per quei giovani che, inascoltati, chiedono di riappropriarsi del loro futuro nel rispetto dell’ambiente, a tutela dei diritti e per una più convincente giustizia sociale. Stavolta ha vinto la natura battendo sonoramente i profeti di sventura, quei “dissennatori” che succhiano il futuro, proprio, ai giovani. C’è ancora molto da fare per arrivare alla neutralità climatica e con più solerzia e convinzione il Parlamento italiano dovrebbe impegnarsi nel varo di leggi importanti come quella sulla prevenzione del dissesto idrogeologico, per fermare il dissennato consumo di suolo, per sostenere la rigenerazione urbana. Non ultime tra le questioni è mettere le imprese agricole nelle condizioni di riconquistare i terreni utili alle coltivazioni, intervenire sulla crisi idrica con un piano d’azione ed infrastrutturale concreto, non con un commissario per pochi mesi, riorganizzando i sussidi ambientalmente dannosi, che ammontano a circa 20 miliardi, in azioni utili per sostenere davvero la transizione ecologica.
* Capogruppo Pd Commissione Agricoltura della Camera