Il soft power dell'Emiro
Altro che Qatargate, la strategia di Doha per diventare punto di riferimento del mondo sunnita
Si propone come finanziatore e intermediario in tutte le aree critiche del mondo sunnita. La strategia dell’emiro al-Thani è rendersi indispensabile per ogni azione occidentale nella regione, a spese dell’Arabia Saudita.
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Qatargate. Questione di spiccioli. Raccontare che la pervasività del piccolo ma potentissimo paese del Golfo arabico passi in primis da Bruxelles, è essere fuori dal mondo o non voler disturbare il munifico manovratore. Basta andare più a fondo, informarsi, per avere la cognizione reale della potenza del “Soft power”. Quello che ti fa conquistare continenti interi (vedi l’Africa) e avere la presa sulle economie occidentali, senza aver bisogno di eserciti iper armati o di guerre di aggressione. Il “Soft power”.
Grazie al quale Paesi di pochi milioni di abitanti, ma ricchissimi di risorse energetiche, oggi dettano legge, o quasi, nel mondo. Una penetrazione capillare, eguagliata e in parte superata solo dal “Soft power” della Cina, che rende un retaggio del passato, anche se drammaticamente riproposto da un anno con la guerra in Ucraina, l’ “Hard power” militare della Federazione Russa. Una (relativa) potenza armata, la Russia, ma una debolezza economica conclamata, quella di Mosca, se rapportata non soltanto al Gigante cinese ma anche alle petromonarchie del Golfo.
Una spiegazione “dottrinale” come premessa. Nella teoria delle relazioni internazionali, per Soft power – termine coniato dal professore di Harward Joseph S. Nye. Jr. – si intende tutto il complesso di leve culturali, commerciali e valoriali delle quali un Paese dispone e che può utilizzare per influenzare e dirigere l’azione degli altri attori internazionali. Il caso di scuola è il Qatar, ma sia pure in scale diverse, il discorso si può estendere anche alle altre petromonarchie del Golfo arabico – Emirati Arabi Uniti, Bahrein – e alla stessa Arabia Saudita del “visionario” erede al trono del Regno: il principe Mohammed bin Salman.
La strategia dell’emiro
Illuminante è l’incipit dell’analisi di Régis Soubroulliard nel volume di Limes Fronte del Sahara. «Poco importa se il gatto è bianco o nero, l’importante è che prenda i topi». La famiglia regnante Āl Ṯānī potrebbe appropriarsi del celebre detto di Deng Xiaoping. Che si tratti di democrazie o di regimi integralisti, il Qatar fornirà sempre il suo sostegno politico, militare, finanziario e mediatico all’unica condizione che il potere della famiglia nel proprio paese e la sua influenza nel mondo ne escano rafforzati. A colpi di petrodollari e grazie al canale mediatico di al Jaazera, il Qatar cerca di svolgere il ruolo di finanziatore e di intermediario bona fide in tutte le aree critiche del mondo sunnita, dal Sudan a Gaza passando per la Somalia, la Libia, il Marocco e oggi la Siria.
La strategia dell’emiro al-Ṯānī consiste nel rendersi indispensabile per ogni azione occidentale nella regione, a spese dell’Arabia Saudita. L’azione internazionale della famiglia regnante si sviluppa seguendo numerosi assi convergenti: rilanciare sul piatto dell’islamismo; sostituire l’Arabia Saudita come polo d’influenza islamica in tutti i dossier del mondo arabo; trasferire al Qatar la protezione che l’Occidente e soprattutto l’America accorda ai sauditi; demonizzare l’Iran e i suoi seguaci sciiti, nonostante il necessario riguardo per il vicino persiano, con cui condivide il North Dome, un gigantesco giacimento di gas naturale offshore….
Cinque strumenti del soft power del Qatar.
A declinarli, in una documentata analisi su stearthinktank.com, è Koen Donatz.
1. Lo sport
“È forse la manifestazione più nota del soft power del Qatar. Il Qatar è molto attivo nell’ospitare eventi sportivi per rafforzare la propria immagine. Innanzitutto, il Qatar ha organizzato la fase finale dei Mondiali di calcio del 2022 Ma ci sono altri esempi. Nel novembre 2021, il Qatar ha ospitato il suo primo Gran Premio di F1 e il Paese ha un contratto decennale per ospitare gare di F1. Inoltre, nel 2011 la Qatar Sports Investment ha acquistato la squadra di calcio più performante di Francia, il Paris Saint-Germain. Il Qatar ha anche cercato di portare le Olimpiadi estive a Doha, la sua capitale. Tuttavia, finora tutte le sue candidature, per i Giochi del 2016, 2020 e 2032, sono fallite. Quindi, nonostante non sia noto per i suoi atleti di spicco, il Qatar sta comunque diventando una grande potenza sportiva”.
2. Al Jazeera
“Di proprietà del governo qatariota, al Jazeera è importante per la diplomazia del Qatar. Il Qatar utilizza al Jazeera, ad esempio, quando deve mediare un conflitto internazionale (essendo il primo canale d’informazione 24 ore su 24 in Medio Oriente e servendo 300 milioni di famiglie in oltre 100 Paesi, l’influenza di Al Jazeera non dovrebbe essere sottovalutata. Alcuni analisti usano il termine “effetto al Jazeera” per riferirsi all’influenza dell’azienda sugli affari internazionali come la Primavera araba (Brookings ha definito al Jazeera “la rete di notizie più temuta”, descrivendo come il Qatar utilizzi al Jazeera per sviare le critiche sull’emiro del Qatar e contrastare le informazioni provenienti dai media di Paesi rivali come l’Arabia Saudita e l’Egitto In breve, al Jazeera è uno strumento di Soft power importante come pochi”.
3. Mediazione dei conflitti
“Il Qatar si è spesso offerto come mediatore in situazioni di conflitto, ad esempio nei conflitti in Libano, Sudan e Yemen. Anche nella guerra in Ucraina, l’Emiro del Qatar si è offerto di contribuire agli sforzi di mediazione. Il ruolo del Qatar come mediatore può anche essere visto come parte del suo Soft power, un modo per il Qatar di migliorare la sua reputazione per sopravvivere in un ambiente internazionale ostile”.
4. Finanziamento delle moschee all’estero
“Il Qatar è uno dei principali finanziatori di moschee all’estero. Secondo il libro Qatar Papers, di Christian Chesnot e Georges Malbrunot (2020), Qatar Charity ha finanziato 140 istituzioni religiose islamiche in Europa per un valore di 71 milioni di euro, per promuovere la Fratellanza Musulmana. Il sito ufficiale di Qatar Charity rivela che l’Ong è attiva in circa 60 Paesi in Europa, Asia, Africa e America Latina, e ha portato a termine 12.882 progetti (Qatar Charity). Qatar Charity riceve i suoi fondi dalla famiglia reale del Qatar”.
5. Donazioni a università straniere
“Il Qatar ospita sedi distaccate di diverse prestigiose università straniere, come la Carnegie Mellon University, la Georgetown University e la HEC Paris (Qatar Foundation, ndr). Ciò ha comportato donazioni a tali università, donazioni non sempre trasparenti . Ospitare queste sedi distaccate e fare queste donazioni è un altro modo per il Qatar di migliorare la propria visibilità e reputazione internazionale. In conclusione – annota l’autore – sembra lecito affermare che, in termini di influenza e prestigio, il Qatar ha un peso di gran lunga superiore alla sua portata nell’arena internazionale, in gran parte grazie ai suoi vari ed estesi strumenti di Soft power. Il caso del Qatar contiene due lezioni per altri Paesi che vale la pena sottolineare. In primo luogo, dimostra che i piccoli Stati possono lavorare per migliorare la loro sicurezza nazionale e la loro influenza internazionale in modi non tradizionali. Certo, un grande esercito e un corpo diplomatico ben addestrato hanno la loro utilità, ma ospitare una società mediatica influente come al Jazeera può essere molto più importante che avere una portaerei. In secondo luogo, il caso del Qatar dimostra che per tutelare la propria sicurezza, i Paesi dovrebbero essere consapevoli delle forme occulte di influenza straniera. Sebbene gli sforzi di mediazione del Qatar o l’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2022 siano sotto gli occhi di tutti, il finanziamento delle moschee all’estero o le donazioni alle università sono molto meno trasparenti. Se tali finanziamenti esteri siano auspicabili spetta a ciascun Paese deciderlo da sé, ma i governi dovrebbero almeno essere consapevoli dell’esistenza di tali transazioni finanziarie, in modo da poter intraprendere le azioni che ritengono appropriate (se del caso). Come nota finale, il termine “potere morbido” implica che cedere tale potere sia in qualche modo morbido o benevolo, ma questa è un’idea sbagliata. Migliaia di lavoratori migranti, che hanno lavorato in condizioni che alcuni hanno definito di schiavitù, hanno perso la vita durante la costruzione degli stadi per i Mondiali di calcio. Il Soft power, dopotutto, è pur sempre un potere, il cui esercizio può avere conseguenze spiacevoli”.
Non vi basta? Il Qatar negli ultimi anni ha fatto enormi investimenti in aziende e imprese occidentali importanti. Soltanto per citarne alcuni: in Germania possiede quote di Volkswagen, Porsche e Deutsche Bank; nel Regno Unito possiede i grandi magazzini Harrods, enormi proprietà immobiliari a Londra e il 20 per cento dell’aeroporto di Heathrow; in Italia, tra le altre cose, una società a controllo qatariota ha da poco comprato il marchio di lusso Valentino, e ha fatto enormi investimenti immobiliari, a partire dal quartiere Porta Nuova di Milano.
Il Qatar ha stipulato accordi importanti con molte università nel mondo, e oggi ospita otto sedi distaccate di prestigiose università americane, francesi e britanniche. Secondo l’Ong americana Project on Government Oversight, tra il 2011 e il 2017 è stato di gran lunga il più importante finanziatore delle università negli Stati Uniti, a cui avrebbe donato complessivamente un miliardo di dollari. C’è poi il capitolo Italia. Ricchissimo. Tanto da valere una seconda parte dell’inchiesta.
(Fine prima parte)